Lo studio della Pontificia Academia Mariana internationalis

Male che si deve
combattere insieme

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10 maggio 2021

La mafia si può combattere. Su questo fronte, la Chiesa e lo Stato non hanno paura di essere in prima linea. E, a fare da trait d’union tra le due istituzioni, vi è anche il prezioso lavoro del Dipartimento di analisi, studio e monitoraggio dei fenomeni malavitosi, nato in seno alla Pontificia Academia Mariana internationalis nel settembre 2020. Il dipartimento vede coinvolti prefetti, giudici, forze dell’ordine nazionali ed internazionali, vescovi, sacerdoti e docenti universitari che — con il loro incessante lavoro e le loro competenze — stanno offrendo alla lotta contro le mafie un prezioso contributo. La conoscenza dei fenomeni malavitosi, infatti, è il primo passo verso la loro repressione. Bisogna conoscere la storia, le arterie più profonde del male per poterlo sconfiggere. A distanza di trentuno anni dal sacrificio del giudice Rosario Livatino, comprendere appieno lo sviluppo dell’azione mafiosa sul territorio diviene necessario. Il monitoraggio che il dipartimento sta svolgendo su questo campo — grazie a tavole rotonde, webinar e pubblicazioni editoriali — offre la possibilità di avere una mappatura geografica e sociale delle varie trasformazioni che stanno avendo i fenomeni malavitosi. Punto cruciale di questo importante studio, in continua evoluzione, è stato il recente meeting organizzato nel marzo scorso dall’accademia e dalla Pontificia università Antonianum di Roma, dal titolo «La presenza e l’evoluzione delle mafie autoctone e straniere nel nostro paese». Diversi volti del mondo ecclesiastico e dello Stato italiano si sono interrogati sulle metamorfosi che stanno interessando il fenomeno criminale. L’analisi che ne è venuta fuori ha evidenziato: tutti i territori, dominati dalle organizzazioni mafiose, presentano un grave stato di crisi sociale. Ed è questo malessere a porre le realtà malavitose come apparenti soluzioni ai problemi del vivere quotidiano. Mafia, camorra, ‘ndrangheta temono la funzionalità delle amministrazioni pubbliche, la socializzazione nel territorio e le opere di educazione alla legalità. Non è un caso che le organizzazioni mafiose abbiano sviluppato una strategia di contrasto a tutte quelle realtà, laiche o cattoliche, che nei quartieri degradati del Mezzogiorno cercano di infondere speranza, socialità e comunione.

Il panorama contemporaneo, inoltre, ci sta ponendo di fronte a una problematica che sta prendendo sempre più corpo: le organizzazioni malavitose, proprio nella pandemia, «stanno trovando un’occasione di arricchimento». Lo ha voluto sottolineare Maria Vittoria De Simone, procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Per questo motivo è importante non dimenticare la prevenzione: bisogna essere attenti ai fondi europei — stanziati per fronteggiare la crisi economica scaturita dalla pandemia — «affinché non vadano nelle mani dei criminali non solo italiani, ma anche stranieri». Sono parole di Maurizio Vallone, direttore della Direzione investigativa antimafia. Il quadro che ci viene presentato è, dunque, quello di una mafia al passo con i tempi ma che desidera conservare le sue antiche radici. Sono le radici che il beato Rosario Livatino conosceva bene e che ha voluto combattere fino all’estremo sacrificio della vita.

di Antonio Tarallo