In dialogo
Le beatitudini del regno di Dio in tempo di pandemia

Nell’aiuto al debole l’appartenenza a Cristo

 Nell’aiuto al debole l’appartenenza a Cristo  QUO-111
19 maggio 2021

Riflettendo sulle beatitudini e sul regno di Dio, John P. Meier, in Un judio marginal. Tomo ii, El reino de Dios, Ediciones Verbo Divino, propone un’armonizzazione critica tra le versioni presenti nei vangeli di Matteo e Luca e le loro fonti testuali comuni. Partendo da questa premessa, in via ipotetica, conclude che in questi vangeli — che si rifanno alla “Fonte Q” — le tre beatitudini che appaiono fondamentali sono: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli; beati gli afflitti, perché saranno consolati; beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati» (Matteo, 5, 3, 4, 6 e Luca 6, 20-21).

Sviluppando l’ipotesi dei miei precedenti articoli, dove suggerisco che stiamo vivendo un cambiamento di epoca o di era e che è quindi importante esaminare tali mutamenti alla luce del kairos del Regno di Dio, questi testi centrali nel messaggio di Gesù acquistano grande rilevanza. Riprendo poi la diagnosi profetica del Signore sulla difficoltà che ha l’essere umano a capire questi cambiamenti profondi: «Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?» (Luca, 12, 56) affrontata in «Tempi nuovi per il Regno di Dio - Quello che insegna il dramma della pandemia» ne «L’Osservatore Romano» dello scorso 21 aprile. Allo stesso modo, nella dinamica degli eventi temporali e nell’urgenza di questi tempi di pandemia mondiale, continuo a considerare che ciò che facciamo in questo preciso istante per i malati, gli assetati e gli affamati, i deboli di oggi, definirà il momento di amore con implicazioni nell’infinito. Rivelerà la nostra vera appartenenza al Verbo incarnato, inculturato e reso immortale, che ha deciso di assumere su di sé queste sofferenze, in ogni tempo e come unico sovrano del Regno di Dio e della sua giustizia.

All’inizio della pandemia, nei primi mesi del 2020, Papa Francesco ha riflettuto in modo particolare sulle beatitudini. Riferendosi alle tre citate nel primo paragrafo, il Santo Padre ha detto: «Il Regno di Dio è dei poveri in spirito. Ci sono quelli che hanno i regni di questo mondo, hanno beni e hanno comodità. Ma sappiamo come finiscono. Regna veramente chi sa amare il vero bene più di sé stesso. E questo è il potere di Dio» (Udienza generale del 5 febbraio 2020). «Uno dei primi monaci, Efrem il Siro, dice che un viso lavato dalle lacrime è indicibilmente bello (cfr. Discorso ascetico). La bellezza del pentimento, la bellezza del pianto, la bellezza della contrizione! Come sempre la vita cristiana ha nella misericordia la sua espressione migliore. Saggio e beato è colui che accoglie il dolore legato all’amore, perché riceverà la consolazione dello Spirito Santo che è la tenerezza di Dio che perdona e corregge» (Udienza generale del 12 febbraio 2020). «Le Scritture parlano del dolore dei poveri e degli oppressi che Dio conosce e condivide…. Gesù annuncia in questa beatitudine — fame e sete di giustizia — che c’è una sete che non sarà delusa; una sete che, se assecondata, sarà saziata e andrà sempre a buon fine, perché corrisponde al cuore stesso di Dio, al suo Santo Spirito che è amore, e anche al seme che lo Spirito Santo ha seminato nei nostri cuori» (Udienza generale dell’11 marzo 2020).

In questi tempi di covid-19, la povertà sta diventando, in molte regioni del pianeta, una comorbidità sociale sintomatica del regno di un mondo basato sulla ricchezza e sulla disuguaglianza. Il pianto contenuto e silenzioso delle famiglie che non hanno potuto vedere i propri cari andarsene e dire loro addio — specialmente i più anziani — ha messo a nudo una cultura dello scarto e la disumanità di un sistema utilitario. La pandemia del virus ha messo anche in luce la fame di quanti hanno perso quel poco che avevano e la sete di coloro per i quali l’acqua non è più un diritto umano. In alcuni casi un altro elemento vitale come l’ossigeno è diventato un bene che scarseggia per gli umili. D’altra parte, in questi tempi di tragedia mondiale, non poche persone e imprese si sono arricchite in modo scandaloso. Non mancano quanti ridono al suono della musica atroce del negazionismo superbo, e sono molti quelli che sono sazi non solo di cibo e di acqua, ma anche di una quantità di vaccini e di risorse sanitarie di gran lunga superiore ai loro bisogni. Di fronte a tutto ciò, la dinamica del regno di Dio propone un ribaltamento della sorte dei più deboli, non solo in senso escatologico, ma anche in una pratica attuale attiva e improrogabile. Citando nuovamente l’opera di Meier, «le tre beatitudini fondamentali del discorso di Q alludono a categorie di cui non si dice esplicitamente che sono buone o virtuose, ma solo che sono in difficoltà: i poveri, gli afflitti, gli affamati. Dio li soccorre non perché meritano il suo aiuto, ma perché ne hanno disperatamente bisogno e nessun altro può offrirlo loro». Siamo noi, come persone di fede, a dover proclamare questa urgente visione di una necessaria nuova era nell’umanità, sul piano individuale, familiare, ecclesiale e politico a livello planetario. Sapremo interpretare il kairos del Regno di Dio nel kronos drammatico di un pianeta malato? Voglia Dio che sapremo farlo!

di Marcelo Figueroa