Chiesa e pandemia
Gli episcopati dell’America latina nella battaglia contro il covid-19

Per l’accesso universale
ai vaccini

 Per l’accesso universale ai vaccini  QUO-106
12 maggio 2021

Degli oltre 310 milioni di vaccini che sono stati inoculati nel continente americano, più di 220 milioni, ossia circa il 70 per cento del totale, sono stati effettuati negli Stati Uniti. Più a sud i problemi legati alla somministrazione e all’equità nella distribuzione dei vaccini stanno devastando l’America latina, una delle regioni più colpite dalla pandemia. Le disuguaglianze nella distribuzione globale dei sieri continuano a disegnare la mappa delle differenze tra Paesi ricchi e quelli poveri.

Nel continente americano la vaccinazione procede a ritmi diversi: nel nord si sta immunizzando gran parte della popolazione; negli Stati Uniti circa il 30 per cento degli abitanti ha ricevuto già le due dosi necessarie. Nel sud, in Cile e in Uruguay già circa rispettivamente il 40 per cento e il 30 per cento della popolazione ha ricevuto almeno una dose, mentre in altre nazioni più povere come l’Honduras e il Guatemala la percentuale non arriva all’1 per cento. Il caso del Cile è paradossale: qui la campagna vaccinale è proceduta a un ritmo molto veloce, ma a soli tre mesi dal suo inizio il Paese sta vivendo uno dei peggiori momenti nella lotta contro il virus, con una grave saturazione ospedaliera. Per spiegare questa ripresa dei contagi, gli esperti hanno individuato diversi fattori. Da un lato un allentamento delle restrizioni che è coinciso con il periodo delle vacanze nell’estate australe, la diffusione delle varianti, soprattutto di quella brasiliana, e i problemi derivanti dal vaccino cinese «CoronaVac» che costituisce il 93 per cento delle dosi somministrate nel Paese.

Il Brasile, che non ha adottato misure restrittive per contenere il virus nonostante gli alti tassi di contagio che si sono registrati fin dall’inizio della pandemia, sta attraversando la situazione più difficile nell’America latina e una delle peggiori nel mondo. Vari stati del territorio brasiliano si trovano in una condizione critica e gli ospedali sono al collasso a causa della pandemia, ha segnalato l’epidemiologa dell’Organizzazione mondiale della sanità, Maria van Kerkhove. Il Paese sta combattendo contro le varianti sudafricana, inglese e quella individuata per la prima volta lo scorso novembre nella sua regione amazzonica. La variante africana preoccupa gli esperti della sanità pubblica, poiché ci sono dubbi sull’efficacia dei vaccini attuali nel combatterla. La campagna di vaccinazione, un’importante via che contribuirebbe a frenare i contagi in generale, procede a ritmo molto lento. L’11 per cento della popolazione ha ricevuto la prima dose del vaccino e solo il 3,2 per cento è immunizzato con le due dosi necessarie. Portorico è stato a sua volta colpito da un focolaio che sta mettendo alle corde il sistema sanitario, con un aumento dei casi anche tra i bambini. La fretta nel riattivare l’economia, le vacanze di primavera, le celebrazioni pasquali e la precoce sensazione di sicurezza che hanno portato i vaccini sono state alcune delle cause della ripresa dei contagi.

L’America latina ha urgente bisogno di più dosi


L’Organizzazione panamericana della salute (Ops), organismo affiliato all’Oms per l’America, ha evidenziato di recente che in quasi tutti gli Stati sudamericani i contagi sono aumentati e che nell’ultima settimana una morte su quattro causate dall’epidemia nel mondo si è verificata nel continente latinoamericano. La direttrice di tale organismo, Carissa F. Etienne, ha sottolineato come, in questo panorama, «non sorprende che molti Paesi della nostra regione abbiano rafforzato le misure di salute pubblica, aumentando i confinamenti o le chiusure, limitando le riaperture e facendo nuovi appelli a restare in casa». E ha aggiunto: «Queste decisioni non sono mai facili, ma tenendo conto dell’aumento delle infezioni è esattamente ciò che va fatto. Sappiamo che queste misure funzionano e mi congratulo con i leader della nostra regione per aver dato la priorità alla salute». La direttrice dell’organizzazione sanitaria ha avvertito che la capacità ricettiva dei sistemi sanitari di alcuni Paesi è stata ormai superata e ha esortato gli Stati con vaccini in eccedenza a donarli alla regione. Etienne ha sottolineato poi che la somministrazione di vaccini «è ancora limitata di fronte all’urgente bisogno di un maggior numero di dosi».

