Atlante - Cronache di un mondo globalizzato

Uno spiraglio di luce

Alcune appartenenti al movimento di donne israeliane e arabe Women Wage Peace  riunite  a Gerusalemme il 27 luglio 2017 in uno dei loro incontri per chiedere una pace duratura  in quella martoriata terra  (Gali Tibbon /Afp)
21 maggio 2021

Lo sforzo della diplomazia ha dato i suoi frutti: Israele e la Striscia di Gaza hanno raggiunto una tregua dopo undici terribili giorni di guerra. Il lento lavoro della mediazione e del dialogo è riuscito ad aprire uno spiraglio di luce in un momento critico non solo per i fragili equilibri del Medio oriente, ma anche per il futuro della geopolitica globale. Un esito auspicato da Papa Francesco che è più volte intervenuto sulla crisi di Gaza mettendo in rilievo l’insensatezza dell’odio e della vendetta. E la necessità della preghiera, come ribadito oggi, durante la presentazione delle credenziali dei nuovi ambasciatori: «Colgo l’occasione per chiedere a tutti i pastori e i fedeli della Chiesa Cattolica di unirsi a loro in preghiera. Che si elevi in ogni comunità la supplica allo Spirito Santo affinché israeliani e palestinesi possano trovare la strada del dialogo e del perdono, per essere pazienti costruttori di pace e di giustizia, aprendosi, passo dopo passo, a una speranza comune, a una convivenza tra fratelli» ha detto il Papa.

La radice della recente escalation è molto lontana. Gli scontri, come noto, sono scoppiati in seguito alle proteste dei palestinesi che abitano nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est. Questo quartiere è abitato prevalentemente da arabi ed è rivendicato come territorio palestinese. La disputa risale addirittura alla fine degli anni ‘50, quando i palestinesi presero in affitto diversi isolati di quest’area di Gerusalemme dalla Giordania che a quel tempo controllava il territorio. Il contratto di locazione era di 4 anni, ma non venne mai prolungato ufficialmente. Nel 1972, dunque 5 anni dopo la Guerra dei sei giorni, alcuni israeliani intentarono una causa per sfrattare i palestinesi da Sheikh Jarrah e stabilirvi famiglie ebree. Poche settimane fa, all’inizio di maggio, dopo circa 40 anni, è arrivata la decisione della Corte suprema israeliana di sfrattare sette famiglie palestinesi. Di qui l’inizio delle proteste, scoppiate nella notte del 6 maggio. Gli scontri si sono quindi estesi a macchia d’olio, non solo a Gaza. Città e villaggi in Israele e in Palestina sono stati teatro nelle ultime settimane di proteste, scontri, scioperi. È stata una sollevazione generale, che ha coinvolto tutti gli strati della popolazione locale, anche gli arabi-israeliani.

Ora, dopo undici giorni di bombardamenti israeliani e razzi palestinesi, gli interrogativi sono purtroppo ancora tanti. Resta da capire quanto durerà questa sospensione dei combattimenti e se ad essa si accompagnerà un dialogo proficuo tra le due parti in causa. Resta da capire come avverrà la ricostruzione della Striscia di Gaza, dove oltre cinquantamila persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e dipendono dagli aiuti umanitari. Una situazione, questa, complicata dalla pandemia ancora in corso. Resta da capire, infine, quale tipo di futuro attende israeliani e palestinesi e come la soluzione dei due Stati per due popoli — sostenuta dalle Nazioni Unite — sarà raggiunta.

La strada da percorrere è stata indicata chiaramente da Papa Francesco, che infatti nel Regina caeli del 16 maggio ha citato il Documento sulla Fratellanza Umana, firmato nel 2019 insieme al Grande Imam di Al-Azhar. La risposta alla violenza può essere soltanto il dialogo basato sul rispetto reciproco. In questo, le religioni possono giocare un ruolo essenziale ed essere «ponti tra i popoli» per incoraggiare e rafforzare il lavoro della diplomazia. In altre parole, per dare luogo alla vera politica, come ha ricordato ieri il Papa nella visita alla sede romana di Scholas Occurrentes. «L’amore è politico, cioè sociale per tutti. E quando manca questa universalità dell’amore la politica cade, si ammala o diventa cattiva. Quando mi parlano di come sta la politica nel mondo, io dico: guardate dove ci sono le guerre, lì c’è la sconfitta della politica».

di Luca M. Possati