Volontarie della Croce rossa, saranno beatificate ad Astorga in Spagna

Tre donne laiche
martiri della fede

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28 maggio 2021

Il 29 maggio si terrà nella cattedrale di Astorga la solenne beatificazione delle venerabili serve di Dio María Pilar Guillón e due sue compagne, volontarie infermiere laiche, martiri di Astorga, assassinate in odium fidei a Pola de Somiedo (Asturie) nel 1936, nel quadro della persecuzione religiosa in Spagna negli anni Trenta dello xx secolo. A presiedere la celebrazione a nome del Papa sarà il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi.

María Pilar Guillón Yturriaga aveva 25 anni quando donò la propria vita nel martirio. Madrilena di nascita, era la più grande di quattro fratelli, particolarmente dedita alla sua famiglia, soprattutto alla cura dei genitori. L’esperienza di fede vissuta nella sua casa favorì la sua vita spirituale e il suo impegno nella Chiesa e nella società. A metà luglio 1936, alla vigilia della Guerra civile, viste l’agitazione pubblica e l’ostilità crescente nella capitale spagnola, si trasferì ad Astorga, dove la famiglia aveva una casa in cui era solita trascorrere lunghi periodi.

La sua cugina di secondo grado Octavia Iglesias Blanco era un po’ più grande di lei. Aveva 41 anni quando morì martire. Nata ad Astorga, anche lei crebbe in una famiglia caratterizzata da una profonda religiosità, che la spronava a dedicare buona parte del suo tempo a compiti di apostolato, collaborando come catechista nella sua parrocchia, organizzando l’attività di varie associazioni cristiane e visitando spesso i quartieri bisognosi della città per offrire aiuto.

Olga Pérez-Monteserín Núñez era la più giovane delle tre. Era nata a Parigi, anche se era tornata ad Astorga con i genitori da bambina. Nubile come le sue due compagne, era una giovane estroversa e sorridente, che dimostrava a sua volta grande impegno e vocazione nell’aiutare gli altri. Aveva 23 anni quando fu martirizzata.

Le tre giovani avevano in comune la fede religiosa vissuta nell’ambito familiare e parrocchiale e partecipavano in modo attivo a diverse associazioni come l’Azione cattolica, le Figlie di Maria e l’Apostolato della preghiera. Condividevano inoltre uno speciale senso di solidarietà e di preoccupazione per i bisognosi.

Tutte e tre nei primi mesi della guerra frequentarono un corso intensivo di volontariato sanitario, promosso dalla Croce rossa, che servì loro per tradurre in realtà il desiderio di essere utili sul campo di battaglia assistendo i malati e i feriti.

All’inizio di ottobre, María Pilar, Octavia e Olga furono chiamate come volontarie nell’ospedale del sangue di Puerto de Somiedo, nelle Asturie, vicino al fronte della guerra. Conclusi i giorni di servizio, vollero proseguirlo tenendo conto dell’emergenza della situazione. All’alba del 27 ottobre, l’ospedale subì un attacco. Pur potendo fuggire, rinunciarono a farlo per non abbandonare i feriti, sapendo che così mettevano a rischio la propria vita. I feriti furono fucilati e il personale sanitario fu arrestato.

Le tre infermiere furono condotte, dopo un lungo cammino, a Pola de Somiedo, insieme ad altri prigionieri, che sarebbero stati fucilati poco dopo. Le tre giovani, malgrado il loro rapporto con la Croce rossa, furono consegnate al comitato locale di guerra, e poi ai miliziani che, per tutta la notte, le sottoposero a vessazioni e abusi, pretendendo che rinnegassero la loro fede in cambio della libertà. Il loro chiaro rifiuto non fece che inasprire la violenza che stavano subendo.

Nonostante la tortura e le umiliazioni, le tre giovani non nascosero la loro condizione cristiana e si prepararono alla morte con spirito di fede e pregando; spogliate di tutto, furono trascinate ammanettate per le vie del paese e poi condotte in un prato, dove a mezzogiorno del 28 ottobre 1936 furono fucilate da tre donne miliziane, che si divisero i loro vestiti e mostrarono nei loro confronti particolare crudeltà. Morirono gridando: «Viva Cristo Re!». I loro corpi senza vita furono trascinati tra la derisione di molti e abbandonati fino al calare della notte, quando furono sepolti in una fossa comune.

La fama del martirio delle tre infermiere si diffuse subito nella comunità ecclesiale, al punto che le loro spoglie due anni dopo furono recuperate e traslate nella cattedrale di Astorga, dove si trovano ancora oggi.

Sono trascorsi più di ottant’anni dalla tragica morte di quelle martiri e il loro ricordo non si è spento, anzi è rimasto sempre vivo nel cuore del popolo di Dio, che le ricorda con ammirazione e riconoscenza. A marzo 2006 è stata avviata la causa di beatificazione che si è conclusa l’11 giugno 2019, quando Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto super martyrio.

La vita e il martirio di queste tre donne laiche, infermiere volontarie in momenti particolarmente duri di conflitto, sono un punto di riferimento molto valido per la vita cristiana oggi, in un mondo dove, per esempio, la donna continua a essere denigrata in molti ambiti, dove tanti cristiani continuano a essere perseguitati per la loro fede, e dove ora molta gente semplice, nel vedere minacciata la propria salute dagli effetti della pandemia, apprezza in modo particolare il lavoro dei professionisti del settore sanitario e dei volontari che aiutano disinteressatamente gli altri.

Papa Francesco ha detto che «la persecuzione è il pane quotidiano della Chiesa», che ora beatifica queste tre martiri non solo per il loro coraggio, ma anche per la loro vita cristiana attiva, e le presenta al mondo come esempio di dedizione credente, solidarietà e perdono. Il loro terribile martirio fa appello alla difesa di diritti tanto fondamentali della persona come la libertà religiosa e la libertà di coscienza.

Tutto questo è senza dubbio il grande messaggio che ci trasmetterà la beatificazione di queste tre donne laiche. La loro glorificazione è una buona novella per tutti. Hanno seminato amore, non odio, hanno praticato la carità con tutti, soprattutto con i malati e i bisognosi. Hanno trasmesso il calore della presenza e la luce di Dio in un mondo tante volte buio e privo di umanità.

di José Luis Castro Pérez
Vicario generale di Astorga