La sfida lanciata dalle Nazioni Unite e dall’Unesco

Conoscere gli oceani
per salvarli e salvarci

 Conoscere gli oceani per salvarli  e salvarci  QUO-132
14 giugno 2021

Conoscere meglio gli oceani per salvarli e salvarci. È questo l’obiettivo del “Decennio dell’oceano”, il programma lanciato dalle Nazioni Unite, insieme all’Unesco, per approfondire e sviluppare le conoscenze, condividerle e progredire nelle ricerche oceanografiche con l’obiettivo di raggiungere una migliore comprensione del sistema oceanico e fornire soluzioni scientifiche per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030.

Il “decennio degli oceani”, che si è aperto quest’anno, riconosce la necessità di trasformare il modo in cui sviluppiamo e utilizziamo la conoscenza dei mari per rafforzarne il ruolo come veicolo di una crescita economica sostenibile ed equa. Veri polmoni del nostro pianeta, gli oceani forniscono la maggior parte dell’ossigeno che respiriamo, oltre a garantire i mezzi di sussistenza a oltre 3 miliardi di persone che vivono dell’oceano in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Sono anche un’importante fonte di cibo e medicine e sono una parte essenziale della biosfera. Ma l’oceano è un malato grave. La crisi climatica in cui si dibatte il pianeta e il continuo assalto dell’uomo ai mari e alle risorse marine ha compromesso molti dei benefici che l’oceano apporta all’umanità.

«I nostri mari sono traboccanti di rifiuti di plastica, che si possono trovare dagli atolli più remoti agli abissi oceanici più profondi», ha ricordato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. «Le emissioni di carbonio stanno causando il riscaldamento e l’acidificazione degli oceani, la distruzione della biodiversità e l’innalzamento del livello del mare che minacciano coste densamente popolate», ha avvertito ancora Guterres. L’innalzamento del livello del mare sta accelerando a ritmi pericolosi. Quando gli oceani si riscaldano, il loro livello sale sia perché l’acqua più tiepida si espande, ma anche perché essa provoca lo scioglimento di ampie porzioni delle calotte polari. Nel 1900, i livelli globali dei mari si alzavano di circa 0,6 millimetri l’anno. Dopo il 1930, con il riscaldamento degli oceani l’innalzamento è aumentato, raggiungendo nel 1990 i 3,1 millimetri l’anno. E da quando oceani sempre più caldi hanno iniziato a provocare lo scioglimento dei ghiacci polari, il ritmo ha subito un’ulteriore accelerazione. Oggi gli oceani si innalzano di 6 millimetri l’anno (pari a circa 5 centimetri ogni dieci anni), ma il ritmo continua ad accelerare in modo drammatico. Nel 2017 l’Us National Oceanic and Atmospheric Administration ha calcolato che entro il 2100 l’innalzamento dei mari potrebbe arrivare al livello catastrofico di ben due metri e mezzo causando, ad esempio, l’affondamento di New York e Washington, Shanghai e Bangkok, Lagos e Alessandria d’Egitto e innumerevoli altre città costiere. Perfino i Paesi Bassi e New Orleans, protetti al momento da dighe e alti argini, sarebbero in una situazione molto grave.

Contenere l’aumento del livello dei mari, pertanto, deve diventare una priorità assoluta. Così come, sottolineano gli esperti, è fondamentale rispettare l’obiettivo degli Accordi di Parigi e limitare l’aumento della temperatura a 1,5-2 gradi Celsius. E non finisce qui, perché un’altra grave minaccia alla sostenibilità dei nostri mari ed oceani, e di tutte le specie che li popolano, è la pesca intensiva. Gli oceani, sottolineano gli scienziati, hanno bisogno di una tregua per potersi ripopolare dunque serve una gestione della pesca più rigorosa e rispettosa. È necessario dunque curare gli oceani, ma per farlo è necessario conoscerli bene. Per questo il decennio che si apre ha come slogan “la scienza di cui abbiamo bisogno per l’oceano che vogliamo”.

«Dal ripristino della Grande barriera corallina alla mappatura ad alta risoluzione del 100 per cento del fondo oceanico, queste sono solo le prime azioni previste in questo decennio che aiuteranno a realizzare l’oceano che vogliamo entro il 2030», ha annunciato Audre Azoulay, direttore generale dell'’Unesco. Ma sono moltissime e diversificate le iniziative pensate per sviluppare la ricerca sugli oceani, come l’esplorazione della misteriosa zona crepuscolare degli abissi che va dai 200 ai mille metri di profondità. Tutti interventi che, avvalendosi di tecnologie innovative, mirano a trovare soluzioni per ridurre le molteplici pressioni sugli ecosistemi marini, dai cambiamenti climatici, alla perdita di biodiversità, al rumore sottomarino o all’inquinamento. E non solo: una serie di azioni mirano a garantire che nessuno sia lasciato indietro nei prossimi dieci anni, attraverso iniziative volte a promuovere l’inclusione nell’oceanografia di uomini, donne, giovani generazioni e aree geografiche. Una volta raccolti, i dati saranno utilizzati per adottare misure volte a migliorare la gestione sostenibile così come la resilienza degli stock ittici.

Per sostenere il “Decennio” dallo scorso gennaio sono stati istituiti più di 25 Comitati nazionali in Europa, Nord America, Asia, Africa e America Latina. L’obiettivo di Onu e Unesco è spingere la comunità internazionale ad investire nell’oceanografia per trovare soluzioni innovative alle principali sfide globali.

di Anna Lisa Antonucci