Trent’anni fa veniva pubblicato il documento «Dialogo e Annuncio»

Per dare continuità all’apertura e alla sensibilità del Concilio
verso le altre religioni

Cesarino Monti «Il concilio Vaticano II» (1968)
19 maggio 2021

Il 19 maggio ricorre il 30° anniversario del documento Dialogo e Annuncio: Riflessioni e orientamenti sul dialogo interreligioso e l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo (da) pubblicato congiuntamente da due dicasteri della Curia romana, il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso (pcdi) e la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Il pcdi ha discusso il processo di composizione di da in due assemblee plenarie (1987, 1990). Da notare che da è nato cinque mesi dopo la pubblicazione dell’enciclica Redemptoris missio (Rm) di Papa Giovanni Paolo II. Inoltre, da è stato pubblicato in occasione del 25° anniversario della dichiarazione Nostra aetate (Na) (da 1) con l’intenzione di dare continuità all’apertura e alla sensibilità del concilio verso le altre religioni.

Nella stessa linea, da , riferendosi alla magna carta del dialogo interreligioso, Na — la dichiarazione del concilio Vaticano ii sul rapporto della Chiesa con le altre religioni — sottolinea l’importanza tanto del dialogo interreligioso quanto dell’annuncio nella missione evangelizzatrice. Inoltre, cita spesso il documento Dialogo e Missione. L’atteggiamento della Chiesa verso i seguaci delle altre religioni: riflessioni e orientamenti sul dialogo e la missione ( dm ), pubblicato dal Segretariato vaticano per i non cristiani (ora Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso) nel 1984. dm includeva per la prima volta il dialogo «con i seguaci di altre tradizioni religiose per camminare insieme verso la verità e lavorare insieme in progetti di interesse comune» tra i cinque elementi principali della missione della Chiesa ( dm 13). Questi cinque elementi principali sono: i ) la semplice presenza e la testimonianza viva della vita cristiana; ii ) il servizio all’umanità per lo sviluppo sociale; iii ) la vita sacramentale e liturgica e la preghiera; iv ) il dialogo con le altre religioni; v ) l’annuncio. Tuttavia, dm non si pronuncia sulla relazione reciproca tra dialogo e annuncio e la missione evangelizzatrice della Chiesa. da intende colmare questa lacuna.

Struttura del documento


La struttura generale del documento è composta da tre parti principali:

i . Dialogo interreligioso (14-54)

ii . Annunciare Gesù Cristo (55-76)

iii . Dialogo interreligioso e annuncio (77-86)

Ragioni per il dialogo e l’annuncio


da
vede sia il dialogo che l’annuncio come una «realtà unica, ma complessa» ( dm 13, da 2). Studia le caratteristiche di ciascuna e poi la loro relazione reciproca. Perché da ha intrapreso uno studio sulla relazione tra dialogo e annuncio? Le ragioni sono le seguenti:

i ) Una nuova consapevolezza della pluralità religiosa e del ruolo importante svolto dalle tradizioni religiose;

ii ) Stimolare il dialogo interreligioso dove c’è esitazione;

iii ) Fornire una guida dottrinale e pastorale della missione della Chiesa in modo da eliminare concezioni errate quali: il dialogo sostituisce semplicemente l’annuncio oppure l’annuncio del Vangelo ha perso la sua urgenza e, di conseguenza, portare le persone nella comunità della Chiesa è diventato secondario o addirittura superfluo? L’altro estremo è rappresentato dal fatto che alcuni non riconoscono il dialogo interreligioso come un elemento della missione della Chiesa (cfr. da 4);

iv ) La Giornata di preghiera per la pace ad Assisi nel 1986 e l’unità fondamentale del genere umano, nella sua origine e nel suo destino, e il ruolo della Chiesa come segno efficace di questa unità (cfr. da 5).

Definizione di evangelizzazione, dialogo e annuncio


Entrambi i documenti, Rm e da , sottolineano che la missione e il dialogo non sono in conflitto tra loro e che la Chiesa ha il dovere fondamentale di collegare i due elementi nel contesto della sua missione verso le persone di altre fedi. Questi due elementi devono mantenere sia la loro intima connessione che la loro distinzione ( Rm 55, da 77).