Nessuno sarà al sicuro finché non lo saranno tutti


Secondo i dati dell’Ops, attraverso Covax, il meccanismo promosso da attori pubblici e privati per garantire un accesso equo ai vaccini affinché i Paesi con meno risorse non restino indietro, in America latina sono giunte 6,8 milioni di dosi, da suddividere fra trentuno nazioni, con il sud che ne ha più bisogno e in tempi più rapidi. In una conferenza stampa recente, la dottoressa Etienne ha affermato che, «a causa delle limitazioni mondiali nella produzione di vaccini, è stato difficile per la nostra regione avere accesso alle dosi necessarie per immunizzare la popolazione. La produzione di vaccini approvati contro il covid-19 deve aumentare in tutto il mondo, visto che nessuno è al sicuro finché non lo saremo tutti».

Amnesty International nel suo resoconto annuale sulla situazione dei diritti umani nel mondo per gli anni 2020/2021, ha evidenziato che la pandemia si è accanita contro le persone più vulnerabili: donne, migranti, indigeni e poveri. Lo scenario è particolarmente critico in America latina, che tra l’altro è la regione del mondo con maggiore disuguaglianza di reddito, secondo l’Onu. «La regione, dove vive solo il 13 per cento della popolazione mondiale, ha registrato il 49 per cento di tutti i decessi dovuti al covid-19 a livello globale», segnala l’organizzazione. Il testo di Amnesty International conclude dicendo che, «alla fine del 2020, 209 milioni di persone (il 33,7 per cento della popolazione) viveva in povertà in America latina e nei Caraibi, 22 milioni in più dell’anno precedente. Di queste, 78 milioni (il 12,5 per cento della popolazione) erano in povertà estrema, otto milioni in più che nel 2019».

Il sostegno fondamentale della Chiesa


In tale contesto di abbandono, la funzione sociale della Chiesa, il suo sforzo e la sua dedizione risultano fondamentali in molti luoghi. Nella regione amazzonica, duramente colpita dal virus, la Red Eclesial Panamazónica (Repam), che offre un sostegno vitale in quest’area attraverso azioni di aiuto umanitario di emergenza, ha chiesto ai governi di non lesinare sforzi per l’acquisto e l’assegnazione di vaccini. «Tutti devono vaccinarsi», ha sottolineato l’organismo riaffermando il suo «impegno come Chiesa a stare vicina a tutti e a tutte». La Red Eclesial, in sintonia con il Papa che ha invitato ad agire con responsabilità e che in diverse occasioni ha parlato dell’importanza di vaccinarsi contro il covid, ha ricordato ai leader e ai governanti «il bisogno di un vaccino di qualità, sicuro e di accesso universale, specialmente per le persone più vulnerabili».

Vari popoli amazzonici, organizzazioni sociali, femminili, per la tutela ambientale, culturali, religiose e in difesa dei diritti umani e dei diritti della natura hanno elaborato un progetto per salvare l’Amazzonia. Tra le altre cose, chiedono che venga garantito l’accesso universale a vaccini affidabili per la popolazione amazzonica, che si promuova l’informazione trasparente su di essi e che si favoriscano campagne informative senza discriminazioni né corruzione e in condizioni ottimali per quanto riguarda la catena del freddo. Si invita inoltre a sospendere i brevetti dei vaccini e dei medicinali per migliorare, massificare e ridurre i costi dell’accesso alle cure e ad altre tecnologie efficaci per affrontare la crisi sanitaria mondiale.

