La settimana di Papa Francesco

Il magistero

Migrants wait to disembark from a Spanish coast guard vessel, in the port of Arguineguin, on the ...
24 giugno 2021

Domenica 20


La tempesta sedata

Nella liturgia di oggi si narra l’episodio della tempesta sedata da Gesù (Mc 4, 35-41). La barca su cui i discepoli attraversano il lago è assalita dal vento e dalle onde ed essi temono di affondare.
Gesù è con loro... eppure... dorme. I discepoli, pieni di paura, gli urlano: «Maestro, non t’importa?».
Tante volte anche noi, assaliti dalle prove della vita, abbiamo gridato al Signore: “Perché non fai nulla?”.
Soprattutto quando ci sembra di affondare, perché l’amore o il progetto nel quale avevamo riposto grandi speranze svanisce; o quando ci sentiamo sommersi dai problemi o persi in mezzo al mare della vita, senza rotta e senza porto.
O nei momenti in cui viene meno la forza di andare avanti, perché manca il lavoro oppure una diagnosi inaspettata fa temere per la salute nostra o di una persona cara.
Sono tanti i momenti nei quali ci sentiamo in una tempesta, quasi finiti.
Anche noi ci sentiamo soffocare dalla paura e come i discepoli rischiamo di perdere di vista la cosa più importante. Sulla barca, anche se dorme, Gesù c’è, e condivide quello che sta succedendo.
Il suo sonno ci mette alla prova. Il Signore è presente; attende che siamo noi a coinvolgerlo... a svegliarci. Perché non basta credere che Dio esiste, ma bisogna mettersi in gioco, anche alzare la voce.
Bisogna gridare a Lui. La preghiera, tante volte, è un grido: “Signore, salvami!”.
Stavo vedendo, nel programma “A sua immagine”, oggi, Giorno del Rifugiato, tanti che vengono in barconi e nel momento di annegare gridano: “Salvaci!”.
Oggi possiamo chiederci: quali sono i venti che si abbattono sulla mia vita, quali onde ostacolano la mia navigazione spirituale, di famiglia, psichica?
Diciamo questo a Gesù, raccontiamogli tutto. Egli vuole che ci aggrappiamo a Lui per trovare riparo contro le onde anomale.
I discepoli si avvicinano a Gesù, lo svegliano e gli parlano. Ecco l’inizio della nostra fede: riconoscere che da soli non siamo in grado di stare a galla, che abbiamo bisogno di Gesù come i marinai delle stelle per trovare la rotta.
La fede comincia dal credere che non bastiamo a noi stessi, dal sentirci bisognosi di Dio.
Quando vinciamo la tentazione di rinchiuderci, quando superiamo la falsa religiosità che non vuole scomodare Dio, quando gridiamo a Lui, Egli può operare in noi meraviglie.
La forza mite e straordinaria della preghiera opera miracoli.
Gesù, pregato dai discepoli, calma il vento e le onde. E pone una domanda, che riguarda anche noi: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
I discepoli si erano fatti catturare dalla paura, perché erano rimasti a fissare le onde più che a guardare a Gesù.
La paura porta a guardare le difficoltà, i problemi e non il Signore.
Quante volte restiamo a fissare i problemi anziché gettare in Lui i nostri affanni!
Quante volte lasciamo il Signore in un angolo, in fondo alla barca della vita, per svegliarlo solo nel momento del bisogno!

(Angelus con i fedeli presenti in piazza San Pietro)

Martedì 22


“Io sono con te tutti i giorni” (Mt 28, 20)

È la promessa che il Signore ha fatto ai discepoli prima di ascendere al cielo e che oggi ripete anche a te, caro nonno e cara nonna.
Sono anche le parole che da Vescovo di Roma e da anziano come te vorrei rivolgerti in occasione della Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani: tutta la Chiesa ti è vicina — ci è vicina —: si preoccupa di te, ti vuole bene e non vuole lasciarti solo!
Questo messaggio ti raggiunge in un tempo difficile: la pandemia è stata una tempesta inaspettata e furiosa, una dura prova che a noi anziani ha riservato un trattamento speciale, più duro.
Moltissimi di noi si sono ammalati, e tanti se ne sono andati, o hanno visto spegnersi la vita dei propri sposi o dei cari, troppi sono stati costretti alla solitudine per un tempo lunghissimo, isolati.

