Un viaggio nel mondo dell’arte ne «La mosca nel quadro» di Pietro Pisarra

Il gusto di “annusare” l’opera

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05 giugno 2021

Il viaggio di Pietro Pisarra lungo le strade dei pittori di un’Europa timorata di Dio e testimone della bellezza e asprezza della sua stessa storia, in fondo, è quasi un racconto esistenziale. Un viaggio a ritroso nel tempo, ma anche un itinerario investigativo che dal particolare, in questo caso il particolare di un quadro, va al suo significato generale, e non viceversa. E se l’iconografia consente di descrivere con precisione gli elementi di un’opera visiva, l’iconologia compie un passo ulteriore, perché mette insieme le parti di un’opera visiva con il contesto, la storia e la cultura nel senso più ampio.

Pittori, storici, teologi, esegeti, borghesi e popolani, umanisti e razionalisti si incontrano così a dibattere di questioni filantropiche e non solo, raccontando la storia degli uomini.

Forse non è un caso che Pisarra, giornalista e sociologo italiano, esperto di arte e comunicazione, viva da anni in Francia. Nel suo La mosca nel quadro. L’arte svelata (Roma, Ave, 2021, pagine 416, euro 34) infatti, si respira il clima dell’indagine storiografica ereditata dal maestro Fernand Braudel che, appunto, dal particolare della storia riesce a descrivere la grande Storia, quella con la “S” maiuscola. E, ancora, si percepisce la dovizia dei particolari finemente eruditi, anche linguistici, dell’Umberto Eco de Il Nome della Rosa, e si rimane intrappolati nella lettura del libro per ansia di saperne di più, come succede nei racconti di un grande romanziere recentemente scomparso sempre francese, il giornalista-scrittore Jean D’Ormesson.

Con La mosca nel quadro, Pisarra ci accompagna per un giro d’Europa sconfinando anche un po’ altrove per curiosare, dal vivo, capolavori dell’arte che ancora oggi ci dicono qualcosa.

Sì, è davvero un viaggio. Appassionato, alla ricerca del bello e di ciò che dà gusto all’anima. Incontriamo così, tra gli altri, il Beato Angelico, Piero della Francesca, Antonello da Messina, Hieronymus Bosch, Michelangelo, Lorenzo Lotto, Caravaggio, Jan Veermer, Rembrandt, Paul Gauguin, Paul Klee, Pablo Picasso, Marc Chagall. Passeggiamo per Milano, Firenze, New York, Madrid, Londra, Torino, Ginevra, Basilea, Berlino, Rotterdam, Lisbona, Napoli, Venezia, Roma.

Con le lenti dell’apostolo Tommaso e il fascino discreto di un giornalista dalla prosa leggera e raffinata, girovaghiamo indisturbati, almeno fino al momento di “annusare” l’opera, dall’antichità classica al Giotto, dai primitivi fiamminghi ai pittori italiani del Rinascimento, alla ricerca della mosca nel quadro. Chiamiamola così: una mosca. O forse un’ape, raffigurata dove nessuno se l’aspetta, in un angolo del quadro, lì, messa da una parte, oppure un elefante, persino un gatto. Il particolare che scompensa il pensiero di chi guarda l’opera, che si intrufola come un ladro portando via la refurtiva di ciò che è ovvio, persino, a volte, banale.

Un viaggio questo sì iconico, tra la cultura e la storia dell’Europa più affascinante, tra dispute teologiche e misteri medioevali, in compagnia degli antichi maestri, nel vasto repertorio di simboli, accanto al grande codice della cultura occidentale, la Bibbia. Un percorso che da un oscuro monaco delle Asturie e dai suoi Commentari dell’Apocalisse conduce a Picasso e Guernica, passando con Dürer tra l’Italia, la Germania e i Paesi Bassi, al tempo della riforma e della lotta dei contadini, per poi entrare nelle botteghe dei maestri italiani, Antonello, Bellini, Lotto, Caravaggio e guardare, stupiti, giochi e tradizioni popolari, assistendo alle dispute degli umanisti e ai dibattiti teologici, in compagnia di Holbein e di Rembrandt.

Un viaggio da fare in due, se possibile. Perché «due è il contrario di uno», dice Erri De Luca. E perché quattro occhi vedono meglio di due, soprattutto i particolari di un quadro. Spesso rivelatori di altro, e di Altrove.

E se qualcuno pensasse che La mosca nel quadro sia una sorta di compendio di storia dell’arte dove trovare tutto e subito, siamo sulla strada sbagliata. Qui c’è un’indagine quasi olfattiva, oltre che visiva, a fare da guida. Che, certo, ha i colori e gli odori di una storia dell’arte raccontata come si deve. Ma che, per fortuna, va oltre, attraccando ai porti più insicuri della spiritualità di ciascun viaggiatore-spettatore. Dove il mare dei dubbi e delle domande spesso è in tempesta. E la mosca nel quadro, per grazia di Dio, è un minuscolo insetto che ci aiuta ad alzare lo sguardo dalle onde minacciose, spostando gli occhi un po’ più su, verso quel cielo dove già intravediamo scorci di sereno.

di Gianni Di Santo