In dialogo
Dalla Pentecoste il suggerimento dello Spirito in tempo di pandemia

Una nuova occasione
per rimuovere le ingiustizie

Scuola di Caspar de Crayer, «La Pentecoste»
26 maggio 2021

La discesa dello Spirito santo a Pentecoste inaugurò, in un evento soprannaturale unico di molteplicità e pluralità di lingue e culture, la costituzione di una nuova comunità attorno al Vangelo del regno di Dio annunciato da Gesù Cristo (Matteo, 4, 17). Dopo il potente messaggio petrino (cfr. Atti degli apostoli, 2, 14-42) che offrì le chiavi di quel Regno (cfr. Matteo, 16, 19), i discepoli prima, e gli ebrei e i proseliti che assistevano alle celebrazioni di Shavout dopo, furono battezzati nel fuoco profetico (cfr. Matteo, 3, 11). La festa che abbiamo da poco celebrato è la chiave ermeneutica del secondo tomo di san Luca (cfr. Atti degli apostoli, 2, 1-13), ma è anche la sequenza illuminante del pellegrinare del popolo di Cristo nei primi anni di vita comunitaria in un contesto segnato da paure, reclusioni, persecuzioni e morte, ma anche da segnali prodigiosi, liberazioni miracolose e una crescita esponenziale dei credenti che entravano a far parte di quella comunità per attrazione spontanea ed esperienza quotidiana: «Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. E intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati» (Atti degli apostoli, 2, 46-48).

Quella nuova comunità formata da Dio doveva necessariamente condurre una vita conforme agli insegnamenti del Maestro. Questi, come le beatitudini, le parabole e i sermoni, erano a quel tempo abbastanza conosciuti perché trasmessi oralmente e annunciavano e istruivano sulle norme di convivenza di quel contro-sistema chiamato regno di Dio. Negli Atti degli apostoli, l’evangelista Luca culmina il suo segmento narrativo con una sintesi illustrativa della vita in comune dei primi cristiani (cfr. 2, 42-47). In generale la teologia ha attribuito a questo secondo sommario lucano le pratiche sacramentali, oggi ecumeniche, per cattolici, ortodossi e protestanti, come l’eucaristia e il battesimo: «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (Atti degli apostoli, 2, 42). In modo analogo, i biblisti hanno considerato l’immagine comunitaria sopra descritta come la sinfonia normativa fondante per tutti i credenti riuniti nella futura ecclesia. «La trasformazione che ha avuto luogo si avverte esaminando questo sommario dove appaiono già i tratti che definiscono la comunità cristiana: l’insegnamento degli apostoli, la comunione dei beni, la frazione del pane e la preghiera. Dal punto di vista letterario, questa sezione è un magnifico esempio della tecnica letteraria di Luca, soprattutto della sua abilità a combinare racconti, discorsi e sommari» (Los cuatro Evangelios, Santiago Guijarro Oporto, Ediciones Sígueme, seconda edizione, pagina 420).

In questo tempo di pandemia i valori della condivisione dei beni si possono tradurre nell’urgenza di offrire generosamente tutti i benefici sanitari, con l’improrogabile sospensione della proprietà intellettuale sui vaccini e nell’attenzione per i bisogni di ciascuno, al fine di tutelare, senza ulteriori indugi, la salute integrale dei più indigenti del pianeta. In altre parole, questo sommario ci sfida oggi in tempo di pandemia a rileggere il nostro ethos ecclesiale e comunitario mondiale per adattarlo alla visione post-pentecostale dei primi membri del popolo nuovo fondato da Cristo. Come ha osservato Papa Francesco: «Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente. Si trasmette a partire dall’idea che la vita migliora se va meglio a me, che tutto andrà bene se andrà bene per me. Si parte da qui e si arriva a selezionare le persone, a scartare i poveri, a immolare chi sta indietro sull’altare del progresso. Questa pandemia ci ricorda però che non ci sono differenze e confini tra chi soffre. Siamo tutti fragili, tutti uguali, tutti preziosi. Quel che sta accadendo ci scuota dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità! Impariamo dalla comunità cristiana delle origini, descritta nel libro degli Atti degli Apostoli. Aveva ricevuto misericordia e viveva con misericordia: “Tutti i credenti avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (Atti degli apostoli, 2, 44-45). Non è ideologia, è cristianesimo» (La vita dopo la pandemia, Libreria Editrice Vaticana).

In altri articoli scritti in precedenza, ho cercato di suggerire che stiamo assistendo all’avvento di una nuova era nella storia dell’umanità. Ho inoltre sostenuto che, dinanzi a questo kronos della storia attuale segnata dalla pandemia, è doveroso vagliare questi eventi con il kairos del Regno di Dio e della sua giustizia. Non pochi hanno descritto i recenti e tristi eventi bellici come “la prima guerra dell’era covid”. Questa situazione esige una visione ecclesiale, ma anche, e in modo improrogabile, uno sguardo interculturale, interconfessionale e interconnesso. In tal senso risulta opportuno rileggere alcuni concetti dell’enciclica Fratelli tutti: «Se non riusciamo a recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni, l’illusione globale che ci inganna crollerà rovinosamente e lascerà molti in preda alla nausea e al vuoto. Inoltre, non si dovrebbe ingenuamente ignorare che “l’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca”. Il “si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti”, e questo sarà peggio di una pandemia» (n. 36).

di Marcelo Figueroa