Fin dall’inizio, Dialogo e Annuncio definisce chiaramente questi termini essenziali: evangelizzazione, dialogo, annuncio, conversione, tradizioni religiose ( da 8-13). L’evangelizzazione è intesa come la missione della Chiesa nella sua totalità, mentre l’annuncio è più specifico, essendo la comunicazione del messaggio evangelico come un invito a un impegno di fede in Gesù Cristo e all’ingresso nella Chiesa attraverso il battesimo ( da 10). Per dialogo si intendono «tutte le relazioni interreligiose positive e costruttive con individui e comunità di altre fedi che sono dirette alla comprensione e all’arricchimento reciproci, nell’obbedienza alla verità e nel rispetto della libertà» ( da 9). L’annuncio è considerato il fondamento, il centro e il vertice dell’evangelizzazione.

Caratteristiche salienti di «Dialogo e Annuncio»


Il messaggio di da è sempre attuale.

Ricordiamo brevemente alcuni punti salienti:

1. Le tradizioni religiose sono viste in positivo: infatti, le si guarda alla luce del Vaticano ii . «Esse esigono il nostro rispetto perché nel corso dei secoli hanno testimoniato gli sforzi per trovare risposte “ai reconditi enigmi della condizione umana” ( Na 1)» ( da 14). A sostegno di questa valutazione positiva, da cita gli insegnamenti del concilio Vaticano ii : la salvezza in Gesù Cristo è aperta a tutte le persone di buona volontà ( Gs 22) ( da 14); la presenza in queste tradizioni di «un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini ( Na 2)» e dei «semi del Verbo» che un Dio generoso ha distribuito tra le nazioni (cfr. Ad gentes 11). Ricchezze che si «trovano seminate» non solo «nel cuore e nella mente», ma anche «nei riti e culture proprie dei popoli» (cfr. Lumen gentium 17) ( da 16). «Lo Spirito Santo operava nel mondo prima ancora che Cristo fosse glorificato» (Ad gentes 4) ( da 17). Il bene o la verità in altre tradizioni religiose è visto come una preparazione al Vangelo (cfr. Lumen gentium 16). Questo riconoscimento spinge la Chiesa ad entrare in «dialogo e collaborazione» ( Na 2; cfr. Gaudium et spes 92-93) ( da 17).

2. Fondamento scritturale del dialogo: sin dall’inizio della creazione Dio ha stipulato un’Alleanza con tutti i popoli (Gn 1-11). Questo dimostra che c’è un’unica storia della salvezza per tutta l’umanità che vede il suo compimento finale in Gesù Cristo (cfr. da 19). Questa salvezza si estende oltre il popolo eletto per includere tutte le nazioni (cfr. da 20). Gesù annuncia che il regno di Dio è aperto a tutti — al popolo eletto così come ai gentili (cfr. da 22).

3. Fondamento patristico del dialogo: troviamo alcuni riferimenti alla dottrina di Giustino dei semi seminati dal Logos divino tra le nazioni, alla visione di Ireneo dell’auto-manifestazione di Dio attraverso il Figlio in tutta la storia, anche prima dell’incarnazione, e alla visione di Clemente Alessandrino dell’alleanza di Dio con la “filosofia” greca come un trampolino di lancio verso quella filosofia che è secondo Cristo ( da 24).

4. Storia della salvezza: la storia diventa storia della salvezza nella misura in cui, attraverso di essa, Dio si manifesta progressivamente e comunica con l’umanità ( da 25). Questo processo di manifestazione e comunicazione divina che inizia con la stessa creazione ( da 19) «raggiunge il suo culmine nell’incarnazione del Figlio di Dio in Gesù Cristo» ( da 25).

5. Papa Giovanni Paolo ii e la Preghiera di Assisi: il Papa riconosce esplicitamente la presenza dello Spirito Santo nella vita dei membri delle altre tradizioni religiose (cfr. Redemptor hominis 6) e nel mondo (cfr. Dominum et vivificantes 53) ( da 26). Inoltre, egli osserva che «ogni preghiera autentica è generata dallo Spirito Santo, che è misteriosamente presente nel cuore di ogni persona, cristiana o meno» ( da 27). Quindi, «un “mistero di unità” si è manifestato chiaramente ad Assisi, “nonostante le differenze tra le professioni religiose”» ( da 28).

6. Unità della salvezza: dal mistero dell’unità dell’umanità consegue che tutti gli uomini e le donne che sono salvati partecipano, anche se in modo diverso, allo stesso mistero della salvezza in Gesù Cristo attraverso il suo Spirito (cfr. da 29).

