Nell’istituto musicale Sant’Alessio per ciechi e ipovedenti

Il sogno di Alessandro

 Il sogno di Alessandro  QUO-143
26 giugno 2021

«Sono rimasto affascinato dal suono che produce ogni tasto ma soprattutto dalle sfumature che ogni suono può contenere, a seconda di quello che l’autore intende esprimere». Alessandro Maria Verrengia, 15 anni, maglietta blu e capelli neri, descrive con un eloquio forbito il suo primo incontro con il pianoforte. Aveva otto anni e si trovava al Sant’Alessio, la storica istituzione romana che svolge attività volte all'inclusione sociale dei ciechi e degli ipovedenti. Alessandro ha, infatti, una rara malattia genetica ereditaria che gli ha ridotto progressivamente la vista e al Sant’Alessio segue il percorso per arrivare alla totale autonomia insieme al fratellino di otto anni, che ha la stessa patologia. «Nel centro c’era un pianoforte nero, bellissimo, con le luci puntate, e io mi sono subito innamorato», ricorda. «Vedendo il suo interesse, abbiamo deciso di regalargli un pianoforte e di fargli prendere lezioni da un maestro», racconta la mamma Anna, ex costumista, con la quale il piccolo Alessandro girava per i teatri insieme al padre fotografo. «Dopo otto mesi, ha fatto il suo primo concerto all’ospedale Gemelli, dove è seguito». «Alle medie ho frequentato un corso specifico con un insegnante di sostegno che era un musicista jazz e la mia passione ha cominciato a crescere sempre di più». Non è stato facile perché all’inizio il ragazzino leggeva gli spartiti con le note ingrandite, cosa che, con il passare del tempo, non è stato più possibile fare. «Mamma mi faceva spartiti giganteschi che occupavano perfino il banco di un mio compagno, che sopportava in silenzio», racconta divertito Alessandro. «Alla fine ho imparato la musica a orecchio, in modo dilettantistico. Ma sapevo che in questo modo non potevo progredire, così, dopo un po’ di tempo, mi sono avvicinato al braille musicale, grazie al maestro Alessio Sebastio, e poi al braille alfabetico, grazie alla tiflologa del Sant’Alessio, Mariastella Romolo». «All’istituto gli hanno insegnato l’uso del pc con la sintesi vocale e l’utilizzo del bastone e lo hanno messo nelle condizioni di raggiungere risultati eccellenti a scuola, oltre che di progredire nel campo musicale. Per noi il Sant’Alessio è come una casa, se non fosse stato per i suoi terapisti non avremmo avuto due ragazzi straordinari. Facciamo avanti e indietro da Torvaianica ma ne vale la pena», commenta Anna. «Il nostro ruolo è quello di far emergere e rafforzare le attitudini peculiari dei ragazzi, renderli più consapevoli e più autonomi, in modo che poi possano spiccare il volo e indirizzarsi nei vari settori, che siano quelli musicali, quelli sportivi, letterari o manuali», dice Antonio Organtini, direttore del Sant’Alessio, da circa venti anni convenzionato con il sistema sanitario nazionale.

All’inizio dello scorso anno, la passione che gli brucia dentro porta Alessandro a esprimere un desiderio: entrare al Conservatorio di Musica di Santa Cecilia. «Volevo approfondire lo studio ma più che altro mettermi alla prova», dice il ragazzo, che ha partecipato a concorsi musicali e si è esibito pubblicamente più volte, ricevendo sempre elogi e incoraggiamenti. E il sogno si realizza. Dopo un’estate passata a studiare dalle 8 di mattina alle 8 di sera, «per la gioia dei vicini», ride la mamma, supera brillantemente l’esame di ammissione e dall’ottobre scorso frequenta il Conservatorio. Di pomeriggio, perché la mattina va al liceo classico Pascal, indirizzo Cambridge. Ha un maestro di pianoforte, Stella Quadrini, e un tutor, Luciana Ferullo, messo a disposizione dal direttore del Conservatorio, Roberto Giuliani, che ha un’attenzione particolare per le persone con disabilità. In carica elettiva dal 2016, Giuliani, pianista e musicologo, come primo atto ha infatti costituito una commissione specifica sulle disabilità, dopo aver salvato dal macero il grande archivio in braille lasciato in eredità dal Sant’ Alessio, un tempo succursale del conservatorio: 2.800 volumi, il secondo fondo Braille più importante d’Italia dopo quello di Monza. E ha avviato una serie di iniziative ad ampio raggio nell’ambito di quella che viene chiamata «la terza missione», cioè la ricaduta delle conoscenze sul territorio e sulla società, un’azione costante che vada oltre la componente estetica. «Fare musica è bello, è bello farla ascoltare ma ci chiediamo cosa fare di più, oltre che suonare, comporre, ecc. Per questo pensiamo sia necessario aprirci al territorio, interagendo con i maggiori centri di ricerca medica e realizzando progetti scientifici sperimentali che utilizzino la musica come terapia e che siano replicabili anche altrove, in base a protocolli verificabili, condivisi con il personale medico». Sono nati così, tra gli altri: il corso di accordatura del pianoforte per ciechi e ipovedenti, che offre anche uno sbocco professionale, il progetto “Recercare a mente” per ragazzi con sindrome di Asperger ad alto funzionamento, il laboratorio di liuteria per la costruzione di strumenti musicali ad arco, un laboratorio musicale per la Casa famiglia Peter Pan, il protocollo d’intesa con l’Università Campus Bio-Medico di Roma e il progetto Euterpe, in collaborazione con l’ospedale Bambino Gesù, che prevede l’utilizzo della stimolazione multisensoriale per la neuroriabilitazione. Tutti progetti che si sono aggiunti alle stagioni di concerti presso gli ospedali o in sede, nella storica Sala Accademica, per la raccolta fondi per iniziative di utilità medica e sociale. «Il fatto di accogliere oltre 1.300 studenti di circa 40 paesi diversi, fa del conservatorio un esempio di come si possa convivere fra persone, non solo di diverse abilità, ma anche di diverse sensibilità, religioni, lingue e condizioni economiche. Un laboratorio di pace in una società nuova, perché suonare assieme affina l’attenzione verso l’altro e il rispetto reciproco», sostiene Giuliani, che ha conosciuto Alessandro tre anni fa, in occasione dei 150 anni del Sant’Alessio. «Ho notato subito il suo talento e la sua determinazione», dice. «Ha una grinta non comune. È un piacere e un dovere mettergli a disposizione tutti gli strumenti e le risorse di cui necessita».

«Per me la musica è molto importante», afferma Alessandro, che da grande vuole fare il pianista e il compositore. «Come dice il grandissimo Ezio Bosso, la musica ci dà la grande possibilità di scoprire una cosa preziosa, cioè l’ascoltare, il percepire le cose come sono. E’ come affacciarsi su un altro mondo raggruppati tutti sotto un’unica ala. Possiamo anche confrontarci, discutere ma di fronte alla musica siamo tutti uguali. Un’emozione che tutti quanti dovrebbero provare».

di Marina Piccone