A Chiavenna la beatificazione di suor Maria Laura Mainetti

Un fiore di carità

 Un fiore di carità   QUO-126
07 giugno 2021

«Mentre moriva», suor Maria Laura Mainetti «perdonava e pregava per chi le procurava la morte». Lo ha ricordato il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, nel presiedere la beatificazione della religiosa delle Figlie della croce. Lo ha fatto, in rappresentanza di Papa Francesco, domenica pomeriggio, 6 giugno, nello stadio comunale di Chiavenna, in provincia di Como. Ed era esattamente il 6 giugno del 2000, quando ella venne uccisa in odium fidei da tre ragazze influenzate da una setta satanica: stordita con un colpo di mattonella alla testa, venne trucidata con 19 coltellate.

Proprio per non dimenticare quei drammatici momenti, durante la celebrazione eucaristica è stata esposta ai fedeli una pietra, rinvenuta nel vicolo luogo del martirio, intrisa del sangue di suor Laura.

Nell’omelia il porporato ha fatto notare che la nuova beata tante volte ha recitato la preghiera del Padre Nostro, specialmente durante la messa, per prepararsi all’incontro sacramentale con Cristo; e poi in comunità, o da sola. Il celebrante ha poi citato sant’Agostino, il quale ammonisce: «Vuoi dirlo in tutta sicurezza? Fa’ quel che dici». È, infatti, «perdonando, che si è perdonati — ha aggiunto — e al termine della sua esistenza», mentre veniva uccisa ella ha perdonato di nuovo, questa volta, però, prima di incontrare realmente il Signore.

Il prefetto ha rievocato le parole di un testimone che depose nel processo di beatificazione, chiedendosi: «Come mai una suora, che vive per tanti anni nel suo ritmo ordinario, arriva a questa autocoscienza, di dover pregare per quelli che la uccidono, mentre la uccidono, quasi producendo una fotocopia del Vangelo?». Nella tradizione cristiana, ha spiegato il cardinale, soprattutto «i martiri si usava chiamarli athletae Christi. Ma cosa fanno gli atleti per vincere le gare? Allenamenti continui, fatiche, rinunce fuori dell’ordinario». I santi, allora, «saranno anch’essi uomini e donne dell’eccezione, dello sforzo?». La beata scriveva in proposito: «Il cammino della mia vita religiosa è molto semplice. Ero molto giovane quando un sacerdote, dopo una confessione mi ha detto: Tu devi fare qualcosa di bello per gli altri». La santità è così, ha commentato Semeraro, «non è il frutto di uno sforzo umano, ma spunta semplicemente come un fiore nel prato».

Il cardinale ha fatto riferimento alla devozione di suor Laura per santa Teresa di Lisieux, scelta come sua patrona. Proprio per imitarla optò per «il tutto, il più grande, la vera carità».

Citando l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate, nella quale Papa Francesco afferma che tutti sono chiamati ad essere santi, il porporato ha invitato a riflettere che «il terreno per la fioritura della santità non è l’eccezionale, ma la fedeltà nel quotidiano». È in esso che «si fa presente il momento opportuno (kairós)». Infatti, alla fin fine, la «vera carità» che la beata «scelse e portò a compimento nell’ora del martirio potrebbe coincidere col dilige et quod vis fac di sant’Agostino: Ama e fa’ ciò che vuoi», ha concluso.