Il Signore conosce ognuna delle nostre sofferenze

Egli è accanto a quanti vivono l’esperienza dolorosa di essere messi da parte. Anche san Gioacchino, il nonno di Gesù, fu allontanato dalla sua comunità perché non aveva figli; la sua vita — come quella della sua sposa Anna — era considerata inutile.
Ma il Signore gli mandò un angelo per consolarlo. Mentre egli, rattristato, rimaneva fuori dalle porte della città, gli apparve per dirgli: “Gioacchino! Il Signore ha esaudito la tua insistente preghiera”.
Giotto, in un suo famoso affresco sembra collocare la scena di notte, una di quelle tante nottate insonni, popolate di ricordi, preoccupazioni e desideri alle quali molti di noi siamo abituati.
Ma anche quando tutto sembra buio, come in questi mesi di pandemia, il Signore continua a inviare angeli a consolare la solitudine.
È questo il senso di questa Giornata che ho voluto si celebrasse per la prima volta proprio in quest’anno, dopo un lungo isolamento e una ripresa della vita sociale ancora lenta: che ogni nonno, ogni anziano, ogni nonna, ogni anziana riceva la visita di un angelo!
Alcune volte essi avranno il volto di nipoti, altre di familiari, di amici di sempre o conosciuti in questo momento difficile.

Importanza degli abbracci e delle visite

Abbiamo imparato a comprendere quanto siano importanti gli abbracci e le visite, e mi rattrista che in alcuni luoghi non siano ancora possibili!
Il Signore, però, ci invia i suoi messaggeri anche attraverso la Parola di Dio. Leggiamo ogni giorno una pagina del Vangelo, preghiamo con i Salmi, i Profeti!
Rimarremo commossi della fedeltà del Signore.
La Scrittura ci aiuterà anche a comprendere quello che il Signore chiede alla nostra vita oggi.
Egli, infatti, manda gli operai nella sua vigna ad ogni ora del giorno, in ogni stagione della vita.
Io stesso posso testimoniare di aver ricevuto la chiamata a diventare Vescovo di Roma quando avevo raggiunto l’età della pensione e già immaginavo di non poter più fare molto di nuovo.
Il Signore sempre è vicino a noi, con nuovi inviti, nuove parole, con la consolazione. È eterno e non va mai in pensione.
Nel Vangelo di Matteo, Gesù dice agli Apostoli: «Andate fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando a osservare ciò che vi ho comandato».
Queste parole sono rivolte anche a noi oggi e ci aiutano a comprendere meglio che la nostra vocazione è quella di custodire le radici, trasmettere la fede ai giovani e prendersi cura dei piccoli.

Qual è la vocazione alla nostra età?

Custodire le radici, trasmettere la fede ai giovani e prendersi cura dei piccoli.
Non importa quanti anni hai, se lavori ancora oppure no, se sei rimasto solo o hai una famiglia, se sei diventato nonna o nonno da giovane o più in là con gli anni, se sei ancora autonomo o se hai bisogno di essere assistito, perché non esiste un’età per andare in pensione dal compito di annunciare il Vangelo, dal compito di trasmettere le tradizioni ai nipoti.
C’è una vocazione rinnovata anche per te in un momento cruciale della storia. Ti chiederai: ma come è possibile? Le mie energie vanno esaurendosi e non credo di poter fare molto.
Come posso incominciare a comportarmi in maniera differente quando l’abitudine è divenuta la regola della mia esistenza? Come posso dedicarmi a chi è più povero quando ho già tanti pensieri per la mia famiglia? Come posso allargare il mio sguardo se non mi è nemmeno consentito uscire dalla residenza? La mia solitudine non è un macigno troppo pesante?
Gesù stesso si è sentito rivolgere una domanda di questo tipo da Nicodemo, il quale gli chiese: «Come può nascere un uomo quando è vecchio?».
Ciò può avvenire, risponde il Signore, aprendo il proprio cuore all’opera dello Spirito Santo.
Vorrei dirti che c’è bisogno di te per costruire, nella fraternità e nell’amicizia sociale, il mondo di domani: quello in cui vivremo — con i nostri figli e nipoti — quando la tempesta si sarà placata.

