La settimana di Papa Francesco

Il magistero

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20 maggio 2021

Venerdì 14


C’è bisogno di relazioni umane non virtuali

Riscontriamo troppo spesso un degrado delle relazioni umane e una mancanza di modelli degni di fiducia per i giovani in cerca di formazione.
Questa situazione è resa ancora più precaria dalla crisi sanitaria attuale, che ha ridotto le possibilità di incontrarsi per fraternizzare e tessere nuove amicizie.
Davanti a tutte queste difficoltà, il vostro movimento scout è un segno di incoraggiamento per i giovani, perché li invita a sognare e ad agire, ad avere il coraggio di guardare con speranza al futuro.
Attraverso la vostra pedagogia del fratello e della sorella maggiori che proteggono e accompagnano i più piccoli, li aiutate pazientemente a scoprire e a far fruttificare i talenti ricevuti dal Signore.
Lo scout, con la sua disponibilità al servizio del prossimo, è anche chiamato a lavorare per una Chiesa più “estroversa” e per un mondo più umano.
Voi avete a questo scopo la nobile missione di testimoniare dovunque siete che, con la vostra fede e il vostro impegno, potete valorizzare la ricchezza delle relazioni umane e fare di esse un bene comune che aiuta un rinnovamento sociale.
Vi esorto a essere cristiani dinamici e scout fedeli! Lo sarete cercando di essere coerenti con i valori che portate, avendo convinzioni forti, basate sul Vangelo, in  spirito di apertura agli altri.
Grazie al rapporto con la natura, portate il messaggio che rispetto dell’altro e dell’ambiente vanno di pari passo.
Vi invito a non scoraggiarvi davanti agli egoismi, a non chiudervi in voi stessi, a non essere giovani inerti, senza ideali e senza sogni.
Il Signore vi chiama a portare senza paura l’annuncio missionario, dove vi trovate, tra i giovani, nei quartieri, nello sport, quando uscite con gli amici, nel volontariato e nel lavoro.
Sempre e dovunque condividete la gioia del Vangelo! Il Signore desidera che siate suoi discepoli e diffondiate luce e speranza, perché conta sulla vostra audacia, sul vostro coraggio e il vostro entusiasmo.
Vi incoraggio nel vostro sforzo per fare dello scoutismo cattolico un movimento di seminatori di speranza.

(Agli Scouts Unitaires de France)


Sabato 15


Servire insieme questa è fratellanza

Grazie per questo lavoro che fate da anni, dalla celebrazione nel 1992 a Bari. Oggi è un incontro sul tema della fraternità: un incontro di dialogo fraterno.
La guida sarà quella Parola del Signore: «Va’ dai miei fratelli e di’ loro (che) io salgo al Padre mio e Padre vostro».
Gesù ci invia ad annunciare che è con noi, è davanti al Padre, ci accompagna; e come cristiani, senza esplicitare le divisioni che ancora ci sono ma che non ci impediscono di lavorare insieme, camminare insieme, lavarci i piedi l’un l’altro.

(Videomessaggio alla Consultazione carismatica italiana)


Domenica 16


Artigiani di pace dove ci sono violenza e odio

Nelle ultime ore della sua vita, Gesù prega... impariamo anche noi ad attraversare i momenti drammatici e dolorosi. Fermiamoci su un verbo: custodire.
Mentre il vostro amato Paese è segnato dalla violenza, dal conflitto, dalla repressione, ci domandiamo: cosa siamo chiamati a custodire?

Custodire la fede

Per non soccombere al dolore e non precipitare nella rassegnazione di chi non vede più una via d’uscita.
Gesù alza lo sguardo verso Dio. Non abbassa la testa davanti al male, non si lascia schiacciare dal dolore, non si ripiega nell’amarezza di chi è sconfitto e deluso, ma guarda in alto.
Custodire la fede è tenere lo sguardo alto verso il cielo mentre sulla terra si combatte e si sparge il sangue innocente.
È non cedere alla logica dell’odio e della vendetta, ma restare con lo sguardo rivolto a quel Dio dell’amore che ci chiama ad essere fratelli.
La preghiera ci apre alla fiducia in Dio anche nei momenti difficili, ci aiuta a sperare contro tutte le evidenze, ci sostiene nella battaglia quotidiana. Non è una fuga, un modo per scappare dai problemi.
È l’unica arma che abbiamo per custodire l’amore e la speranza in mezzo a tante armi che seminano morte.
Non è facile alzare lo sguardo quando siamo nel dolore, la fede ci aiuta a vincere la tentazione di ripiegarci su noi stessi!
Vorremmo protestare, gridare la nostra sofferenza anche a Dio: non dobbiamo avere paura, anche questa è preghiera.
Diceva un’anziana ai suoi nipoti: “Anche arrabbiarsi con Dio può essere una preghiera”.
In certi momenti, è una preghiera che Dio accoglie più delle altre perché nasce da un cuore ferito, e il Signore sempre ascolta il grido del suo popolo e asciuga le sue lacrime. Non smettete di guardare in alto.

