Appunti di Teologia dantesca

Teoremi costruiti
sull’ipotenusa della poesia

 Teoremi costruiti sull’ipotenusa della poesia   QUO-140
23 giugno 2021

Il pensiero teologico di Dante costituisce la fonte principale del culto che i Papi hanno tributato all’Alighieri. Con questa convinzione vorremmo scrivere un diario di bordo, attraversando il mare della Commedia, avendo come bussola quel pensiero teologico che Dante riceveva dall’Antico e dal Nuovo Testamento e dai Padri della Chiesa.

L’interpretazione dell’opera di Dante necessita oggi, come non mai, di un teorema teologico che spieghi e dimostri in modo esauriente che il quadrato costruito sull’ipotenusa della poesia è uguale alla somma dei quadrati costruiti sulla filosofia e sulla teologia della Commedia. Vorremmo scegliere una direzione contraria a quella di Benedetto Croce (La poesia di Dante, 1922), che legge nel poema la coesistenza delle parti dottrinali e poetiche, negando così l’unità del poema stesso. È possibile farlo, tornando alle origini, alla primissima diffusione del culto di Dante e della Commedia, al dantismo papale. Si potrebbero indicare tre momenti forti di esso: il Quattrocento, con Pio ii , il Seicento, con Alessandro vii , la contemporaneità, con la trilogia dantesca di Benedetto xv , Paolo vi e Papa Francesco, momenti fortemente condizionati dal contesto storico di appartenenza, ma altrettanto fortemente caratterizzati dal pieno riconoscimento dell’ortodossia cattolica di Dante.

Nasce così la tradizione di studi che arriva al nostro presente e che vorremmo proseguire nelle note di questa rubrica, conseguentemente occorre partire dalle coordinate del dantismo papale.

Divenuto Papa, Pio ii fonda un cenacolo umanista con Leonardo Bruni (Vita di Dante, 1436) e Flavio Biondo, confrontatisi già in un dibattito sul latino volgare e sul De vulgari eloquentia (1435) presso l’anticamera di Eugenio iv . Attraverso la filologia e il recupero “politico” del Monarchia, Pio ii pone le basi del dantismo papale, voce dell’umanesimo cristiano di Dante e progetto culturale di impianto teologico.

Lo dimostra il dantismo di Giulio ii : nella Stanza della Segnatura, affrescata da Raffaello, Dante è rappresentato nel Trionfo della Chiesa, tra i Teologi, e nel Parnaso, tra i Poeti.

Ma il papa cultore di Dante che inventa la Roma moderna, con Bernini e Borromini, è Alessandro vii , il cui progetto artistico e culturale è perfettamente organico all’estetica della Controriforma. Come Pio ii , Alessandro aveva avuto per precettore un dantista, Celso Cittadini, coltivò la passione per la bibliofilia e la militanza culturale, e fu caposcuola di un cenacolo intellettuale, la Pleiade alessandrina, che accoglieva il cardinale Pietro Sforza Pallavicino, interprete della spiritualità di Alessandro, e il filologo Federico Ubaldini, autore di una mole immensa di appunti sulla lingua e lo stile della Commedia.

Il 1870 segnerà il passaggio dal dantismo papale in nuce al dantismo pienamente connesso al pensiero teologico dantesco, così come le tre lettere papali dimostrano: enciclica In praeclara summorum litterarum artiumque saeculo sexto exeunte ab obitu Dantis Aligherii (1921), di Benedetto xv ; Altissimi Cantus septimo exeunte saeculo a Dantis Alighieri ortu (1965) di Paolo vi ; Candor Lucis Aeternae, (2021) di Papa Francesco. I tre documenti attestano una tradizione ben antica, “rifondata” da Leone xiii , con l’enciclica Aeterni patris (1879), che inaugura il neotomismo, con l’esclusione dall’Indice dei libri proibiti (1881) del trattato Monarchia, e con la fondazione dell’Istituto Leoniano di Alta Letteratuera (1887) e della cattedra di Teologia dantesca, affidata a Giacomo Poletto.

La cattedra di studi danteschi continuerà a essere operante fino al 1913, con Stefano Ignudi, Agostino Bartolini, Enrico Salvadori e Virgilio Crispolti. Salutata da un Breve di Benedetto xv , nel 1914 comincia le sue pubblicazioni che, sin dal primo numero, rivendica alla Commedia il valore di testimonianza della “religione nostra”. Il periodico si inserisce nel progetto culturale che confluirà nell’enciclica In Praeclara Summorum, che, presentando Dante come esempio di vita cristiana, all’interno delle celebrazioni del sesto centenario, guarda a un rinnovato incontro tra cattolicesimo e laicità. Nella stessa direzione teologica guarderà Paolo vi , affermando: «Ma non è da ritenerlo poeta, nonostante sia teologo, ma piuttosto da proclamare signore dell’altissimo canto, anche in quanto teologo dalla mente sublime».

Infatti la teologia dantesca, insegnata alla Lateranense da Giovanni Fallani e poi da Elio Venier, costituisce la tela sulla quale Paolo vi dipinge il suo Dante. Nasce così la cattedra di Studi danteschi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il fine (raggiunto) di Montini è inserire l’umanesimo cristiano di Dante nel dibattito culturale aperto al confronto con la cultura laica: da una parte Jacques Maritain, Jean Guitton, Hans Urs von Balthasar e, soprattutto, Romano Guardini, dall’altra Dante et la Philosophie di Etienne Gilson e i Dantestudien di Erich Auerbach, senza dimenticare le punte di diamante della dantistica italiana: la Commedia secondo l’antica Vulgata, curata da Giorgio Petrocchi, gli studi di Giovanni Fallani, l’Enciclopedia Dantesca nata dalla costola della Treccani.

Il primo ventennio degli anni Duemila, auspici Giovanni Paolo ii , Benedetto xvi e Papa Francesco prosegue la tradizione teologica che culmina nella Candor Lucis Aeternae.

«Esorto le comunità cristiane, soprattutto quelle presenti nelle città che conservano le memorie dantesche, le istituzioni accademiche, le associazioni e i movimenti culturali – scrive Papa Francesco – a promuovere iniziative volte alla conoscenza e alla diffusione del messaggio dantesco nella sua pienezza». Desideriamo seguire questa esortazione, con l’umiltà e il coraggio del baccialier che s’arma e non parla/ fin che ‘l maestro la question propone, /per approvarla, non per terminarla (Paradiso xxiv , 46-48), proponendo degli “appunti di teologia dantesca”.

di Gabriella M. Di Paola Dollorenzo