Gli inni su san Patrizio dall’Ottocento ai gruppi folk di oggi

Cuori ardenti

 Cuori ardenti  QUO-138
21 giugno 2021

Nella placida Isola di Smeraldo, covo di vetuste e suggestive leggende, tramandate oralmente, e successivamente trascritte, con pregevole cura, dai monaci irlandesi, permane solido lo spirito di conservazione e protezione della lingua e cultura celtica. Si evince, per citare un esempio, dal ciclo mitologico dei Fianna, le cui eroiche gesta, narrate dal bardo Oisin, fonte d’ispirazione per il letterato scozzese James Macpherson, fautore dell’esistenza del cupo poeta Ossian, cantore dei malinconici poemetti della raccolta del 1760, si intrecciano con la virtuosa figura, avvolta da un’aura sottile di misticismo, del santo protettore d’Irlanda, nella celebre opera medievale Acallam na Senórach, dove il santo stesso diviene attento uditore dei fasti dei tempi più antichi.

Tutto ciò che di autentico è pervenuto della biografia di san Patrizio, deceduto, in unanime accordo degli studiosi, il 17 marzo del 461, si deve alla Confessio, che scrisse per onorare l’amore di Dio che lo aveva accompagnato, donandogli forza e speranza, sin dai primi anni di prigionia in Irlanda, quando era appena un ragazzo, rampollo di una nobile famiglia romana della Britannia: «E lì il Signore aprì l’intelligenza del mio cuore incredulo, sì che almeno tardivamente potessi rammentare le mie colpe e mi convertissi con tutto cuore al Signore mio Dio, che ha volto lo sguardo alla mia bassezza, e ha avuto misericordia della mia giovanile ignoranza, e mi ha custodito prima che io lo conoscessi e prima che io avessi la saggezza e la capacità di distinguere tra bene e male, e mi ha fortificato e mi ha consolato come un padre consola il figlio».

La profonda fede del santo che, nel corso del v secolo, evangelizzò instancabilmente quella gemmea terra abitata dai Celti, venne omaggiata dall’inno sacro San Patrizio di sorella Agnese, della Congregazione delle Suore della Misericordia. Inno incluso, per la prima volta, in Easy Hymns del 1853; una carezzevole e intensa lode alla gloria perpetua del diletto santo di Erin, un’umile e mesta preghiera, affinché, dalla celeste dimora, egli possa vegliare sul suo popolo, esule, e benedirlo, nella lotta contro il peccato. «Difendi sempre il nostro Paese natio, dove il trifoglio fiorisce come quando tu eri su questa terra, e i nostri cuori arderanno ancora, ovunque essi saranno, per Dio e san Patrizio».

Grazie alla pura armonia e all’intensità espressiva delle possenti voci tenorili di Anthony Kearns, John McDermott e Finbar Wright, ovvero gli “Irish Tenors”, nel disco Sacred: A Spiritual Journey del 2005, venne mirabilmente esaltata la spiritualità dell’inno di sorella Agnese, creandovi un’atmosfera di intima bea titudine e sincero sentimento.

La fulgida bellezza di codesti versi, si può ravvisare anche nelle solenni parole della preghiera La corazza di san Patrizio che, secondo la tradizione, il santo scrisse nel 433, affinché il Signore potesse guidarlo e proteggerlo durante il tentativo di conversione del re Leoghaire e dei suoi sudditi. Un’armatura, dunque, divina, contro ogni avversità: «Cristo sia con me, Cristo dentro di me, (…) Cristo accanto a me». Musicata nel 2004 da Dwight Beal, la preghiera fu riadattata, mantenendone intatto il fascino evocativo, nel 2018 dalla violinista e cantante dalla voce cristallina Jean Watson, per l’album Sacred, della Bmi.

Attribuita nell’Ottocento, con vana certezza, ad Henry Bennett e John Tolekin, infine, la secolare aria San Patrizio era un signore di onesta stirpe, venne scelta dal noto gruppo folk irlandese “The Wolfe Tones”, composto da Noel Nagle (Tenor e Tin Whistle, Uilleann pipes, voce), Tommy Byrne (chitarra e voce), Brian Warfield (voce, testi, arpa, banjo, bodhran, pianoforte, chitarra) e, infine, da Derek Warfield (voce, testi e mandolino), per essere inclusa, come quinta traccia del lato b , nell’album di successo Spirit of the Nation inciso nel 1981, prodotto dalla Triskel Records.

Contraddistinta da una melodia allegra e dal ritmo incalzante, la ballata, riarrangiata dai quattro musicisti dublinesi, mira a voler palesare le forzose origini irlandesi di san Patrizio («suo padre era un Callahan, sua madre una Grady, sua zia era una O’Shaughnessy, lo zio un Brady»), decisamente in contrasto con ciò che si arguisce nella Confessio: «Ebbi per padre il diacono Calpornio, figlio del presbitero Potito, che era della borgata di Bannaventa di Bernia». Si è ipotizzato, difatti, che la regione nativa potesse essere quella della Britannia centro-settentrionale, tra Banna e Luguvalium.

Ebbene, talmente era acuto il desiderio del popolo irlandese di sentirsi ancor più avvinto a colui che gli donò, con tale dedizione, il proprio fervore religioso, da manifestare, così, un certo ardore, una fierezza dell’identità nazionale, culturale e storica, mai sopita, ancorata a quelle radici celtiche che il santo patrono, in primis, non volle, rispettosamente e in alcun modo, obliterare.

di Marta D’Ambrosio