Verso lo stile di un pensiero creativo e ospitale per tutti

Raffaello, «San Paolo nell’Areopago»
08 giugno 2021

«Salvare la Fraternità – Insieme» è un appello, scritto da un gruppo di dieci teologhe e teologi, convocati dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontifica accademia per la vita, e da monsignor Pierangelo Sequeri, preside del Pontificio Istituto teologico Giovanni Paolo ii
per le Scienze del matrimonio
e della famiglia.

È un appello alla Chiesa in tutte le sue componenti, e ai saggi, uomini e donne di buona volontà. È un appello con il quale confrontarsi, non semplicemente un’analisi da accogliere o respingere. Non è un “direttorio” di tesi alle quali è chiesto di aderire, ma un “repertorio” di temi sui quali appare decisivo riflettere e discutere. L’appello scaturisce direttamente dalla provocazione dell’enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti. La proposta è raccogliere il senso profondo di questa definitiva provocazione — rivolta a una Chiesa sollecitata ad aprirsi e a un mondo tentato di chiudersi — inaugurando il clima di una “fraternità intellettuale” che riabiliti il senso alto del “servizio intellettuale” di cui i professionisti della cultura — teologica e non teologica — sono in debito nei confronti della comunità.

Il Signore è l’unico Salvatore. «Questa è la nostra sicura certezza. Ma nell’odierno kairos della Chiesa ci sono molti e preoccupanti segni di occultamento di questa verità luminosa. Il fastidioso puntiglio delle minuziose e soffocanti dispute che trasformano la pratica della teologia in guerra per bande (“Io sono di Paolo, io sono di Apollo, io sono di Cefa”, 1 Cor 1, 12), è oggi persino sovrastato dalla plateale incapacità di discernimento delle simulazioni e delle perversioni che si accompagnano all’esercizio della responsabilità pastorale. L’eccesso di questa inettitudine degli apparati ecclesiastici è ormai un’evidenza planetaria. Le litigiosità e le immoralità che abitano la provincia ecclesiastica sono ora percepite come un indice di fragilità del sistema, non semplicemente come debolezze occasionali».

Nella linea dell’enciclica Fratelli tutti, «desideriamo in primo luogo condividere con i teologi, i pastori, i discepoli e l’intero popolo dei credenti la percezione della krisis che l’odierna condizione ci impone e la determinazione della metanoia che la fede domanda alla teologia. Di fronte a una convivenza umana plasmata dai valori del self-interest e indifferente all’etica della condivisione, la teologia ecclesiale deve acquisire lo stile di un pensiero creativo e ospitale per tutti, non ridotto a un gergo per iniziati. Sembra evidente che questo comporterà un significativo mutamento delle istituzioni ecclesiali». L’appello «è un appassionato invito alla teologia professionale — e in generale ad ogni credente — perché offra uno spazio privilegiato e comune all’impegno di decostruzione del duplice dualismo che ci tiene attualmente in ostaggio: fra la comunità ecclesiale e la comunità secolare; fra mondo creato e il mondo salvato. La Chiesa non è un’aristocrazia spirituale degli eletti, ma una tenda ospitale che custodisce l’arcobaleno dell’alleanza fra Dio e la creatura umana. La fede imparerà ad abitare i linguaggi del mondo secolare, senza pregiudizio per il suo annuncio della vicinanza di Dio. E la prossimità ecclesiale della fede sarà abitabile anche per la Cananea, la Samaritana, Zaccheo, il Centurione. Senza pregiudizio per la loro distanza».

È un appello anche per i Saggi. «Noi vi proponiamo un’inversione di tendenza nel pensiero dell’epoca. Non disprezzate il Nome di Dio, al quale l’invocazione dei credenti sinceri si rivolge per tutti gli uomini e le donne del pianeta, e per il quale gli stessi credenti si rendono disponibili ad intercedere per tutti i poveri e gli abbandonati. Criticate noi, quando dovete — e persino quando non dovreste — ma custodite con rispetto il mistero — anche
per voi insondabile — del Nome
di Dio». È necessario più che mai salvare la fraternità per rimanere umani. «Senza l’apporto delle ragioni umane del senso, sempre di nuovo cercate per prove ed errori, il pensiero cristiano della fede non può realmente abitare la terra con l’onestà intellettuale che la sua testimonianza dell’incarnazione di Dio esige Dopo aver passato qualche secolo a imporre alle coscienze la necessità della loro reciproca estraniazione, siamo convinti che è venuto il momento di sperimentare la libertà della loro empatica frequentazione, in vista di nuove politiche dello spirito. Disposti alla sublime sprezzatura di tutti gli apparati religiosi e secolari che, nelle guerre fratricide — delle religioni e contro la religione — hanno campato fin troppo, a spese nostre e dei nostri figli. Fratelli e sorelle tutti e tutte: non uno/una di meno».

Come spiega monsignor Paglia nella Postfazione che chiude l’Appello: «Le istituzioni ecclesiali sono chiamate a fare la loro parte nella promozione di un dialogo più profondo e assiduo fra l’intelligenza della fede e il pensiero dell’umano. In questo rinnovamento, la teologia e la pastorale convergono, come le due facce dell’identica azione. La recente enciclica Fratelli tutti incoraggia ad immaginare la nuova prospettiva di questo dialogo come la declinazione efficace e necessaria di una fraternità intellettuale al servizio dell’intera comunità umana. L’impulso alla riscoperta della prospettiva inter-disciplinare e trans-disciplinare, da parte della stessa teologia va in questa direzione (Veritatis gaudium)».