Tutto è relazionale: proprio nel rapporto con gli altri prima o poi si viene fuori per quel che si è

Verità

 Verità   QUO-119
28 maggio 2021

«Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità» (Giovanni 16, 13). Ragionare della verità è una faccenda difficile, sia per i filosofi sia per chi deve giudicare, a cominciare da Ponzio Pilato.

Gesù sposta la questione in avanti, affida il compito al potente soffio dello Spirito, per dire che da soli non si trova la verità, il nostro pensiero non basta, c’è bisogno d’altro, di altri, forse di tutti coloro che incontreremo, lungo tempi e attraverso spazi diversi. Per i cristiani, il discorso è ridotto all’essenziale, prende distanza netta dai concetti astratti: la verità è una persona, Gesù stesso.

Ora qui non si tratta di dimostrare che i credenti hanno ragione e tutti gli altri no. Perché — a dir la verità — è più sfuggente una persona di tutte le idee che possono girare per la testa, in attesa di fermarsi.

Anche Franz Kafka, a suo modo, la pensava così: «È difficile dire la verità, perché ne esiste sì una sola, ma è viva e possiede pertanto un volto vivo e mutevole» (Lettere a Milena, 1954). Per quanto ci sforziamo di convincerci che dobbiamo adeguare il nostro pensiero alle cose, o le cose al nostro pensiero, rimarremo sempre nell’incertezza: quella sarà sempre e comunque la nostra verità, limitata, particolare, circoscritta.

Ma allora che vuol dire cercare la verità nelle persone anziché nei concetti? Anzitutto significa non pretendere di possederla: le idee sono nostre, e ci crediamo padroni — magari qualcuno pensa anche di poterlo essere delle persone — le relazioni, invece, vivono di libertà, variano, spostano, sfuggono. Ciò equivale a dire che tutto è relativo? Direi piuttosto che tutto è relazionale. Senza relazioni non sappiamo la verità di noi stessi, e poi neanche degli altri, neppure del mondo.

Questo discorso vale soprattutto quando si tratta di dire la verità: si dice più con i fatti che con le parole, proprio nel rapporto con gli altri, dove prima o poi si viene fuori per quel che siamo. Per tale ragione sono necessari attenzione e discernimento continuo. Fa riflettere quanto scriveva il gesuita Baltasar Gracián nel Seicento: «Ciò che vediamo è il meno: viviamo del credito dato ad altri. L’udito è la porta secondaria della verità e quella principale della menzogna. La verità, generalmente, si vede; in rari casi si ode. Poche volte arriva allo stato puro, e ancor meno quando viene da lontano; porta sempre con sé qualcosa dei sentimenti attraverso cui passa; la passione, sia contraria o favorevole, tinge dei suoi occhi ciò che tocca. Tende sempre a impressionare: tiene in gran conto chi loda e ancor più chi biasima. Occorre allora stare molto attenti a scoprire l’intenzione di chi fa da tramite, sapendo prima cosa l’ha mosso. Contrasti, la riflessione, quanto è fatuo e falso» (Oracolo manuale ovvero della prudenza, n. 80).

di Maurizio Gronchi