Rapporto di Caritas italiana sull’emergenza pandemia

Risposte al bisogno
per una nuova speranza

 Risposte al bisogno per una nuova speranza  QUO-112
20 maggio 2021

Quasi una persona su quattro nella Penisola è un “nuovo povero”, cioè non ha mai chiesto aiuto in precedenza per la sua situazione economica alla rete Caritas, per un totale di 132.717 persone, il 60,4% delle quali è di nazionalità italiana: complessivamente, dal maggio 2020 ad oggi, in oltre un anno di pandemia, si sono rivolti alle Caritas 453.731 nuovi poveri. Sono i dati allarmanti raccolti nel quarto monitoraggio realizzato dall’organizzazione ecclesiale sulla persistente emergenza pandemica e sulle risposte attivate nel territorio a un anno dalla cosiddetta “Fase 2”: una rilevazione sui bisogni, le vulnerabilità, ma anche le reazioni e le speranze di questo tempo difficile che sta producendo effetti sempre più negativi sulla condizione socio-economica dell’Italia e di altri Paesi. Al monitoraggio hanno partecipato 190 Caritas diocesane, pari all’87,1% del totale, avendo come obiettivo quello di indagare quanto avvenuto nei territori diocesani da settembre 2020 a marzo 2021. Sette mesi nel corso dei quali, accanto al perdurare delle situazioni di contagio, sono emersi evidenti segnali di ripresa e l’attivazione di nuove forme di sostegno a favore di persone, famiglie e imprese colpite a vari livelli dalla diffusione del virus. Nei 211 giorni che vanno dal 1° settembre 2020 al 31 marzo 2021, si legge nel dossier, le Caritas hanno accompagnato 544.775 persone, in maggioranza donne (53,7%) e italiani (57,8%).

Quasi tutte le sezioni interpellate hanno evidenziato come, accanto a situazioni legate ai bisogni fondamentali della persona, il lavoro e la casa a esempio, sono comparsi bisogni inerenti alla sfera formativa e al disagio psico-sociale, che colpiscono soprattutto le donne (93,2%) e i giovani (92,1%) per quanto riguarda soprattutto le difficoltà legate al precariato. Accanto ad esse, è rilevante il numero di quanti, singoli o famiglie, hanno denunciato difficoltà abitative (84,2%), povertà educativa (abbandono, ritardo scolastico, difficoltà a seguire le lezioni, che sono l’80,5%), disagio psico-sociale dei ragazzi (80,5%) che va di pari passo con quello lamentato da anziani e da donne, entrambi indicati dal 77,4% delle Caritas, povertà minorile (66,3%), rinuncia o rinvio dell’assistenza sanitaria ordinaria, cioè non legata al covid (66,8%), e violenze domestiche (51,1%).

Le persone più frequentemente aiutate dalla Caritas, viene puntualizzato nel monitoraggio, sono state in gran parte quelle con un’occupazione irregolare bloccata a causa della pandemia (61,1%), lavoratori precari o saltuari che non hanno potuto godere di ammortizzatori sociali (50%), autonomi o stagionali in attesa delle misure di sostegno (40,5%) e dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o cassa integrazione in deroga (35,8%). Gli ambiti e i settori economici che hanno risentito maggiormente della crisi economica correlata al Covid sono stati soprattutto quelli della ristorazione, segnalati dal 94% delle Caritas, seguiti dal settore turistico-alberghiero (77,4%). La maggioranza assoluta delle diocesi segnala anche la difficoltà degli esercizi commerciali (64,2%) e delle attività culturali, artistiche e dello spettacolo (53,2%).

Un quadro non felice ma di fronte al quale diverse sono state le risposte per alleggerire la situazione, si precisa nel report. Accanto ai servizi relativi ad aiuti materiali vengono segnalate infatti attività di tipo formativo e orientativo, con 149 diocesi (il 78,4%) che hanno attivato dei fondi specifici di sostegno economico alle famiglie in difficoltà mentre altre 140 (il 73,7%) hanno svolto attività di orientamento e informazione sulle misure assistenziali promosse da amministrazioni centrali e territoriali come reddito di emergenza e di cittadinanza, bonus per gli autonomi e per gli affitti oltre a quelli alimentari, bonus alimentari, cassa integrazione, vari benefit regionali e altro ancora. Significativo poi il contributo dato da 116 diocesi (61,1%) per l’attivazione di interventi specifici sul fronte del lavoro come istituzione di borse, tirocini di inserimento professionale, formativi, percorsi di riqualificazione, convenzioni con aziende o soggetti terzi per inserimenti lavorativi, sportelli di orientamento. Ampiamente considerato anche l’ambito educativo con interventi mirati a distribuzione di tablet, personal computer, connessioni e device per scuole e famiglie meno abbienti, all’acquisto di libri e materiale scolastico, pagamento di rette, sostegno educativo a distanza e progetti contro l'abbandono scolastico. Sessantuno sono invece le diocesi che hanno attivato dei fondi diocesani di sostegno economico alle piccole imprese.

In tutto questo, va inoltre evidenziata la presenza di progetti e attività innovative che hanno saputo definire percorsi alternativi di presa in carico. È il caso del sostegno ai giostrai, ai circensi, ai venditori ambulanti, delle attività di recupero dei beni alimentari, delle nuove modalità di approccio al fenomeno delle persone senza dimora, dell’ascolto a distanza, degli ambulatori e dei servizi di tipo sanitario.

di Rosario Capomasi