In tre volumi di don Antonino Denisi

L’arcidiocesi reggina
vista da vicino

 L’arcidiocesi reggina vista da vicino  QUO-139
22 giugno 2021

Tre nuovi volumi arricchiscono la produzione letteraria sulle origini, la storia e i fenomeni culturali e religiosi dell’arcidiocesi di Reggio Calabria, grazie al contributo di don Antonino Denisi, 90 anni appena compiuti, già collaboratore del nostro giornale. I tre testi L’arcidiocesi di Reggio Calabria – Vescovi, clero e parrocchie, Emigrazione e immigrazione in Calabria – Storia, cultura, dimensioni del fenomeno e Santità religiosità e pietà popolare nella Chiesa reggina (Reggio Calabria, Laruffa Editore, 2021) raccolgono gli scritti che il sacerdote nell’arco di tanti anni ha prodotto come storico della Chiesa reggina e studioso delle migrazioni dal sud Italia e con particolare attenzione e minuzia da e per la Calabria. La collana Colligite Fragmenta, della quale fanno parte i tre libri, non è altro che la cospicua raccolta di oltre cento studi effettuata nel corso degli anni tra non poche difficoltà. Infatti, l’autore ha messo insieme, come in un caleidoscopio, lavori prodotti anche a distanza di decenni, per lo più pubblicati su giornali, periodici e atti di convegni. «Raccogliere tante opere e interventi di don Antonino Denisi in tre volumi — scrive nella prefazione il professor Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio — è una scelta meritoria, perché rende omaggio a una figura di sacerdote, studioso, erudito e storico, ma anche perché evita l’inevitabile dispersione delle sue ricerche in una miriade di volumi, riviste, e bollettini, legati all’occasione in cui l’autore concepì i suoi scritti». Secondo il professor Riccardi, questa produzione letteraria «è un monumento all’opera di un sacerdote che ha sempre unito in maniera encomiabile il ministero pastorale con lo studio, senza fare di quest’ultimi l’anticamera dell’apologetica ecclesiastica». In poche parole, don Antonino «ha saputo fare il prete — prosegue il fondatore della Comunità di Sant’Egidio — come testimoniano i suoi numerosi incarichi pastorali da parroco all’Aspromonte o a Reggio, ma anche come collaboratore stretto di monsignor Aurelio Sorrentino, come segretario, poi infaticabile “cotubernale”, come avrebbe detto Giovanni XXIII. Ma quando ha fatto ricerca, questo prete è stato un ricercatore rigoroso, come si vede nello studio e nella pubblicazione della visita pastorale dell’arcivescovo di Reggio Calabria, Annibale D’Afflitto, figura di presule postridentino tra la fine del Cinquecento e il Seicento.

Nei tre volumi don Antonino raccoglie gli studi da lui compiuti (nel primo), quelli relativi alla storia dell’emigrazione in Calabria (nel secondo) e quelli sulla santità. Negli ultimi anni la Calabria si è ritrovata improvvisamente a dover accogliere emigranti provenienti da ogni parte del mondo, per questa ragione il sacerdote, dopo aver scritto tanto sugli emigrati calabresi, si è ritrovato ad analizzare i “nuovi italiani”; «è coscienza vigile che, per accogliere, bisogna pensare l’accoglienza e l’integrazione. La sua opera sui migranti — sottolinea Riccardi — comincia da una nota sulla tragedia di Marcinelle, in Belgio, in cui persero la vita 275 minatori di cui 136 italiani: siamo nel 1956. Ed oggi finisce per ricordare ai calabresi e agli italiani, tutti smemorati, che siamo stati un Paese di emigranti e che, con quest’occhio e con questa memoria, dovremmo guardare chi arriva nel nostro Paese».

Autore di numerose pubblicazioni, Denisi, nel corso degli anni, ha ricoperto diversi incarichi, tra cui la cattedra di teologia morale presso l’Istituto superiore di scienze religiose di Reggio Calabria.

«Gente come lui — prosegue Riccardi — è una testimonianza di quella “tradizione” senza cui non c’è futuro. Viviamo in un’età di rotture, l’ultima quella dovuta al covid-19. Eppure la crisi della pandemia ha messo in luce la debolezza della solitudine, ponendo con forza alle nostre realtà sociali il bisogno di creare legami e di fare comunità. Per compiere quest’operazione di rigenerazione abbiamo bisogno di memoria. Don Antonino — conclude il professor Riccardi — è l’uomo della memoria, ma in tutta la sua vita ha cercato di costruire una comunità attraverso la circolazione delle idee, dei problemi e dei dibattiti. Vedendo la sua sterminata bibliografia, guardando alla sua esistenza, si prova ammirazione per questi preti, formati nel pontificato di Pio XII   , che hanno vissuto il concilio, sono cambiati fidando sulla parola della Chiesa e hanno creduto, mettendola in pratica nella liturgia e nella vita».

di Francesco Ricupero