Approfondimento

L’Afghanistan e la difficile
ricerca della pace

Alcuni civili afghani e un soldato Usa durante scontri nella provincia di Helmand ( Reuters)
14 maggio 2021

A oltre un anno dagli accordi di Doha fra Stati Uniti e talebani, e dopo numerosi negoziati tra gli insorti e il Governo di Kabul, la pace e la riconciliazione nel martoriato Afghanistan restano molto lontane.

E le prospettive di una riduzione sostanziale delle violenze diminuiscono con il passare dei giorni. Ne è la prova il recente, terrificante attentato dinamitardo davanti alla scuola superiore Sayed Ul-Shuhada, nella capitale, dove sono rimaste uccise non meno di sessanta persone, soprattutto studentesse tra gli 11 e i 15 anni.

La versione più accreditata dai media locali è quella dell’esplosione di un’autobomba seguita dallo scoppio di altri due ordigni rudimentali.

Nessun gruppo ha rivendicato la strage nella scuola. I talebani hanno negato ogni coinvolgimento, sostenendo che un tale massacro di civili può essere solo opera dei miliziani del sedicente stato islamico (Is).

Il presidente afghano, Ashraf Ghani, ha comunque puntato il dito sui talebani, accusandoli di essere responsabili dell’escalation di violenza che sta insanguinando il Paese: «Dimostrano di non aver alcun interesse per una soluzione pacifica della crisi attuale», ha dichiarato.

L’autobomba è stata fatta deflagrare davanti all’ingresso della scuola, che si trova nel distretto della capitale di Dasht-e-Barchi, un quartiere a forte maggioranza sciita che negli anni è stato spesso preso di mira dai militanti dello Stato islamico. Lo scorso anno, l’Is ha rivendicato attentati e agguati contro minoranze sciite nella stessa area, compresi due brutali attacchi a strutture educative in cui persero la vita circa cinquanta persone, la maggior parte studenti.

Per quanto la presenza dell’Is si sia ridotta nel Paese, negli ultimi tempi i jihadisti hanno intensificato i loro attacchi, in particolare contro i musulmani sciiti e le lavoratrici. In precedenza il gruppo si era assunto la responsabilità dell’uccisione mirata di tre donne addette ai media nell’Afghanistan orientale.

Si tratta anche della medesima zona colpita da un attentato dinamitardo dei terroristi dell’Is contro il reparto di maternità di un ospedale gestito dall’organizzazione umanitaria Medici senza frontiere, nel giugno dello scorso anno.

L’istituto Sayed Ul-Shuhada prevede tre turni separati di lezioni per ragazzi e ragazze. Al momento della esplosione nella scuola erano presenti le studentesse. L’obiettivo e l’orario per perpetrare l’agguato sono stati scelti con cura, proprio per massimizzare il numero di vittime e colpire le ragazze: le studentesse stavano uscendo dalla scuola, mentre numerosi residenti erano in strada a fare gli ultimi acquisti per l’avvicinarsi della festa musulmana di Eid al-Fitr, che segnerà la fine del mese di digiuno del Ramadan. I feriti sono almeno 150, molti dei quali ricoverati in ospedale in gravi condizioni.

Secondo la Unama, la Missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, il numero delle vittime civili nei primi mesi del 2021 è già tornato ai livelli del 2019, cancellando le speranze suscitate dalla diminuzione delle violenze registrata ad inizio dello scorso anno.

Aumento degli episodi di violenza che solleva pesanti interrogativi sulla credibilità del processo di pace multinazionale e che, a detta di molti autorevoli analisti politici internazionali, ribadisce le intenzioni dei gruppi terroristici: fare tornare indietro il Paese, ripudiando le conquiste e i passi in avanti che in questi anni, nonostante le evidenti difficoltà, ci sono stati.

L’Afghanistan è in massima allerta dallo scorso mese, da quando gli Stati Uniti di Joe Biden hanno annunciato i piani per ritirare tutte le truppe statunitensi entro il prossimo 11 settembre, ventesimo anniversario degli attentati di Al Qaeda alle Torri gemelle di New York e al Pentagono, con i funzionari afgani che affermano come i talebani abbiano intensificato gli attacchi in tutto il Paese.

Allo stesso tempo, crescono i timori per le azioni di altri gruppi terroristici, a cominciare dall’Is. L’attacco alla scuola è stato compiuto pochi giorni dopo che i restanti 2.500-3.500 soldati statunitensi hanno ufficialmente iniziato a lasciare il Paese. L’annuncio di Biden mette una data di scadenza alla guerra più lunga d’America: vent’anni di combattimenti in cui sono morti oltre 2.400 soldati statunitensi e decine di migliaia di civili afghani.

Vent’anni che hanno portato alla creazione di un’entità statale che, di fatto, controlla solo la capitale e alcune altre città. Le zone rurali, infatti, hanno sempre respinto gli interventi degli eserciti stranieri, continuando a sostenere le milizie talebane. Insorti che ora sono pronti allo scontro finale con le autorità centrali, dopo la decisione della nuova amministrazione americana di abbandonare il Paese. Le possibilità che la ritirata militare determini la fine delle ostilità sono dunque molto remote.

Anche l’Unione europea è intervenuta per condannare l’attentato a Kabul. «L’orrendo attacco nella zona di Dasht-i Barchi è un atto terroristico spregevole. Mirare principalmente agli studenti di una scuola femminile lo rende un attacco al futuro dell’Afghanistan, un attentato contro le nuove generazioni decise a migliorare il proprio Paese», indica una nota da Bruxelles.

Sempre più spesso i terroristi hanno colpito le donne e le ragazze afghane. E stretto tra talebani, Is e al Qaeda, il futuro delle donne afghane rischia di tornare indietro nel tempo.

Tra gli elementi positivi della missione militare statunitense e straniera nel Paese, l’aspetto forse più significativo è stato l’avanzamento nell’accesso delle donne a istruzione e alla vita sociale.

Nel corso degli ultimi anni, le donne sono infatti passate dall’essere praticamente invisibili nella vita pubblica al rientro nelle scuole e nelle università: molte sono diventate membri del Parlamento, altre sono riuscite a tornare a lavorare negli uffici.

I miliziani attualmente controllano più della metà del Paese e molte donne temono che tenteranno di ripristinare il loro potere una volta che le truppe straniere avranno lasciato l’Afghanistan.

Attualmente, circa 3,5 milioni dei 9 milioni di studenti iscritti a scuola sono ragazze, secondo un rapporto di febbraio dell’Ispettore generale speciale per la ricostruzione dell’Afghanistan. Sotto il regime dei talebani, alle ragazze era vietato frequentare la scuola e alle donne non era permesso lavorare fuori casa o apparire in pubblico senza una copertura integrale per il corpo e una scorta maschile. I trasgressori di queste regole venivano fustigati in pubblico o addirittura giustiziati.

di Francesco Citterich