Valori ed obiettivi de «Il Telespettatore»

Al servizio della vera cultura

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28 maggio 2021

Cinquecento copertine che raccontano l’evoluzione del rapporto tra cittadini e mezzi di comunicazione: dapprima spettatori ammaliati e passivi ma poi, progressivamente utenti sempre più desiderosi di interagire, di sentirsi parte di quel mondo che si rifletteva e si raccontava per la prima volta nella storia umana attraverso uno schermo. Non semplici destinatari, quindi, accoccolati davanti a quel nuovo focolare che dagli anni Cinquanta aveva cominciato a prendere possesso delle nostre case e delle nostre serate; cittadini piuttosto, che nel corso degli anni, hanno voluto far sentire la propria voce e ne «Il Telespettatore», organo dell’Aiart — l’associazione cittadini mediali nata nel 1954 per iniziativa dell’Azione cattolica — hanno trovato una sponda sensibile e partecipe.

Lo stile, la grafica, l’impaginazione della rivista — diretta in oltre mezzo secolo da giornalisti di grande rilievo come tra gli altri Trasatti, Fallani, Garavaglia, Borgomeo — raccontano questa evoluzione ma è soprattutto interessante seguire l’organizzazione degli spazi critici. Aprendo un numero del 1966 si trova ad esempio un vero e proprio dossier sulla versione televisiva de I Promessi Sposi con al centro un dibattito che coinvolge Paola Pitagora, l’attrice che giovanissima impersonò Lucia e il regista Sandro Bolchi. Erano gli anni d’oro dello sceneggiato televisivo di una Rai monopolista che traeva dai tesori della letteratura lo spunto per la propria narrazione per immagini che voleva anche essere didascalica per il neonato utente. Furoreggiava Alberto Lupo protagonista delle opere tratte dai romanzi di Cronin come La Cittadella E le Stelle stanno a guardare: c’era in sostanza l’idea — promossa sulle pagine de «Il Telespettatore» — che televisione e cultura potessero essere mondi compatibili.

Come organo dell’Aiart, la rivista raccoglieva per di più l’invito a una specifica formazione teorica e pratica al buon uso dei nuovi strumenti di informazione e intrattenimento che proveniva dalle gerarchie ecclesiali. Lo specificava chiaramente l’Inter mirifica, descrivendo le nuove «meravigliose invenzioni tecniche come frutto dell’ingegno umano che però possono offrire grandi vantaggi solo se bene usate».

Nascono così per iniziativa dell’Aiart gruppi provinciali per la formazione di animatori di gruppi di ascolto e parallelamente nelle pagine della rivista ecco i primi interventi degli spettatori che riletti anche a molti anni di distanza sono uno specchio fedele di come si sia formato il loro spirito critico: negli anni Ottanta si esprimono sui nuovi telefilm tra apprezzanti e stroncature. I primi per polizieschi “moderati” come l’immarcescibile ispettore Derrick, le seconde nei confronti dell’arrivo delle telenovelas e dei serial statunitensi.

Facendo un salto in avanti è curioso notare che non sfugge a qualche rilievo critico perfino l’amatissimo Don Matteo. Un giudizio che però cambierà nel tempo. La stessa sorte toccherà a un altro grande successo “per famiglie” come I Cesaroni che viene definito di «una mediocrità scanzonata» e «bonario lassismo».

Venendo al nuovo millennio si accende il dibattito sulla violenza in tv. L’Aiart lancia una raccolta di firme che tocca quota 120 mila e nel 2007 viene presentata al presidente della Repubblica. Sono quelli gli anni dell’ascesa dei videogiochi e anche in questo campo su «Il Telespettatore» compaiono ferme e non moralistiche prese di posizione contro la violenza veicolata da personaggi e situazioni apparentemente ludiche.

Ovviamente la rivista non ha solo la funzione di polemico grillo parlante, ma si fa portavoce anche di posizioni assolutamente all’avanguardia nell’uso e nella fruizione dei mezzi di comunicazione. In questo ambito risulta particolarmente significativo l’impegno per proporre la cosiddetta media-education nelle scuole, che culmina in un convegno del 2020 alla presenza del ministro della Pubblica istruzione. Ma recentissima è anche l’iniziativa per promuovere l’audiolettura per minori con problemi visivi e il lancio online di Orientaserie, uno strumento per una fruizione consapevole nel mare magnum delle fiction che sfruttano le nuove piattaforme come Netflix e Amazon. Su tutto quindi emerge un’attenzione al fruitore che non si limita a una formazione tecnica, neanche semplicemente culturale. «Il Telespettatore» oggi vuole essere «uno spazio di incontro e indagine sulle istanze degli spettatori utenti, ma soprattutto una voce dei senza voce — spiega l’attuale direttrice Maria Elisa Scarcello — il focus di un periodico orientato a educare alla capacità critica, ma soprattutto a raccogliere la viva voce degli spettatori affermando il primato della persona umana».

di Saverio Simonelli