L’esame di Maturità (e di vita)

Con la leggerezza
di un acrobata

Marc Chagall, «L’acrobata» (1914)
05 luglio 2021

«Sì come il baccialier s’arma e non parla / fin che ’l maestro la question propone, / per approvarla, non per terminarla, / così m’armava io d’ogne ragione / mentre ch’ella dicea, per esser presto / a tal querente e a tal professione». Il grande giorno dell’esame di Stato arriva dopo una notte che — come ha scritto su un post una mia alunna — «anche il grande Dante avrebbe fatto fatica a mettere in versi». I maturandi sanno, infatti, che il Sommo Poeta non si è sottratto agli esami in Paradiso nonostante avesse già svolto numerose verifiche, teoriche e pratiche, sia all’Inferno che in Purgatorio. Scolasticamente parlando, se un assaggio è quello posto alla fine dei tre anni delle scuole medie, il pezzo forte, il vero inizio, lo si vive solamente con la Maturità. E ormai ci siamo: docenti in commissione e genitori certamente in ansia che ripetono «è come se li facessi io gli esami nuovamente».

E ormai ci sono: studenti pronti e sicuri, studenti spaventati e poco preparati, studenti che si affidano alla fortuna o a qualche santo, studenti che non vedono l’ora di finire prima di iniziare, studenti da "notte prima degli esami". Sì, studenti, ma soprattutto persone. Infatti, non è la scuola-istituzione a fare l’esame, non sono le famiglie, non sono i professori che li hanno accompagnati o seguiti per anni, non è il Ministro dell’Istruzione, non sono i decreti e neppure le leggi.

Da docenti è bene ricordare che si tratta di ragazzi che affrontano una grande prova per la prima volta e, come tutte le novità, non è per niente facile; che non è e non può essere un esame perfetto per nessuno, neanche per chi ha avuto ottimi voti negli anni scolastici, poiché il contesto è diverso e l’emozione fa strani scherzi.

Che non è uno scontro o una gara, ma un’occasione per permettere ai giovani di mostrare il meglio, ciascuno secondo le proprie possibilità e capacità; che ognuno di loro si aspetta di trovare di fronte educatori oltre che docenti, cioè adulti significativi che non dimenticheranno mai; che in questi giorni non si è in un'aula di tribunale in cui il presidente è il giudice supremo, i commissari invece gli avvocati difensori e i maturandi gli imputati.

Raoul, un maturando, ha scritto in una chat di classe: «“Menomale che io sono del quarto e posso godermi le vacanze”, avrei detto l’anno scorso. “Non vedo l’ora di essere al quinto anno così, dopo gli esami, sarò libero di non tornare più a scuola”, ho probabilmente detto durante tutti questi anni. Ma la verità è che l’ultimo anno scolastico ti fa cambiare idea su tutto e tutti, anche sulla scuola stessa! Si crea una certa intesa con i professori, si rafforzano i legami con i compagni di classe, e speri che il quinto anno non finisca mai, che gli esami possano non iniziare. Perché? Perché la scuola non mi ha dato un qualche tipo di conoscenza particolare, ma mi ha insegnato a vivere la vita ogni giorno. Mi ha insegnato che svegliarsi tardi la mattina per passare subito al pranzo e lasciarsi andare pomeriggio e sera, non ha senso; che, se un’interrogazione va male o se prendi un brutto voto, la prossima volta devi spaccare il mondo e farti valere. La gioia più grande, poi, viene dai compagni di avventure che ti hanno accompagnato in questa esperienza incredibile e, se qualcosa va male nella vita, non è la fine del mondo se ci sono loro; e il pensiero di non rivederli tutte le mattine, chi con i libri in mano e chi stordito dalla sera precedente, mi mette i brividi».

Intanto si conclude una bella avventura di studio, che fra 10 e 20 anni sarà celebrata con le rimpatriate della Classe 2021; attesa e temuta, è da affrontare con la serietà dello scienziato, con l’ironia del saggio, con la leggerezza dell’acrobata, con la creatività dell’artista, con la capacità di sognare di un bambino, con la speranza del contadino, con la progettualità di chi è innamorato, con la cura di chi custodisce un tesoro.

di Marco Pappalardo