In due ballate della rigogliosa tradizione folclorica

Caino e Abele
in salsa scozzese

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22 maggio 2021

L’opera monumentale di Francis James Child, The English and Scottish Popular Ballads, pubblicata in cinque volumi a Boston dal 1882 al 1898, raccoglie, con estrema accuratezza, 305 ballate della tradizione folclorica angloscozzese. Il capillare lavoro del filologo statunitense ispirò quello altresì notevole dell’etnomusicologo inglese Cecil Sharp, che ebbe l’intuizione, in un periodo compreso tra il 1916 e il 1918, di ricercare, nel Sud-Est degli Appalachi, i relitti delle antiche ballate importate dall’Europa sin dalle prime migrazioni settecentesche, vividamente conservate, seppur con evidenti modifiche apportate nei testi, nella memoria collettiva di quelle isolate e piccole comunità rurali, immune al logorio del tempo. Due sono, però, le ballate fiorite in Scozia incluse nel corpus di Child e individuate da Sharp, che incuriosiscono per l’analogia del tema centrale, ovvero l’omicidio del proprio fratello o sorella: Edoardo e Le due sorelle.

Nel 1961, nell’album British Traditional Ballads In The Southern Mountains, volume 2, Jean Ritchie, cantante folk dalla dolce voce sopranile, originaria di Viper, Kentucky, interpretò quella che a oggi rimane la miglior versione di Edoardo, senza accompagnamento strumentale alcuno, per far sì che l’attenzione fosse dedicata esclusivamente alla tragica storia narrata. In questa murder ballad, datata secolo xix , il giovane Edoardo, a seguito di un alterco con suo fratello, lo uccide, portandone sulla veste il sangue come marchio indelebile del terribile assassinio appena compiuto.

La madre, con mesta compostezza, presagendo la macabra verità, chiede a chi appartenga quel sangue dal rosso così vivo: «Come mai quel sangue sulla manica della camicia / Oh, caro amore, dimmi», ed egli, dopo aver tentato invano di celarle l’accaduto, cede, ammettendo la grave colpa: «Oh, è il sangue del mio povero fratello / che venne via con me». C’è da aggiungere che la ballata scelta da Child, a differenza di quella sopravvissuta negli Appalachi, intonata da Jean Ritchie, si conclude con il motivo del testamento, tipico, tra l'altro, della balladry popolare europea (si veda Il Testamento dell'Avvelenato del secolo xvi ), oltre alla morte volontaria dichiarata del fratricida, come espiazione del peccato. Un peccato esecrabile, che ricorda quello primordiale commesso da Caino, primogenito di Adamo ed Eva, nei confronti del fratello Abele; una sempiterna testimonianza della lotta tra il male e il bene. Nonostante il Signore avvisi Caino, «Se tu fai male, il peccato non ti sta forse alla porta? Verso di te è la sua brama, ma tu devi dominarlo» (Genesi 4, 7), offrendogli la libertà di arginare la furia della gelosia che lo avrebbe pervaso, l’uomo peccatore sparge spietatamente il sangue del suo stesso fratello: «E quando furono in campagna, Caino si scagliò contro Abele, e lo uccise» (Genesi 4, 8).

Caino, similmente all’Edoardo scozzese, mente, quando il Signore gli chiede dove sia Abele. «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida dalla terra fino a me! Sii tu maledetto e cacciato dalla terra (...), sarai errabondo e fuggiasco» (Genesi 4, 10-4, 12). Ecco, però, l’immensa misericordia del Signore, sebbene il duro castigo: «Mise un segno su Caino, affinché chiunque lo incontrasse, non lo uccidesse» (Genesi 4, 15), che invece Edoardo si infligge morendo, mettendo piede «in una barca senza fondo, signora madre, e non mi vedrai più».

Come si è accennato, anche in Le due sorelle, ballata probabilmente soggetta alla degenerazione propria della fantasia popolare, e assai conosciuta nell’area angloscandinava, il sangue scorre, in egual modo, copioso. Non si hanno fonti certe sulle origini di questa murder ballad, in cui il tema centrale è un funesto e premeditato sororicidio, alimentato dal fuoco della divorante gelosia; risale, però, al 1656 la prima broadside inglese. Indubbiamente, fu il gruppo folk rock Pentangl, nel 1970, a rispolverare degnamente questa cupa ballata, nota altresì come La sorella crudele, donandole, si può dire, un’atmosfera di drammaticità puramente medievale, grazie anche al sapiente uso della strumentazione (sitar, chitarra folk, dulcimer, contrabbasso) ed alla delicata limpidezza della voce di Jacqui McShee. Stavolta sulla riva ventosa del Mare del Nord si consuma il delitto: come Caino, la sorella maggiore, dai fluenti capelli neri, quasi a figurare l’oscurità dell’anima, con l’inganno attira la minore, bionda e radiosa come il sole, spingendola in quelle fredde acque.

A nulla valgono le urla e le disperate preghiere di lasciarla vivere; l’implacabile sorella, colma d’invidia per l’amore che un bel cavaliere aveva riservato alla più piccola, con tale ferocia la lascia annegare. «Due menestrelli camminavano lungo la spiaggia / e videro la fanciulla galleggiare / presero tre ciocche dei suoi capelli dorati / e v’incordarono l'arpa» per farle cantare, pietosamente, il suo dolore.

di Marta D’Ambrosio