Custodire l’unità

Gesù conosceva il cuore dei suoi discepoli; a volte li aveva visti discutere su chi dovesse essere il più grande, chi dovesse comandare. Questa è una malattia mortale: la divisione.
Spesso siamo divisi anche in noi stessi; la sperimentiamo nelle famiglie, nelle comunità, tra i popoli, perfino nella Chiesa.
Sono tanti i peccati contro l’unità: le invidie, le gelosie, la ricerca di interessi personali invece che del bene di tutti, i giudizi contro gli altri.
E questi piccoli conflitti che ci sono tra di noi si riflettono nei grandi conflitti, come quello che vive in questi giorni il vostro Paese.
Quando gli interessi di parte, la sete di profitto e di potere prendono il sopravvento, scoppiano sempre scontri e divisioni.
La divisione viene dal diavolo che è il divisore, il grande bugiardo che divide.
Siamo chiamati a prendere sul serio questa accorata supplica di Gesù al Padre: essere una cosa sola, formare una famiglia, avere il coraggio di vivere legami di amicizia, di amore, di fratellanza.
Quanto bisogno c’è, soprattutto oggi, di fraternità! So che alcune situazioni politiche e sociali sono più grandi di voi, ma l’impegno per la pace e la fraternità nasce sempre dal basso: ciascuno, nel piccolo, può fare la sua parte.
Ciascuno può impegnarsi a essere, nel piccolo, un costruttore di fraternità, a essere seminatore di fraternità, a lavorare per ricostruire ciò che si è spezzato invece che alimentare la violenza.
Siamo chiamati a farlo, anche come Chiesa: promuoviamo il dialogo, il rispetto per l’altro, la custodia del fratello, la comunione!
Non lasciamo entrare nella Chiesa la logica dei partiti, che divide, che mette al centro ognuno di noi, scartando gli altri. Questo distrugge.

Custodire la verità

Non significa difendere delle idee, diventare guardiani di un sistema di dottrine e di dogmi, ma restare legati a Cristo.
Gesù prega perché i discepoli non seguano i criteri di questo mondo. Che non si lascino affascinare dagli idoli, ma custodiscano l’amicizia con Lui; che non pieghino il Vangelo alle logiche umane, ma custodiscano integro il suo messaggio.
A volte, noi cristiani cerchiamo il compromesso, ma il Vangelo ci chiede di essere nella verità e per la verità, donando la vita per gli altri.
Dove c’è guerra, violenza, odio, essere fedeli al Vangelo e artigiani di pace significa impegnarsi, anche attraverso le scelte sociali e politiche, rischiando la vita. Solo così le cose possono cambiare.
Il Signore non ha bisogno di gente tiepida... perché possiamo testimoniare la gioia del Regno di Dio anche nella notte buia del dolore e quando il male sembra più forte.
Oggi voglio portare sull’altare del Signore le sofferenze del vostro popolo e pregare con voi perché Dio converta i cuori di tutti alla pace.
La preghiera di Gesù ci aiuti a custodire la fede anche nei momenti difficili, a essere costruttori di unità, a rischiare la vita per la verità del Vangelo.
Per favore non perdete la speranza.

(Messa per la comunità dei fedeli del Myanmar residenti a Roma)

Ascensione

Oggi, in Italia e in altri Paesi, si celebra la solennità dell’Ascensione del Signore. La conclusione del Vangelo di Marco presenta l’ultimo incontro del Risorto con i discepoli prima di salire al Padre.
Di solito le scene di addio sono tristi, procurano a chi resta un sentimento di smarrimento, di abbandono; invece tutto ciò ai discepoli non accade... essi non si mostrano sconsolati, anzi, sono gioiosi e pronti a partire missionari nel mondo.
Perché l’ascensione completa la missione di Gesù in mezzo a noi. Infatti, se è per noi che Gesù è disceso dal cielo, è sempre per noi che vi ascende.
Dopo essere disceso nella nostra umanità e averla redenta, il Figlio di Dio ora ascende al cielo portando con sé la nostra carne.

