Materna e filiale nella poesia dell’Alighieri

La duplice veste di Maria

Botticelli, "Madonna del Magnificat" (1483)
12 giugno 2021

Il Sommo Poeta pone quest’invocazione a Maria sulla bocca del devoto san Bernardo alla fine del suo capolavoro. Ma la definizione della Madonna nella duplice veste, materna e filiale insieme, è più volte presente nella pietà medievale, con un’origine anteriore di quasi mezzo millennio. Il concetto della divina maternità, la Theotokos dei riti orientali, fu reso dogma dal Concilio di Efeso nel 431; ma già due secoli prima Origene, morto nel 252 o 254, chiama Maria con questo titolo, ripreso poi da quasi tutti gli autori della Patristica.

Diverso fu l’appellativo di “Figlia di Dio”. La definizione, ritenuta implicita, venne accennata in modo indiretto da Cirillo di Gerusalemme e da Gregorio Nazianzeno (morti rispettivamente nel 387 e nel 390), ma solo il vescovo Tarasio di Costantinopoli (730 -806) definisce esplicitamente la Madonna come “Figlia di Dio”.

Capostipite delle invocazioni in cui Maria è definita con la duplice veste è quindi da ritenersi la bella e celebre sequenza Verbum bonum et suave, composta dall’abate di San Gallo Notker Balbulus (il balbuziente, noto anche come storico, vissuto dall’830 al 912) verso la fine del ix secolo. Questa composizione fu forse la più popolare tra le sequenze pretridentine e sulla sua graziosa melodia ne furono adattate varie altre, tra cui Lauda Sion salvatorem di Tommaso d’Aquino. Nel quarto verso l’appellativo è Virgo mater filia. Un’altra sequenza di poco successiva inizierà proprio con queste tre parole, che compaiono tali e quali anche nell’inno ambrosiano dell’Assunzione, di datazione incerta. Da questo momento le citazioni mariane nella duplice veste sono numerose, ma due sono importanti da rilevare.

Verso il 1045 Ermanno il Contratto (1013–1054), monaco a Reichenau, sul Lago di Costanza, compose l’antifona Alma Redemptoris Mater, che ancor oggi conclude l’ufficiatura serale. In essa si invoca Maria dicendo «Tu che hai generato, tra lo stupore della natura, il tuo Santo Genitore». Due secoli più tardi san Francesco pregava alla Vergine così: «Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te, nata nel mondo, tra le donne, figlia e ancella dell’altissimo sommo Re il Padre celeste, madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo… prega per noi il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro».

Risale al 1090 un lungo inno provenzale, composto da 12 quartine a rima baciata.

«O Maria, madre di Dio, Dio ti è figlio e padre. Signora, prega per noi tuo figlio, il glorioso» dice la prima strofa. La preghiera continua nella seconda: «Ed il Padre parimenti prega tu per tutti noi; se Egli non ci soccorre, tutto intorno a noi diventa pianto». Le strofe successive sono un insieme di lodi, preghiera e citazione dei momenti principali nella vita di Maria, concludendo con una solenne ma anche significativa affermazione: «Poiché da donna nacque, Dio salvò la donna, e per questo nacque uomo perché l’uomo ne fosse salvato».

Nella Francia dell’ xi secolo gli ideali del Movimento Cluniacense sono ben presenti e si esplicitano anche nella poesia. La melodia è quella dell’inno Ave maris stella, di cui questa canzone forma la volgarizzazione, ma anche in parte il completamento. Infatti in ambo i testi la Vergine è madre di Dio e insieme dell’umanità e quindi nostra. Ma solo in quello provenzale Dio è ricordato come suo padre. L’esplicito concetto di Notker Virgo, mater, filia ritornerà solo più tardi, in san Francesco e in prosa prima, nella grande poesia di Dante poi.

di Benno Scharf