La settimana di Papa Francesco

Quelli che non se ne stanno
“zitti e buoni”

SS. Francesco -
10 giugno 2021

Allarme del Papa per la disoccupazione e l’inverno demografico in Italia nell’udienza ai giovani del Progetto Policoro della Cei


«Occuparsi del lavoro è promuovere la dignità della persona. Infatti, il lavoro non nasce dal nulla, ma dall’ingegno e dalla creatività dell’uomo: è un’imitazione di Dio creatore». Sono le parole pronunciate dal Santo Padre durante l’incontro, sabato 5 giugno nella Sala Clementina, in occasione del 25° anniversario della nascita del Progetto Policoro.

Ad ascoltarlo insieme a me c’era una parte della delegazione degli animatori di comunità provenienti da tutte le regioni d’Italia. E io, che sono un’assistente sociale, di quella delegazione ero l’emozionata portavoce.

«Il Progetto Policoro — ha affermato il Papa — è stato ed è un segno di speranza, soprattutto per tanti territori del Sud d’Italia carenti di lavoro o che sfruttano i lavoratori. Oggi siete chiamati a esserlo in un modo nuovo — essere speranza è un modo nuovo — perché questo importante anniversario capita in un periodo di forte crisi socio-economica a causa della pandemia».

Sono trascorsi 25 anni dall'idea di don Mario Operti: aiutare i giovani per orientarli nel mondo del lavoro, valorizzando il proprio territorio, mettendo in campo le proprie competenze, le proprie capacità, per realizzare i propri sogni. Era convinto che «non esistono formule magiche per creare lavoro. Occorre investire nell’intelligenza e nel cuore delle persone».

Ma oggi, a così tanti anni di distanza da questa sua intuizione, la sensazione che più pervade le nuove generazioni è la sfiducia: si notano disuguaglianze sempre crescenti e si finisce per pensare che ogni forma di impegno sia inutile. Il disagio che esprimono i giovani è reale, ma spesso viene ignorato. Talvolta persino sbeffeggiato.

I progetti che vedono al centro i giovani presentati come “futuro della società” e “speranza dell’avvenire” sono spesso disattesi e la pandemia, purtroppo, ha amplificato questo disagio.

Possibili carriere lavorative rimangono bloccate; i prezzi troppo alti impediscono l’appropriazione della stabilità economica; il raggiungimento dell’indipendenza, il sogno di viaggiare, l’idea di costruire una famiglia sembrano irrealizzabili e la mancanza di sicurezze finisce per anestetizzare dei sogni legittimi in prospettiva di un “futuro migliore”.

Nell’emergenza sanitaria chi paga il prezzo più alto sono ancora loro, i giovani.

«Voi non siete di quelli che si limitano a lamentele per il lavoro che manca, ma volete essere propositivi, protagonisti» ha detto Papa Francesco nel suo discorso.

Io i giovani li conosco: non chiedono aiuto e non vogliono dipendere dall’intervento altrui. Studiano, lavorano (spesso in nero), svolgono volontariato continuando a sorridere alla vita e conservando la speranza.

L’esperienza che svolgo nella pastorale giovanile della diocesi di Acerra, sotto la guida del direttore don Stefano Maisto e con la presenza costante del vescovo Antonio Di Donna, mi ha spinto a non guardare ai ragazzi con le etichette che solitamente vengono cucite loro addosso dalla società. Non sono fannulloni o viziati o attaccati allo schermo di uno smartphone. I giovani sono ben altro: sono quelli che si rimboccano le maniche per assecondare i propri desideri, quelli che cadono e con fierezza si rialzano mentre raggiungono i propri obiettivi; quelli che intervengono al grido di aiuto della loro terra per il bene dell’ambiente e della loro salute.

I giovani sono quelli che non staranno “zitti e buoni".

È per questo che la presenza del Progetto Policoro nelle nostre diocesi è una benedizione: i ragazzi, nella realizzazione del loro futuro, sono presi per mano e guidati. Ricevono fiducia, supporto e un aiuto mirato. Policoro è un progetto che la Chiesa italiana mette al servizio dei #giovani con la forza del #vangelo e la dignità del #lavoro. E a noi animatori di comunità, che siamo giovani a nostra volta, spetta il compito di aiutarli a creare impresa, di «favorire la crescita di figure imprenditoriali al servizio del bene comune». Una sfida impegnativa, ma che non stanca.

di Sonia Iannuzzi
Animatrice di comunità della diocesi di Acerra