Su droghe e dipendenze un documento per l’Assemblea ecclesiale dell’America Latina e dei Caraibi

L’altra pandemia

Foto di Nicolas Preci
24 giugno 2021

Ci fu qualcosa di profetico nel summit della Chiesa latino-americana di Aparecida, in Brasile, in cui ebbe parte Bergoglio nel 2007 e che secondo tanti commentatori lo lanciò verso il pontificato. Alla droga, alla sua diffusione, al suo consumo, al dramma della tossicodipendenza, si riconobbe la qualità precipua di una pandemia, proprio come quella che si abbatterà sull’America Latina ai nostri giorni, una pandemia che alla pari del covid «è come una macchia d’olio che invade tutto» si affermava al punto 422 del documento finale elaborato dalla commissione presieduta da Bergoglio, «non riconosce frontiere, né geografiche né umane, e attacca allo stesso modo Paesi ricchi e poveri, giovani, adulti e anziani, uomini e donne». Come la pandemia che arriverà quattordici anni dopo la storica conferenza appunto, il flagello virale del xxi secolo che spazza il continente dal Messico alla Terra del Fuoco. E oggi che questa stessa Chiesa muove i primi passi di un processo sinodale continentale voluto proprio da Bergoglio divenuto nel frattempo Papa, è opportuno ripartire dalla profezia di Aparecida per cercare un rinnovato slancio nella lotta alle tossicodipendenze.

La droga è l’altra pandemia dell’America Latina, e come la prima, quella che introduce nell’organismo il temuto virus, provoca «lacerazioni, disperazione, impotenza, abbandono». Sono tutti termini usati dal documento Drogas y Adicciones: un obstáculo para el Desarrollo Humano Integral preparato in vista della prima Assemblea ecclesiale dell’America Latina e dei Caraibi che si svolgerà dal 21 al 28 novembre a Città del Messico. Un’occasione di grande rilievo per riprendere e sviluppare gli accenni di Aparecida sulle droghe alla luce di una battaglia vis a vis che non deve avere tregua. Ne sono convinti i tanti che, non da oggi, fronteggiano sul terreno l’altra pandemia, molti dei quali fanno capo al movimento degli Hogar de Cristo dell’Argentina, nato dall’esperienza dei curas villeros, i sacerdoti che vivono nelle villas miserias di Buenos Aires e la sua periferia. Chiedono che il tema della droga e del trattamento delle addizioni abbia la voce che merita nel cammino ecclesiale che il Papa ha posto in marcia in America Latina attraverso un Celam ripensato e ristrutturato alla luce di una più marcata sinodalità.

Per porre all’attenzione dell’assemblea prossima ventura la problematica della tossicodipendenza e del recupero da essa gli argentini di cui sopra hanno redatto un documento che sin dal titolo tratta la droga come «un ostacolo allo sviluppo integrale». Per questo la pandemia della droga — i due termini tornano ad allacciarsi strettamente ai nostri tempi — «bisogna guardarla in faccia», raccomanda il documento, e allora ci si accorgerà che le addizioni sono una ferita sanguinante che richiede una intelligenza sempre più penetrante della realtà e sforzi ancora maggiori di quelli posti in essere sino ad oggi.

Il documento lamenta che durante il lungo tempo della quarantena — non ancora terminato in Argentina — molti giovani siano stati lasciati «alle intemperie non solo fisicamente ma anche esistenzialmente». Il riferimento è a istituzioni come i club di quartiere, scuole e anche cappelle, molte delle quali sono state chiuse durante il prolungato tempo di segregazione. Il documento non manca di additare i pericoli di un altro fronte, quello della liberalizzazione della marihuana che prende piede in pressoché tutto il continente, paradossalmente favorito dalla pandemia. «Notiamo con perplessità come si fa largo un senso di accettazione riguardo alla cannabis e alla sua presunta innocuità, alla sua depenalizzazione e ai suoi usi» scrivono gli estensori del documento, che poi affermano la necessità di «non minimizzare i rischi dell’utilizzo della marihuana che nulla ha di sano». Altro punto dolente è quello del post-pandemia con «l’aumento di hiv , tubercolosi e altre malattie associate al consumo di paco e altre droghe che non vengono trattate con terapie adeguate ed è chiaro che le conseguenze si ripercuoteranno sulla nostra società nel suo insieme».

La pandemia passerà con la sua scia di morti, sembrano dire gli argentini nel loro contributo al cammino sinodale, ma la droga resterà. La droga è più longeva del coronavirus, e più letale. Per questo la Chiesa latinoamericana deve guardare avanti. «Ci auguriamo che in ogni quartiere popolare della nostra America si vivano “le 3 C”», una formula con la quale si indicano cappelle, circoli e scuole (colegios in spagnolo), luoghi tipici nel paesaggio dei quartieri popolari e nelle villas dell’Argentina dove trascorre la vita dei giovani e dove l’intervento preventivo è più efficace.

di Alver Metalli