7. Rispetto ma con discernimento: Le altre tradizioni religiose includono elementi di grazia. Tuttavia, ciò non implica che tutto in esse sia frutto della grazia, perciò è necessario il discernimento (cfr. da 30-31).

8. Dialogo e purificazione: nel processo del dialogo, i cristiani possono anche trovarsi a dover sfidare i seguaci di altre tradizioni religiose, in uno spirito pacifico, riguardo al contenuto del loro credo. Anche i cristiani, però, devono mettersi in discussione, perché «nonostante la pienezza della rivelazione di Dio in Gesù Cristo, il modo in cui i cristiani talvolta comprendono la loro religione e la mettono in pratica può aver bisogno di purificazione» (cfr. da 32).

9. da 34-35 descrive la relazione tra la Chiesa e il Regno di Dio, da un lato e, dall’altro, la relazione dei membri delle altre tradizioni religiose che sono salvati in Gesù Cristo con entrambi.

10. Dialogo della salvezza: il fondamento dell’impegno della Chiesa per il dialogo «non è meramente antropologico ma primariamente teologico» ( da 38). Si trova infatti nel «dialogo secolare» attraverso il quale Dio ha offerto e continua ad offrire la salvezza all’umanità (cfr. da 38).

11. Un dialogo più profondo e sincero: «Lo scopo del dialogo non si limita alla comprensione reciproca e alle relazioni amichevoli; raggiunge un livello molto più profondo, quello dello spirito, dove lo scambio e la condivisione consistono in una mutua testimonianza delle proprie credenze e in una comune esplorazione delle rispettive convinzioni religiose» ( da 40). Lo scopo del dialogo consiste dunque in una più profonda conversione di tutti a Dio (cfr. da 41). Inoltre, «il dialogo sincero implica l’accettazione reciproca delle differenze, così come delle contraddizioni, nonché il rispetto della libera decisione delle persone presa secondo i dettami della loro coscienza (cfr. Dignitatis humanae 2; da 41).

12. Quattro forme di dialogo: il dialogo della vita, dell’azione, delle esperienze teologiche e delle esperienze religiose sono interconnessi. Questo dialogo è importante per lo sviluppo integrale (cfr. da 41).

13. Il dialogo richiede un atteggiamento equilibrato nei partner: deve essere aperto e ricettivo, disinteressato e imparziale, deve accettare le differenze e le contraddizioni. Inoltre, implica «la volontà di assumere insieme un impegno per la verità e una disponibilità a lasciarsi trasformare dall’incontro» (cfr. da 47).

14. Dialogo sincero e convinzione religiosa: «La sincerità del dialogo interreligioso richiede che ciascuno vi entri con l’integrità della propria fede» ( da 48). I cristiani, mentre confessano la loro fede in Gesù Cristo, l’unico mediatore tra Dio e l’uomo (sic), come la pienezza della rivelazione, devono anche ricordare che Dio si è manifestato in qualche modo anche ai seguaci di altre tradizioni religiose (cfr. da 48). Inoltre, i singoli cristiani non hanno alcuna garanzia di «aver afferrato pienamente quella verità» ed «in ultima analisi, la verità non è una cosa che possediamo, ma una persona da cui dobbiamo lasciarci possedere» ( da 49). Di conseguenza, «i cristiani devono essere preparati ad imparare e a ricevere dagli altri — e attraverso gli altri — i valori positivi delle loro religioni» ( da 49).

15. Apertura alla verità e maturità di fede: questo dialogo aiuterà i cristiani a «scoprire con ammirazione tutto ciò che l’azione di Dio attraverso Gesù Cristo nel suo Spirito ha compiuto e continua a compiere nel mondo e nell’intera umanità» e «la presenza attiva del mistero di Gesù Cristo al di là della Chiesa» (cfr. da 50).

16. Ostacoli al dialogo: gli ostacoli nascono da una mancata comprensione della vera natura e dello scopo del dialogo interreligioso. Questi devono quindi essere costantemente spiegati ( da 53).

17. Il dialogo interreligioso e l’annuncio sono interrelati ma non intercambiabili: il dialogo e l’annuncio sono entrambi elementi autentici della missione evangelizzatrice della Chiesa. Pertanto, entrambi sono legittimi e necessari ( da 77).

