«Senza offendere nessuno» di Giovanni Scifoni

Caro Jep ti stai sbagliando

L’attore Giovanni Scifoni
26 maggio 2021

Vivere è qualcosa di maledettamente complicato. O forse di “benedettamente” complicato (un ribaltamento di prospettiva che si capisce solo svelando il finale, cosa che ci asterremo dal fare, almeno per il momento).

Meglio raccontare Senza offendere nessuno. Chi non si schiera è perduto (Milano, Mondadori, 2021, pagine 198, euro 18) di Giovanni Scifoni partendo da una scena apparentemente più innocua: un attore vestito da bruco che saltella in un parchetto di Pietralata per far ridere un gruppo di bambini (in questo caso voce narrante e autore coincidono, ma non sarà sempre così, nel libro).

Oppure proponendo per le prossime ristampe — che permetteranno all’autore di comprarsi una pentola per la fonduta, come egli stesso rivela sulla sua pagina Facebook — un altro titolo ancora più adeguato di quello in copertina, Elogio dell’ornitorinco, e spiegando perché questo strano mammifero è stato scelto come animale totem per chi si sente a disagio in qualsiasi categoria sociologica esistente, esistita, o in corso di elaborazione; per chi è allergico a qualsiasi etichetta pre-stampata presente, passata o futura.

Altra avvertenza: le cose raramente sono come sembrano, e accarezzare i caprioli può essere molto, molto pericoloso (per i caprioli, non per gli umani. Ma anche questo si capisce solo leggendo il libro). Ed è meglio non sottovalutare i gorilla, anche da loro c’è molto da imparare; e da invidiare, persino.

Ma torniamo nello zoo popolato di bipedi e di metafore del parchetto di Pietralata. C’era una volta un costume da bruco riempito da un attore che pensava di passare un tranquillo primo maggio con i vicini di casa più piccoli e simpatici del suo quartiere. A volte, però, anche tentare nuoce, fare cose normalissime con la maglietta sbagliata può risultare inaspettatamente nocivo se si incrocia un bisonte tatuato con la luna storta. Tentare nuoce è il titolo di un capitolo del libro, preceduto da Orlando e pregiudizio e seguito da Bestemmia da prete e Perdere l’odore, quando si fa sera; si ride anche solo scorrendo l’indice, nel libro di Scifoni, ma senza quel cinismo triste che cela uno sbadiglio dietro il riflesso Pavlov della battuta. Le occasioni per sorridere nascono dall’abitudine a osservare quello che sembra un dettaglio e permettere alle domande di farsi spazio nei pensieri liberamente, senza paura di portarle alle loro estreme conseguenze. Non a caso la collana di cui fa parte Senza offendere nessuno. Chi non si schiera è perduto si chiama «Ingrandimenti»: ogni cosa, vista abbastanza da vicino, guardata abbastanza a lungo, si rivela interessante. Può succedere di tutto nel microcosmo di un parchetto a Pietralata, il primo maggio; si gioca e si ride insieme, ma prima o poi arrivano i grandi a rovinare tutto, come in ogni parchetto di periferia di qualsiasi città dell’orbe terrestre. Arrivano i grandi a rubare il pallone oppure a trasformare il gioco in rissa con un pretesto qualsiasi (chi leggerà il libro capirà perché, anche qui il rischio spoiler suggerisce di non procedere oltre). Per fortuna ci sono gli ornitorinchi, sparsi dovunque nel mondo, dove non ti aspetti, inaccessibili ad ogni schedatura. Anzi, sorge il dubbio che tutti un po’ lo siamo, ornitorinchi, se visti abbastanza da vicino, proprio perché, come cantava il grandissimo Caetano Veloso, «da vicino nessuno è normale».

A volte, nel grigiore del prevedibile, scrive Scifoni, affiora qualcosa di inaspettato, «un disco si riga, o si inceppa qualcosa, che per uno strano processo magnetico si incasina e mischia le tracce, e viene fuori una canzone storta, nuova, una melodia mai ascoltata».

È raro ma succede, e nascono qua e là nel mondo, in particolari ecosistemi, alcuni animaletti strani «che non riesci a classificare perché hanno il becco d’anatra ma il pelo da donnola, la coda di castoro, il veleno della vipera. Che bestie sono? Sono ornitorinchi. E cosa fanno tutto il giorno? Come camminano? Cosa mangiano? Cosa pensano del testamento biologico gli ornitorinchi?».

Sono animali strani, come Jack Kerouac, che veniva inneggiato dagli hippy di tutto il mondo, ma continuava a definirsi «pazzo cattolico solitario». O come Simone Weil «che andava a messa tutti i giorni ma non si era mai battezzata per “restare vicina agli ultimi, i diseredati di Dio, per essere anatema insieme a loro”; oggi abbiamo un mondo pieno di “non ho bisogno di intermediari, ho un mio rapporto privato con Dio”, un mondo pieno di credenti non praticanti, Simone Weil invece era una meravigliosa non credente praticante».

L’ornitorinco nell’Ottocento ha messo in crisi il mondo scientifico, rischiava di mandare all’aria la teoria evoluzionista, è diventato l’incubo dei darwinisti: «da quale ramo discende? Dagli uccelli? Dai topi? Da quale famiglia proviene, quale parrocchia, quale sede di partito? Gli ornitorinchi sono mammiferi senza capezzoli, hanno i cromosomi incasinatissimi, non ci si capisce niente. Non dovrebbe esistere questa bestiola, è un assurdo biologico. Non puoi fare le uova senza essere un pennuto».

C’è pure un dialogo a distanza con Jep Gambardella, il protagonista de La grande bellezza, o meglio, con la sua battuta più citata, che ci sembra saggezza «ma non è altro che tapina disperazione: “a sessantacinque anni non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare”. Ciò che non ti va di fare — chiosa Scifoni — è proprio stare con la gente, perché ormai pensi che non valga l’investimento del tuo tempo. Ma non tutto è perduto, caro Jep, finché continueranno a esistere gli ornitorinchi».

di Silvia Guidi