«L’Ultima cena» proiettata nella Chiesa degli Artisti

Lentissimi
per allenarci a guardare

 Lentissimi  per allenarci a guardare  QUO-125
05 giugno 2021

Impossibile non pensare a Bill Viola e alla sua Visitazione, un omaggio a Pontormo che vibra di colori caldi e gioia condivisa, dopo aver visto The Last Supper: the Living Tableau di Armondo Linus Acosta, proiettato all’interno della basilica di Santa Maria in Montesanto a Roma.

Nove minuti di contemplazione del celeberrimo Cenacolo di Leonardo da Vinci in versione “animata”, accompagnato dallo Stabat Mater di Rossini e dal buio della chiesa degli artisti di piazza del Popolo. Una Call fop Prayer (come si legge sul manifesto che pubblicizza l’iniziativa) iniziata venerdì scorso, a cui sarà possibile partecipare anche sabato 5 e domenica 6 giugno (dalle ore 12 alle 22, sia il sabato che la domenica). Variazioni lentissime di luce e movimento pensate per trasformare il mezzo cinematografico in contemplazione che portano la firma di tre maestri del grande schermo come Vittorio Storaro, Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, oltre che del regista Acosta. Variazioni sui temi dell’Incarnazione e dell’Eucarestia, i misteri della fede cristiana più inconcepibili e “scandalosi” per la mentalità contemporanea mai così interessanti come adesso, ora che la pandemia ha lacerato un tessuto sociale da rammendare, talvolta da ritessere di nuovo.

«In questi tempi minacciosi — scrive Acosta parlando del suo lavoro — in qualsiasi modo lo spirito umano può essere risvegliato attraverso il dovere di preservare la vita e godere dei frutti di tutto ciò che la rende straordinaria, può essere veicolato attraverso un’opera d’arte che nasce dalla passione, devozione e dalla bellezza. Ciò è stato ed è il mio solo scopo. Mi è stato dato il compito interiore dalla Sorgente di ricreare e di onorare il lavoro di Leonardo da Vinci: L’ultima Cena. Questo non è più un sogno o un processo, adesso esiste nella sua forma finale: The Last Supper: The Living Tableau. L’Eucarestia, il Sacramento, l’esaltazione e l'invito a capire il pane della vita, lo scopo e il mistero per tutelare la vita nella sua fragilità. In questo momento ogni vita umana su questo pianeta è fragile. Ecco perché ho creato The Last Supper, per poter riconsiderare la grazia e la bellezza di questa vita. La realtà attuale è particolarmente sfidante e ci rende ancor più grati di esistere. Stiamo facendo tutto questo per condividere con l'umanità tutta i momenti più importanti attraverso un invito, una chiamata alla Preghiera con cui possiamo dare uno sguardo alla vita dal punto di vista dei nostri cuori. Quest’anno, spiega il rettore della basilica, monsignor Walter Insero «per il Corpus Domini non si sono potute organizzare le tradizionali processioni per il centro di Roma, così si è pensato a un momento meditativo e un invito alla preghiera. Partendo dal capolavoro di Leonardo, reinterpretato in chiave cinematografica, saremo aiutati a contemplare il mistero dell’Eucarestia».

Leonardo, aggiunge Vittorio Storaro «mette Gesù al centro della scena perché in questo modo vuole dire: Gesù è Dio che diventa uomo, e quest’uomo è comunque il centro del mondo, il centro dell’universo». Per i costumi sono stati realizzati calchi di gesso di supporto, in modo che gli attori che interpretano gli apostoli potessero mantenere con più facilità le posizioni immaginate dall’artista toscano. Nessuno di loro è un professionista: si tratta di persone che lavoravano sul set. L’apostolo Taddeo è un cameo del regista.

«Come il carrello di Vittorio Storaro che arriva proprio dentro il set, noi facciamo la stessa cosa — osserva Francesca Lo Schiavo — andiamo dentro il quadro, dentro l’anima degli apostoli e assistiamo al miracolo di Gesù. Io credo che questo interessi tutto il mondo». Tutto è nato, racconta Dante Ferretti, «da quando Armondo mi ha chiamato a Roma e mi ha proposto di ricostruire l’Ultima Cena. Dovevamo far diventare viva la pittura, con personaggi veri, che si muovono. Mi è sembrato molto interessante e ho detto subito di sì».

La forma del tableau vivant ha ispirato anche lo spettacolo Cenacolo 12+1 di Francesco Asselta e Michele Sinisi, andato in scena nel 2019, anno del cinquecentesimo centenario della morte di Leonardo, grazie al cantiere creativo della Fondazione Dramma Popolare di San Miniato. In quel caso con una carrellata in dodici quadri attraverso la storia veniva rappresentata la via crucis di uno dei dipinti più famosi della storia dell’arte, vittima di grandi e documentate violenze: dagli sfregi delle truppe napoleoniche ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, all’incuria che l’ha esposto all’umidità e al fumo. «Che fosse sua intenzione o no, Leonardo ha lavorato all’ultima cena a quattro mani con umidità, bombe e, non ultima, l’ignoranza umana — scrive Sinisi — Per questo sulla scena compaiono anche quelle forze coautrici dell'opera come la vediamo oggi: pioggia, vento, frane, esplosioni, sfregi. Ma anche sacchi di sabbia e materassi, che hanno salvato l’opera, proteggendola dal deterioramento. Studioso della meccanica del corpo e delle macchine, della circolazione dei fluidi e dei fenomeni atmosferici, l’artista ha scelto di legare tutta la sua opera alla natura dandole un fremito vitale e, forse, anche una scadenza temporale. Come tutto ciò che appartiene alla sfera dell’umano».

di Silvia Guidi