18. Un cammino fraterno: «I membri della Chiesa e i seguaci delle altre religioni si ritrovano compagni nel comune cammino che l’umanità è chiamata a percorrere» ( da 79).

19. Dialogo inter e intra-religioso: attraverso il dialogo interreligioso, la Chiesa incoraggia il dialogo «anche delle stesse tradizioni religiose tra loro» ( da 80).

Leggere «Dialogo e Annuncio» a trent’anni di distanza


In quest’epoca di globalizzazione, le religioni attraversano molti confini e gli incontri interreligiosi e intrareligiosi continuano a produrre risultati eterogenei. La religione è sempre più in prima linea nel nostro mondo di oggi, anche se a volte in modi contrastanti. Pertanto, la relativizzazione, la radicalizzazione, la politicizzazione e la polarizzazione delle religioni, così come il dialogo e la cooperazione interreligiosa, sono fenomeni sociali attuali. La pandemia del covid-19, insieme al cambiamento climatico, alla fame, alle guerre e ai conflitti, alle migrazioni, al problema dei rifugiati ecc. continua a infliggere ovunque sofferenze a tutti, specialmente ai poveri e agli emarginati. La specifica ermeneutica che Papa Francesco ha applicato a tutto il suo magistero è: «Dobbiamo andare nelle periferie, è quello che fa Dio». Di conseguenza, il Papa indica chiaramente una tabella di marcia per una «solidarietà liberatrice» con tutti. Mette chiaramente in evidenza che la sofferenza umana, specialmente il grido dei poveri, fornisce ai seguaci di credenze diverse e a tutte le persone di buona volontà una piattaforma comune per collaborare al bene comune. «Siano le religioni  grembi di vita, che portino la tenerezza misericordiosa di Dio all’umanità ferita e bisognosa; siano  porte di speranza, che aiutino a varcare i muri eretti dall’orgoglio e dalla paura» (Papa Francesco, Udienza interreligiosa, 3 novembre 2016).

Papa Francesco sottolinea inoltre: «Questo è il paradigma umano su cui deve basarsi la nostra sequela di Gesù, perché, la proposta che ci fa Gesù è concreta, non è una nozione. È concreta: “Va’ e fa’ lo stesso”, risponde all’uomo che chiedeva: “Chi è il mio prossimo?”». (Ecuador, 7 luglio 2015). Di conseguenza, la salvezza avviene nella storia. Il modello sociale alternativo di Papa Francesco si basa sulla soteriologia della misericordia, una “rivoluzione della tenerezza” che avviene attraverso il dialogo socio-politico interculturale e il dialogo ecumenico e interreligioso. Pertanto, possiamo dire che il “dialogo della misericordia” apre la strada al “dialogo dell’azione” e che il “dialogo dell’azione” conduce al “dialogo della speranza”.

La dichiarazione di Abu Dhabi e l’enciclica Fratelli tutti ( Ft ) mirano a promuovere una “cultura dell’incontro” al posto di una “cultura del conflitto”; una “cultura dell’inclusione” al posto di una “cultura dell’esclusione”; una “cultura del rispetto e della cura” al posto di una “cultura della discriminazione e della demonizzazione”. A questo proposito, la Chiesa ha la missione di “risvegliare le forze spirituali” ( Ft 276) dei cristiani e degli altri attraverso il dialogo per costruire un mondo migliore. Tuttavia, Papa Francesco afferma: «Non si tratta di renderci tutti più light o di nascondere le convinzioni proprie a cui siamo più legati» ( Ft 282). Al contrario, il dialogo scaturisce dalla nostra stessa identità.

Oltre a queste sfide contemporanee immediate e scottanti, oggi c’è anche bisogno di uno studio teologico critico sui nuovi movimenti religiosi e sulle questioni della doppia/multipla appartenenza religiosa e radicalismo religioso. Sono anche necessari ulteriori studi sul pluralismo religioso, sull’educazione al dialogo, sul ruolo dei laici e dei giovani nel dialogo, missione, annuncio e conversione, ecc.

Infine, il documento Dialogo e Annuncio rimane tuttora una risorsa inestimabile, affascinante e fondamentale per tutti coloro che si occupano di questioni di teologia della missione e di dialogo interreligioso.

di Indunil J. Kodithuwakku K.
Segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso