Un convegno sulla pittura in «chiaroscuro»

Il fascino discreto
della monocromia

Andrea Mantegna, «Sansone e Dalila»
17 maggio 2021

Un monologo visivo che in realtà nasconde una polifonia di significati; il 18 e 19 maggio il convegno «Benché senza colori abbino tutta la forza dell’arte». Monocromia nella teoria e pratica pittorica dal Trecento al Seicento, organizzato dal Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte e Spettacolo della Sapienza di Roma e dalla Bibliotheca Hertziana, affronterà con un workshop online un particolare aspetto della pittura, la diffusione del cosiddetto chiaroscuro. Una questione apparentemente marginale, ma in realtà cruciale nella comprensione del “funzionamento” delle immagini nella rappresentazione della natura. La pittura senza colori è una costante nella storia dell’arte occidentale, dalle figure allegoriche dipinte da Giotto agli Scrovegni fino a Guernica di Picasso (del quale Argan scrisse con efficace sintesi che qui il colore non è assente, ma «è andato via»).

Le ragioni del monocromo sono molteplici, e in qualche aspetto contrastanti. Da un lato esplicita la competizione tra pittura e scultura (nei termini del cosiddetto “paragone” rinascimentale), mettendo a gara le due tecniche e dando prova della versatilità del dipingere. Dall’altro, è un’arte più meditata, che non si limita alla suggestione epidermica della natura, si concentra sulla sua vera essenza e valorizza il disegno che — Vasari insegna — è soprattutto una pratica intellettuale. Da questa articolazione teorica deriva anche l’impostazione di un convegno che, nella proposta dei curatori (Monica Latella, Stefano Pierguidi, Katharine Stahlbuhk) intende soprattutto indagare il rapporto tra teoria artistica e immagini. «La necessità di approfondire la storia di questa tecnica — spiega Stefano Pierguidi, docente alla Sapienza— nasce proprio dalla constatazione che il ricorso alla monocromia, o pittura a chiaroscuro (e già sulla terminologia si aprirà una riflessione tra i relatori) venne dettato, nel corso dei secoli, da ragioni e obiettivi diversi. E questi saranno prima di tutto l’oggetto delle giornate di studio. Gli studiosi invitati a intervenire cercheranno di mettere in luce lo spessore teorico sotteso all’uso e alla fortuna della pittura a chiaroscuro, intesa a volte come scelta pauperistica, altre come mezzo per imitare più efficacemente la scultura antica, altre ancora per sottolineare la preminenza del disegno sul colore. Un convegno quindi teso a mettere in un dialogo stretto le opere d’arte e i testi contemporanei». A partire da un’auctoritas come Giorgio Vasari. «Da parte mia, ad esempio — continua Pierguidi — cercherò di mostrare come Caravaggio fosse programmaticamente ostile alla pittura, ai cartoni e ai disegni a chiaroscuro, molto diffusi nella Roma di primo Seicento, proprio perché il suo naturalismo era profondamente legato all’uso del colore».

La prima menzione della pratica del chiaroscuro risale addirittura a Plinio, che nel trentacinquesimo libro della Naturalis Historia traccia un percorso evolutivo nella storia della pittura, individuando la prima svolta importante nella cosiddetta tecnica delle ombre che consente di dare corpo alle figure attraverso le linee di contorno. Il passo pliniano era talmente conosciuto e popolare tra gli artisti che le fonti letterarie rinascimentali lo richiamano con frequenza. Di certo ne era a conoscenza un grande erudito come Raffaello, che ne dà prova tanto nelle Stanze vaticane quanto in opere giovanili, come la predella della Pala Baglioni. Uno dei punti di massima esplorazione del monocromo rinascimentale coincide con l’opera di Andrea Mantegna (di cui parlerà Claudia Cieri Via), interprete della cultura antiquaria, che — proprio grazie al chiaroscuro — ne avvierà una versione puramente pittorica, capace cioè di ridare vita alla materia inerte della scultura. Ma sarà soprattutto Vasari a rilanciare il tema del chiaroscuro in pittura, dandogli una rilevanza al tempo stesso tecnica e teorica, come emerge — per esempio — nelle vite degli artisti maggiormente toccati dall’esperienza di Leonardo. I relatori indagheranno aspetti tecnici, teorici e stilistici del chiaroscuro; un tema rilevante che sarà affrontato è il rapporto tra tecnica e iconografia, anche in termini di lettura teologica. Così nella recente analisi di Monica Latella in termini di continuità e contrapposizione tra Antico e Nuovo Testamento, e ancora nella lettura di Irene Baldriga che parlerà del nesso tra austerità savonaroliana, Devotio moderna e il chiaroscuro dei pittori di San Marco.

Dalle decorazioni di Lippo Vanni al Palazzo Pubblico di Siena alle facciate dipinte, fino al ciclo di Girolamo da Treviso a Bologna, il dibattito esplorerà una varietà di ambienti culturali. Fino a tratteggiare un profilo inedito (consultabile nel volume degli atti, che uscirà per i tipi di Campisano Editore) della pittura senza colori.

di Silvia Guidi