Tre pilastri

Tra i diversi pilastri che dovranno sorreggere questa nuova costruzione ce ne sono tre che tu puoi aiutare a collocare: i sogni, la memoria e la preghiera.
La vicinanza del Signore donerà la forza per intraprendere un nuovo cammino anche ai più fragili, per le strade del sogno, della memoria e della preghiera.
Il profeta Gioele pronunciò una volta questa promessa: «I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni».
Il futuro del mondo è in questa alleanza tra giovani e anziani. Chi, se non i giovani, può prendere i sogni degli anziani e portarli avanti?
Ma per questo è necessario continuare a sognare: nei nostri sogni di giustizia, di pace, di solidarietà risiede la possibilità che i nostri giovani abbiano nuove visioni, e si possa insieme costruire il futuro.
È necessario che anche tu testimoni che è possibile uscire rinnovati da un’esperienza di prova.
Sono sicuro che non sarà l’unica, perché nella vita ne avrai avute tante e sei riuscito a uscirne.
Impara anche da quella esperienza a uscirne adesso.
I sogni sono intrecciati con la memoria.
Quanto è preziosa quella dolorosa della guerra e quanto da essa le nuove generazioni possono imparare sul valore della pace. Sei tu a trasmettere questo.
Ricordare è una vera e propria missione di ogni anziano: la memoria, e portare la memoria agli altri.

Edith Bruck sopravvissuta alla Shoah

Ha detto che «anche illuminare una sola coscienza vale la fatica e il dolore di tenere vivo il ricordo di quello che è stato. Per me la memoria è vivere».
Penso anche ai miei nonni e a quanti di voi hanno dovuto emigrare e sanno quanto è faticoso lasciare la casa, come fanno ancora oggi in tanti alla ricerca di un futuro.
Alcuni di loro, forse, li abbiamo accanto e si prendono cura di noi.
Questa memoria può aiutare a costruire un mondo più umano, più accogliente.
Ma senza la memoria, senza fondamenta mai costruirai una casa. Le fondamenta della vita sono la memoria.
Infine la preghiera. Come ha detto il mio predecessore, Papa Benedetto, santo anziano che continua a pregare e a lavorare per la Chiesa: «La preghiera degli anziani può proteggere il mondo, aiutandolo forse in modo più incisivo che l’affannarsi di tanti».
Lo ha detto quasi alla fine del suo pontificato, nel 2012. È bello.
La tua preghiera è una risorsa preziosissima: è un polmone di cui la Chiesa e il mondo non possono privarsi.
Soprattutto in questo tempo così difficile, mentre stiamo attraversando, tutti sulla stessa barca, il mare tempestoso della pandemia, la tua intercessione per il mondo e per la Chiesa non è vana, ma indica a tutti la serena fiducia di un approdo.

L’esempio di Charles de Foucauld

Cara nonna, caro nonno, vorrei indicare anche a te l’esempio del Beato — prossimamente santo — Charles de Foucauld. Egli visse come eremita in Algeria e in quel contesto periferico testimoniò «la sua aspirazione a sentire qualunque essere umano come un fratello».
La sua vicenda mostra come sia possibile, pur nella solitudine del deserto, intercedere per i poveri di tutto il mondo e diventare un fratello e una sorella universale.
Anche grazie al suo esempio, ciascuno di noi allarghi il suo cuore e lo renda sensibile alle sofferenze degli ultimi e capace di intercedere per loro.
Ciascuno di noi impari a ripetere a tutti, e in particolare ai più giovani, quelle parole di consolazione che abbiamo sentito rivolte a noi: “Io sono con te tutti i giorni”. Avanti e coraggio!

(Messaggio per la prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani
che sarà celebrata il 25 luglio)

Mercoledì 23


La Lettera ai Galati

Dopo il lungo itinerario dedicato alla preghiera, oggi diamo inizio a un nuovo ciclo di catechesi.
Mi auguro che con questo itinerario della preghiera, siamo riusciti a pregare un po’ meglio, a pregare un po’ di più.
Oggi desidero riflettere su alcuni temi che l’Apostolo Paolo propone. 
Egli affronta alcune tematiche molto importanti per la fede, come quelle della libertà, della grazia e del modo di vivere cristiano, che sono estremamente attuali perché toccano tanti aspetti della vita della Chiesa dei nostri giorni.
È una Lettera molto attuale. Sembra scritta per i nostri tempi.
Il primo tratto che emerge è la grande opera di evangelizzazione messa in atto dall’Apostolo, che almeno per due volte aveva visitato le comunità della Galazia durante i suoi viaggi missionari.
Paolo si rivolge ai cristiani di quel territorio... i Galati erano un’antica popolazione celtica che si erano stabiliti in quella estesa regione dell’Anatolia che aveva il capoluogo nella città di Ancyra, oggi Ankara, capitale della Turchia.
Paolo riferisce soltanto che, a causa di una malattia, fu costretto a fermarsi: la via dell’evangelizzazione non dipende sempre dalla nostra volontà e dai nostri progetti, ma richiede la disponibilità a lasciarsi plasmare e a seguire percorsi che non erano previsti.
Fra voi c’è una famiglia: dicono che devono imparare il lettone, e non so che altra lingua, perché andranno missionari in quelle terre.

