Elaborati dalle Chiese mediorientali i sussidi per il prossimo ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani

Seguendo la stella

Coalova_14_x.jpg
14 giugno 2021

È appena uscito il testo per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 2022 sul tema «Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo» (Matteo, 2, 2). L’argomento è stato scelto dal Consiglio delle Chiese del Medio Oriente che riunisce ventisette Chiese appartenenti a quattro famiglie (ortodossa, ortodossa orientale, evangelica e cattolica) e opera in Libano, Cipro, Egitto, Iran, Iraq, Giordania, Palestina e Siria. I sussidi, pubblicati congiuntamente dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e dalla Commissione fede e costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese, contengono un forte invito a spalancare il cuore alla speranza, a considerare il futuro come una promessa e non come una minaccia, a seguire la stella che con i suoi raggi d’argento ci conduce a Cristo, via, verità e vita, vera luce dell’umanità. Messaggio tanto più significativo se si pensa che è stato scritto dai cristiani del Medio Oriente, da tanti anni così duramente provati da guerra, miseria, persecuzione. Ma la gioia e la fiducia non dipendono dalle circostanze esteriori; nascono dall’interiorità, dalla fede che brilla nel cuore come una fiaccola, dalla speranza che spalanca gli orizzonti, dall’amore che riscalda e unisce.

Nel sussidio leggiamo: «Tradizionalmente i commentatori hanno visto nelle figure dei Magi un simbolo della diversità dei popoli allora conosciuti, e un segno dell’universalità della chiamata divina che appare alla luce della stella splendente da Oriente. Inoltre nei Magi che cercano con ansia il Re appena nato, vedono l’ardente desiderio di tutta l’umanità che anela alla verità, alla bontà, alla bellezza […] I Magi ci rivelano l’unità di tutte le nazioni voluta da Dio. Viaggiano da Paesi lontani e rappresentano diverse culture, tuttavia sono spinti dallo stesso desiderio di vedere e conoscere il Re appena nato, e si riuniscono nella piccola casa di Betlemme nel semplice atto di rendere omaggio e di offrire dei doni».

Il testo auspica che, seguendo l’esempio dei Magi, i cristiani, nella loro dovizia di culture e lingue differenti, possano essere per il mondo testimoni di unità, come stelle che brillano nel cielo. Nella misura in cui i fedeli delle varie confessioni aprono reciprocamente «i propri tesori e i propri cuori in omaggio a Cristo», sottolinea l’elaborato, tutti possono gioire e arricchirsi per questo fecondo scambio di doni, di esperienze, di cammini. Purtroppo, come nella vicenda dei Magi c’è la pagina nera del massacro degli innocenti ordinato da Erode, così nella storia del Medio Oriente, anche in quella recente, sono tanti i momenti di angoscia e lutto a causa delle guerre, dei massacri, delle migrazioni forzate, della violenza dei fondamentalismi. Le piccole comunità cristiane si sentono minacciate e molte persone cercano altrove una vita più sicura. Nel testo commentano così questa situazione dolorosa: «Gerusalemme è un simbolo potente per i cristiani perché è la città della pace dove tutta l’umanità fu salvata e redenta. Ma oggi nella città manca la pace. Diverse parti avanzano le loro pretese e ignorano quelle degli altri. Perfino la preghiera in Gerusalemme è diventata oggetto di misure politiche e militari. […] Oggi più che mai il Medio Oriente ha bisogno di una luce celeste che accompagni il suo popolo. La stella di Betlemme è un segno che Dio cammina con il suo popolo, sente il suo dolore, ascolta le sue grida e gli mostra compassione. Questo ci rassicura perché, sebbene le circostanze cambino e possano accadere terribili disastri, la fedeltà di Dio non verrà mai meno. Il Signore non sonnecchia né dorme. Egli cammina vicino al suo popolo e lo riconduce quando si è perso o è in pericolo. L’itinerario della fede è questo camminare con Dio che sempre veglia sul suo popolo e ci guida nelle vie complesse della storia e della vita».

Tornano alla mente le parole pronunciate da Benedetto xvi il 24 ottobre 2010 nell’omelia per la conclusione dell’Assemblea speciale del sinodo dei vescovi sul Medio Oriente: «Non bisogna mai rassegnarsi alla mancanza della pace. La pace è possibile. La pace è urgente. La pace è la condizione indispensabile per una vita degna della persona umana e della società».

E Papa Francesco, il 7 marzo scorso, durante la sua visita alla comunità martire di Qaraqosh, ha ribadito: «Crediamo che Dio può portare la pace in questa terra. Noi confidiamo in Lui e, insieme a tutte le persone di buona volontà, diciamo “no” al terrorismo e alla strumentalizzazione della religione». Proprio sul tema «Io vi lascio la mia pace» (Giovanni, 14, 23 -31) si focalizzava il materiale per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 2004, raccolto da un gruppo ecumenico di Aleppo, in Siria, segno della sete ardente di normalità e koinonia: una sete così radicata in questa regione e purtroppo tanto crudelmente disattesa. Accanto alla questione della pace, in questi ultimi mesi i cristiani del Medio Oriente hanno dovuto affrontare il problema della pandemia. Pensando alle devastazioni causate ovunque dal virus, essi scrivono di essere «consapevoli che il mondo condivide molte delle difficoltà che essi stanno sperimentando e brama una luce che illumini il cammino verso il Salvatore che può vincere l’oscurità. La pandemia globale di covid-19, la conseguente crisi economica, il fallimento delle strutture politiche, economiche e sociali nel proteggere i più deboli e i più vulnerabili, hanno sottolineato la necessità globale di una luce che risplenda nell’oscurità. La stella sorta in Oriente, nel Medio Oriente, duemila anni fa, ci chiama ancora alla mangiatoia dove Cristo è nato. Ci attira là dove lo Spirito di Dio è vivo e attivo, alla realtà del nostro battesimo e alla trasformazione dei nostri cuori».

Il testo sottolinea con forza che, se i cristiani vogliono donare una testimonianza efficace, devono operare insieme mettendosi innanzitutto a servizio dei più poveri. La liturgia proposta per la Settimana di preghiera è di grande bellezza, arricchita da musiche e inni della tradizione orientale, fra cui il suggestivo “canto della luce” del santo teologo e dottore della Chiesa Efrem il Siro (306-373). Si suggerisce anche di invitare ogni partecipante, subito dopo la professione di fede, a porre una piccola stella di carta su un panno scuro su cui è già stata collocata una grande stella cometa: un piccolo gesto simbolico per creare tutti insieme un cielo di scuro velluto trapunto di stelle, e per ricordare che Dio stende su tutto la sua infinita misericordia, anche sulle notti più oscure. Senza il buio, infatti, non si può vedere lo sfavillio degli astri.

di Donatella Coalova