Il primo uomo che entra nel cielo

È il primo uomo che entra nel cielo, perché Gesù è uomo, vero uomo, è Dio, vero Dio; la nostra carne è in cielo e questo ci dà gioia. Alla destra del Padre siede ormai un corpo umano, per la prima volta, il corpo di Gesù, e in questo mistero ognuno di noi contempla la propria destinazione futura. Non si tratta di un abbandono, Gesù rimane per sempre con i discepoli, con noi. Rimane nella preghiera, perché Lui, come uomo, prega il Padre, e come Dio, uomo e Dio, Gli fa vedere le piaghe, le piaghe con le quali ci ha redenti. Gesù è lì, con la nostra carne: è uno di noi, Dio uomo, e prega per noi. Questo deve dare sicurezza, una grande gioia! Il secondo motivo di gioia è la promessa: “Vi invierò lo Spirito Santo”. E  con lo Spirito si fa quel comandamento che Lui dà nel congedo: “Andate nel mondo, annunziate il Vangelo”. Sarà la forza dello Spirito Santo che ci porta nel mondo, a portare il Vangelo. È  lo Spirito Santo che ha reso possibile che tutti noi siamo oggi così.Chiediamo a Maria, Regina del Cielo, di aiutarci a essere nel mondo testimoni coraggiosi del Risorto nelle situazioni concrete della vita.

Beatificato Francesco Maria della Croce (Jordan)

Saluto i pellegrini di diverse Nazioni che ieri, qui a Roma in San Giovanni in Laterano, hanno partecipato alla Beatificazione del sacerdote Francesco Maria della Croce, fondatore dei religiosi Salvatoriani e delle religiose Salvatoriane.
Egli fu instancabile annunciatore del Vangelo, utilizzando ogni mezzo che la carità di Cristo gli ispirava.
Il suo zelo apostolico sia di esempio e di guida a quanti nella Chiesa sono chiamati a portare la parola e l’amore di Gesù in ogni ambiente.

(Regina caeli con i fedeli in piazza San Pietro)


Lunedì 17


“A portata di tiro” dello Spirito

Desidero ringraziare per questo seminare continuamente l’inquietudine di comprendere la ricchezza della vita consacrata e farla fruttificare. Non solo comprendere, ma viverla. Non solo teoria, no, pratica.
Nella vita consacrata si comprende camminando, come sempre. Si comprende consacrandosi ogni giorno. Si comprende nel dialogo con la realtà.
Quando la vita consacrata perde questa dimensione di dialogo con la realtà e di riflessione su quanto succede, inizia a diventare sterile.
Io m’interrogo sulla sterilità di alcuni istituti di vita consacrata, la causa, generalmente sta nella mancanza di dialogo e di impegno con la realtà.

Per continuare a camminare nella realtà

Non lasciate che accada. La vita consacrata è sempre un dialogo con la realtà. Qualcuno dirà: “sì, ora questa forma moderna”. No! Pensiamo a santa Teresa. Santa Teresa vide la realtà e fece una scelta di riforma e andò avanti.
Poi, nel corso del cammino, ci furono tentativi di trasformare quella riforma in chiusura, sempre ci sono. Ma la riforma è sempre cammino, è cammino in contatto con la realtà e orizzonte sotto la luce di un carisma fondazionale.
È triste vedere come alcuni istituti, per trovare una certa sicurezza, per potersi controllare, siano caduti in ideologie di qualsiasi tendenza, di sinistra, di destra, di centro, qualsiasi.
Quando un istituto si riformula del carisma nell’ideologia perde la sua identità, perde la sua fecondità.
Mantenere vivo il carisma fondazionale è mantenerlo in cammino e in crescita, in dialogo con quello che lo Spirito ci viene dicendo nella storia dei tempi, nei luoghi, in diverse epoche, in diverse situazioni.
Comporta discernimento e preghiera. Non si può mantenere un carisma fondazionale senza coraggio apostolico, ossia senza camminare, senza discernimento e senza preghiera.
Non perderci in formalismi, in ideologie, in paure, in dialoghi con noi stessi e non con lo Spirito Santo.
Non abbiate paura dei limiti! Non abbiate paura delle frontiere! Non abbiate paura delle periferie! Perché lì lo Spirito vi parlerà. Mettetevi “a portata di tiro” dello Spirito.