Paolo non faceva cattedrali

Lo Spirito porta anche oggi tanti missionari che lasciano la patria e vanno in un’altra terra a fare la missione.
Paolo, quando arrivava in una città, non faceva subito una grande cattedrale.
Faceva le piccole comunità che sono il lievito della nostra cultura cristiana di oggi. E queste piccole comunità crescevano e andavano avanti.
Anche oggi questo metodo pastorale si fa in ogni regione missionaria.
Ho ricevuto una lettera, la settimana scorsa, di un missionario della Papua Nuova Guinea; sta predicando il Vangelo nella selva, alla gente che non sa neppure chi fosse Gesù Cristo.
È bello! Si iniziano a fare le piccole comunità. Anche oggi questo metodo è il metodo della prima evangelizzazione.

Piccole comunità per il primo annuncio

Paolo, dopo aver fondato queste Chiese, si accorge di un grande pericolo — il pastore è come il papà o la mamma che subito si accorgono dei pericoli dei figli — che corrono per la loro crescita nella fede.
Crescono e vengono i pericoli. Come diceva uno: “Vengono gli avvoltoi a fare strage nella comunità”.
Si erano infatti infiltrati alcuni cristiani venuti dal giudaismo, i quali con astuzia cominciarono a seminare teorie contrarie all’insegnamento dell’Apostolo, giungendo perfino a denigrare la sua persona.
Incominciano con la dottrina “questa no, questa sì” e denigrano l’Apostolo.
È la strada di sempre: togliere l’autorità... una pratica antica: presentarsi in come gli unici possessori della verità — i puri — e puntare a sminuire anche con la calunnia il lavoro svolto dagli altri.
Questi avversari di Paolo sostenevano che anche i pagani dovevano essere sottoposti alla circoncisione e vivere secondo la legge mosaica. Tornano indietro alle osservanze di prima, le cose che sono state oltrepassate dal Vangelo.
I Galati avrebbero dovuto rinunciare alla loro identità culturale per assoggettarsi a norme, a prescrizioni e usanze tipiche degli ebrei.
Non solo. Quegli avversari sostenevano che Paolo non era un vero apostolo e quindi non aveva nessuna autorità.
Tante volte noi vediamo questo. Pensiamo in qualche comunità cristiana o in qualche diocesi: si incominciano le storie e poi finiscono per screditare il parroco, il vescovo.
È la strada del maligno, di questa gente che divide, che non sa costruire.
I Galati si trovavano in una situazione di crisi. Per loro, avere conosciuto Gesù e creduto all’opera di salvezza realizzata con la sua morte e risurrezione, era davvero inizio di una vita nuova, di   un percorso che permetteva di essere finalmente liberi, nonostante la loro storia fosse intessuta da tante forme di violenta schiavitù, non da ultimo quella che li sottometteva all’imperatore di Roma.

Nuovi predicatori usano media per denigrare

Questa condizione non è lontana dall’esperienza che diversi cristiani vivono ai nostri giorni. Non mancano nemmeno oggi, infatti, predicatori che, soprattutto attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, possono turbare le comunità.
Si presentano non anzitutto per annunciare il Vangelo, ma per ribadire con insistenza, da veri e propri “custodi della verità”, quale sia il modo migliore per essere cristiani.
E affermano che il cristianesimo vero è quello a cui sono legati loro, spesso identificato con certe forme del passato, e che la soluzione alle crisi odierne è ritornare indietro per non perdere la genuinità della fede.
Anche oggi, come allora, c’è insomma la tentazione di rinchiudersi in alcune certezze acquisite in tradizioni passate.
Ma come possiamo riconoscere questa gente? Per esempio, una delle tracce del modo di procedere è la rigidità.
Davanti alla predicazione del Vangelo che ci fa liberi, ci fa gioiosi, questi sono dei rigidi.
Seguire l’insegnamento dell’Apostolo Paolo nella Lettera ai Galati ci farà bene per comprendere quale strada seguire.
Quella indicata dall’Apostolo è la via liberante e sempre nuova di Gesù Crocifisso e Risorto; è la via dell’annuncio, che si realizza attraverso l’umiltà e la fraternità, i nuovi predicatori non conoscono cosa sia umiltà, cosa sia fraternità; è la via della fiducia mite e obbediente, i nuovi predicatori non conoscono la mitezza né l’obbedienza. E questa via mite e obbediente va avanti nella certezza che lo Spirito Santo opera in ogni epoca della Chiesa.

(Udienza generale nel cortile di San Damaso)