Mitigare la disuguaglianza nella pandemia


A Panamá i vescovi hanno lanciato un appello per mitigare la disuguaglianza nella pandemia e hanno messo le chiese e il personale della Conferenza episcopale a disposizione delle autorità per aiutare a gestire la campagna di vaccinazione. «Anche noi ci siamo offerti di motivare la gente, attraverso i nostri mezzi di comunicazione e le piattaforme online, invitandola a prenotarsi per essere vaccinati. Intendiamo organizzare i nostri uffici parrocchiali affinché quanti non hanno la possibilità di farlo, possano recarsi qui per prenotarsi», ha spiegato l’arcivescovo di Panamá, José Domingo Ulloa Mendieta. I presuli del Paese centroamericano hanno inoltre invitato le autorità a far sì che la campagna di vaccinazione abbia un’ampia copertura e che si applichino correttamente i protocolli, tutelando così le popolazioni più vulnerabili ed emarginate. Il vescovo di Colón - Kuna Yala, Manuel Ochogavía Barahona, ha spiegato che sebbene la Chiesa dipenda dai contributi dei fedeli e la crisi abbia influito anche sulla condizione economica delle parrocchie, non si è smesso di aiutare i più bisognosi trasformando chiese in mense e in centri di assistenza. «Abbiamo un laicato coraggioso che partecipa volontariamente al programma di aiuto sociale, contribuendo a monitorare e a garantire che l’aiuto del governo giunga ai più bisognosi e non si trasformi in propaganda politica», ha dichiarato.

In Messico i vescovi hanno invitato tutti i fedeli cattolici e tutti i fratelli e le sorelle di buona volontà «a impegnarsi nella prevenzione come parte della nostra vita quotidiana, al fine di evitare sofferenze inutili e la possibile perdita di vite». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Conferenza episcopale argentina, Óscar Vicente Ojea, vescovo di San Isidro, il quale ha sottolineato che il vaccino «è per il bene di tutti» e «non può essere politicizzato». Il presule ha anche chiesto ai governanti di «concordare le azioni necessarie per proteggere la popolazione più vulnerabile mediante uno sforzo comune con la campagna di vaccinazione», ribadendo che «è imprescindibile dimenticare le differenze e unirci come popolo, facendo della salute una politica di Stato». E ha ricordato l’appello di Papa Francesco affinché le dosi «giungano a tutte le nazioni in forma egualitaria e senza discriminazioni».

Un forte appello alle autorità sanitarie del Paese affinché accelerino la vaccinazione di massa contro il coronavirus è stato invece lanciato in Venezuela dal secondo vicepresidente della Conferenza episcopale, il vescovo di San Cristóbal, Mario del Valle Moronta Rodríguez: «Il covid-19 non ha ideologia, né credo, pertanto mi sembra ingiusto e immorale che quanti hanno questa responsabilità non si mettano d’accordo», ha detto, chiedendo anche «vaccini di qualità» e che i cittadini venezuelani non «vengano utilizzati come cavie». È necessario pertanto «fare uno sforzo per importare i vaccini migliori» per iniettarli subito ai più vulnerabili. «Se ci sono i soldi per comprare le armi, ci sono i soldi per la salute della gente», ha sottolineato.In Colombia la Conferenza episcopale sta collaborando con le autorità sanitarie nella distribuzione dei vaccini. Il ministro della Salute e della Tutela sociale, Fernando Ruiz Gómez, ha definito tale aiuto «uno dei canali più importanti per portare un messaggio di fiducia ovunque nel processo d’immunizzazione del Paese contro il covid-19». E ha aggiunto: «Il vaccino significa non solo proteggere il singolo ma anche tutta la comunità, perciò il sostegno e l’accompagnamento che ci offrono i sacerdoti della Colombia per compiere questo sforzo è molto importante».

di Lorena Pacho Pedroche