Casa non è solo
il luogo dove sono felice
È dove mi trovo a mio agio

 Casa non è solo il luogo dove sono felice È dove mi trovo a mio agio  QUO-133
15 giugno 2021

Come afferma Piero Zanini, «il confine indica un limite comune, una separazione tra spazi contigui», ma significa anche varcare una frontiera per entrare in un territorio sconosciuto, diverso da quello a cui siamo abituati, con lingua, religione e cultura differenti. Questo oltrepassare la frontiera «muta anche il carattere di un individuo: al di là di essa si diventa stranieri, emigranti, diversi non solo per gli altri ma talvolta anche per se stessi».

Il mondo è costruito su tantissimi confini, non solo territoriali, ma anche interiori, che corrispondono molto spesso alle nostre paure.

La storia ci insegna ogni giorno che siamo tutti umani, che mutano nel corso delle generazioni, e che il colore della pelle sarà anche diverso, ma il valore di ognuno di noi si trova nell’anima.

Superare un confine culturale implica sentirsi in arabo fi almanzil, a casa — in una parte del pianeta diversa da quella a cui sei abituato.

All’età di sei anni mi sono trovata a dover affrontare questo limite insieme ai miei genitori e a mio fratello. Papà aveva attraversato il confine dell’Algeria per venire in Italia, inizialmente come turista, all’età di venti anni.

Dopo essersi sposato e aver avuto me e mio fratello, insieme alla mamma ha deciso di portarci qui, per garantirci un futuro migliore.

Mi sono ritrovata in un Paese di cui non conoscevo la lingua e le persone, la cui cultura era differente da quella a cui ero abituata — e soprattutto dove non mi sentivo a casa.

Ricordo ancora il primo giorno di scuola: tutti i bambini avevano il grembiule nero, il materiale occorrente per la prima elementare, un bel sorriso stampato sulla faccia.

Tutti i bambini mi sembravano grandi, mentre io mi sentivo tanto piccola tra di loro.

Un episodio insignificante, ma che non dimenticherò mai, è il giorno della prima foto di classe: corsero tutti da un lato, mentre io, che non capivo ciò che dicevano, restai in disparte, come se avessi paura.

Mi sentivo invisibile.

Il primo limite che ho superato è stato quello di imparare la lingua e riuscire a esprimermi.

Diventando più grande ho conosciuto nuove persone, mi sono fatta degli amici che mi vogliono bene, per i quali non sono diversa e che si interessano alla mia religione e alla mia cultura.

Penso che il non sentirmi inferiore agli altri sia stato uno dei passi più grandi e belli che io abbia fatto, nonostante la mia giovane età.

Una cosa che purtroppo ancora non sento mia è la parola casa. Per me casa non è soltanto il luogo dove sono felice insieme ai miei genitori, ma è anche il posto in cui mi trovo a mio agio, dove sono cresciuta, la mia terra, le mie tradizioni, dove ho ricordi che non dimenticherò mai e soprattutto ho tutta la mia famiglia.

Nonostante mi trovi bene in questo Paese, continuo a sentirlo lontano da me: è questo il prossimo limite da superare.

di Hassina Benyoucef