Prima le relazioni
poi i beni materiali

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05 luglio 2021

Il rapporto 2020 del Family International Monitor è focalizzato sulla povertà relazionale e precede un prossimo rapporto già in preparazione che invece sarà incentrato sulla povertà economica. L’ordine dei temi — relazioni e beni materiali — non è affatto casuale ma è al contrario molto significativo.

La scienza economica sin dai suoi esordi è stata ossessionata da due grandi temi: quello macro che concerne lo sviluppo generale di un Paese e le condizioni per lasciarsi alle spalle la povertà e quello micro che riguarda le condizioni che rendono felici gli uomini e le donne.

Che cos’è la felicità? Cosa persegue l’uomo? Le prime risposte trovate dagli economisti a queste domande fondative hanno costituito per lunghissimo tempo il quadro epistemologico dell’economia ed ancora oggi molti economisti rivendicano l’individualismo metodologico come approccio imprescindibile. Da almeno cinquanta anni però anche gli economisti devono fare i conti con l’evidenza empirica che ci consegna un’immagine dell’uomo e della sua felicità ben diversa. E questo Rapporto si aggiunge alla mole di evidenza che demolisce quel costrutto.

Che cosa vuole dunque, l’uomo? Gli economisti hanno risposto per lungo tempo che il fine ultimo è la massimizzazione dell’utilità che si ottiene attraverso il consumo di beni di cui gli individui non sono mai sazi. Ma nel 1974 Richard Easterlin mostrò come i dati reali contraddicevano questa assunzione. Da molti anni, infatti, venivano dei questionari attraverso i quali si chiedeva alle persone quanto fossero felici su una scala da uno a dieci. Usando i dati americani dal dopoguerra Easterin scoprì che, a fronte di un raddoppio della ricchezza nazionale e quindi della capacità di spesa dei cittadini che secondo l’utilitarismo avrebbe dovuto comportare un deciso aumento dell’utilità, corrispondeva un piccolo declino del tasso di felicità media degli americani. Le ricerche successive hanno dato vita a quella che ormai è chiamata l’economia della felicità, nel cui solco questo rapporto si colloca perfettamente.

Oggi sappiamo molte più cose: sappiamo ad esempio che ricchezza economica e felicità sono legate solo nelle prime fasi dello sviluppo di un Paese ma il paradosso mostrato da Easterlin è valido sostanzialmente in tutti i Paesi sviluppati. Con gli studi di Jeffrey Sachs che ogni anno pubblica il rapporto sulla felicità abbiamo scoperto che per la felicità degli individui conta anche la qualità delle istituzioni del Paese in cui vivono, e soprattutto che la felicità individuale è spiegata più dalla salute e dalla qualità delle relazioni che dalla ricchezza materiale.

L’importanza della dimensione relazionale ha portato alcuni economisti a sviluppare il concetto di beni relazionali: che sono dei beni in quanto il loro consumo determina un aumento del benessere delle persone, ma che possono essere prodotti e consumati solo in contesti di relazioni sociali. Se un pranzo in solitaria in un ristorante gourmet è un tipico esempio di bene economico, una cena preparata e consumata in famiglia o tra amici è certamente un esempio di un bene relazionale. Entrambi fanno bene all’individuo ma oggi sappiamo che i beni relazionali hanno relativa maggiore importanza di quelli economici.

Il riconoscimento dell’esistenza dei beni relazionali ci ha consentito infine di spiegare il paradosso di Easterlin: il declino della felicità riscontrato in tutto l’occidente è ormai facilmente spiegabile dal fatto che per produrre più beni materiali abbiamo dovuto sacrificare le nostre relazioni, a cominciare da quelle familiari. La società de-familiarizzata nella quale vive l’occidente sviluppato è una società inevitabilmente più povera di relazioni. Il rapporto del Family Monitor ci restituisce una fotografia piena di dettagli su questa situazione: laddove le famiglie resistono sia in numero che in qualità, esse dipanano la rete di relazioni che rende gli individui resilienti anche attraverso i tempi bui che stiamo attraversando. Laddove la solitudine e la povertà relazionale prevalgono assistiamo a delle vere e proprie emergenze umanitarie.

di Matteo Rizzolli