(Videomessaggio per la 50a Settimana nazionale per gli istituti di vita consacrata in Spagna)


Mercoledì 19


Pregare in tempi difficili

In questa catechesi ci riferiamo all’esperienza vissuta della preghiera, cercando di mostrarne alcune difficoltà, che vanno identificate e superate. Pregare non è facile: ci sono tante difficoltà. Bisogna conoscerle.

Distrazione

Il primo problema è la distrazione. Tu incominci a pregare e poi la mente gira, gira per tutto il mondo.
La mente umana fatica a soffermarsi a lungo su un solo pensiero.
Tutti sperimentiamo questo continuo turbinio di immagini e di illusioni in perenne movimento, persino durante il sonno. Non è bene dare seguito a questa inclinazione scomposta.
La lotta per mantenere la concentrazione non riguarda solo la preghiera. Se non si raggiunge... non si può studiare con profitto e nemmeno lavorare bene.
Gli atleti sanno che le gare non si vincono solo con l’allenamento fisico ma anche con la disciplina mentale: soprattutto con la capacità di mantenere desta l’attenzione. Le distrazioni non sono colpevoli, però vanno combattute.
Nel patrimonio della nostra fede c’è una virtù che spesso viene dimenticata, ma che è tanto presente nel Vangelo. Si chiama “vigilanza”. 
Santa Teresa chiamava questa immaginazione che gira, gira nella preghiera, “la pazza della casa”: dobbiamo fermarla e ingabbiarla, con l’attenzione.

L’aridità

Ci fa pensare al Venerdì Santo, alla notte e al Sabato Santo: Gesù non c’è, è nella tomba; siamo soli. E questo è il pensiero-madre dell’aridità. Non sappiamo quali siano le ragioni: può dipendere da noi, ma anche da Dio. O, a volte, può essere un mal di testa o  di fegato che impedisce di entrare nella preghiera. I maestri spirituali descrivono l’esperienza della fede come un continuo alternarsi di tempi di consolazione e di desolazione; momenti in cui tutto è facile, mentre altri sono segnati da pesantezza.  Tante volte siamo “giù”, non abbiamo sentimenti, non abbiamo consolazioni, non ce la facciamo. Sono giorni grigi e ce ne sono, tanti, nella vita! Ma il pericolo è avere il cuore grigio: quando questo “essere giù” arriva al cuore e lo ammala, e c’è gente che vive con il cuore grigio. Questo è terribile: non si può pregare, non si può sentire la consolazione con il cuore grigio! Non si può portare avanti un’aridità spirituale con il cuore grigio. Il cuore dev’essere aperto e luminoso, perché entri la luce del Signore. E se non entra, bisogna aspettarla con speranza. Ma non chiuderla nel grigio.

Accidia

Diversa è l’accidia, un altro difetto, un altro vizio, che è una vera e propria tentazione contro la preghiera e, più in generale, contro la vita cristiana. L’accidia è uno dei sette “vizi capitali” perché, alimentato dalla presunzione, può condurre alla morte dell’anima.Come fare dunque in questo succedersi di entusiasmi e avvilimenti? Si deve imparare a camminare sempre. Il vero progresso della vita spirituale non consiste nel moltiplicare le estasi, ma nell’essere capaci di perseverare in tempi difficili. E se sei stanco, fermati un po’ e torna a camminare. Ma con perseveranza. Tutti i santi sono passati per questa “valle oscura”, e non scandalizziamoci se, leggendo i loro diari, ascoltiamo di serate di preghiera svogliata, senza gusto. Bisogna imparare a dire: “Anche se Tu, Dio, sembri far di tutto perché io smetta di credere, invece continuo a pregarti”. I credenti non spengono mai la preghiera! Essa a volte può assomigliare a quella di Giobbe, il quale non accetta che Dio lo tratti ingiustamente, protesta. Ma, tante volte, anche protestare  è un modo di pregare o, come diceva quella vecchietta, “arrabbiarsi con Dio è un modo di preghiera, pure”, perché tante volte il figlio si arrabbia con il papà: è un modo di rapporto con il papà.È la preghiera che fanno i bambini quando incominciano a non capire le cose e gli psicologi la chiamano “l’età dei perché”, perché il bambino domanda: “Papà, perché?”. Ma stiamo attenti: il bambino non ascolta la risposta. Il papà incomincia a rispondere e il bambino arriva con un altro perché.  vuole attirare su di sé lo sguardo del papà.

(Udienza generale al cortile di San Damaso)