La modernità di Luigi Tenco
Un doppio vinile per richiamare un’eco mai spenta

Quello sguardo
che sa vedere lontano

 Quello sguardo che sa vedere lontano  QUO-103
08 maggio 2021

La voce di Ginevra Di Marco taglia in due la noia del vivere, potente e delicata, temeraria e funambolesca quando si confronta con generi musicali dissimili tra loro. Già complice di Francesco Magnelli e Andrea Salvadori in varie produzioni discografiche e spettacoli teatrali, qualche mese fa ha pubblicato un doppio vinile dedicato a Luigi Tenco, Quello che conta - Ginevra canta Luigi Tenco.

Francesco Magnelli e Ginevra Di Marco hanno un passato glorioso: Magnelli entra nella band dei CCCP a fine corsa della band, con l’ultimo album Epica Etica Etnica Pathos pubblicato nel 1990. Chiusa l’esperienza del gruppo punk emiliano, nasce il Consorzio Suonatori Indipendenti (C.S.I) di cui fa parte Ginevra Di Marco. La band rimane attiva per dieci anni e con otto album pubblicati riscrive la storia della musica rock in Italia. Alcuni membri dei C.S.I. si ritrovano nei P.G.R. (Per Grazia Ricevuta), gruppo nato grazie a un concerto del 29 giugno 2001 a Monte Sole, luogo della strage nazifascista del 1944, il più violento massacro di civili in Italia. In quella esibizione la band omaggiò don Giuseppe Dossetti, sacerdote e religioso che a Montesole fondò la sua comunità monastica, tra i padri della Costituzione e perito del concilio Vaticano ii .

Incontro a distanza Francesco e Ginevra e non senza timore perché sono tra gli artisti che più ho ascoltato negli anni, sempre in direzione ostinata e contraria alle mode musicali del momento. L’ultimo spettacolo andato in streaming sulla rete si chiama L’amore non cantarlo è un canto di per sé. Titolo preso in prestito da un verso della canzone Montesole dei P.G.R. di cui facevano parte. Incoraggiano le donne a resistere di fronte alla violenza mascolina. «Quel reading è nato per celebrare la giornata internazionale della donna, l’8 marzo — dichiara Ginevra — una serie di canzoni, letture e considerazioni sulla condizione della donna oggi, riflettendo sulle conquiste raggiunte e sulle tante battaglie ancora da portare avanti». Francesco allarga la discussione perché le relazioni riguardano tutti, giovani e vecchi, genitori e figli, non ultimo l’uomo e la donna, e indica una via d’uscita al problema. «Oltre all’educazione e al rispetto è molto importante l’ascolto: la capacità di ascolto resta uno dei grandi nodi da sciogliere nel rapporto uomo- donna».

Nel reading teatrale c’è il ricordo di Mercedes Sosa. Papa Francesco, da giovane studente, ascoltò per la prima volta la Misa Criolla e gli piacque molto il cantato di Mercedes. L’occasione è propizia per chiedere della cantante argentina, a lei infatti Francesco e Ginevra dedicarono uno spettacolo dal vivo e un disco dal titolo La Rubia canta la Negra. Francesco parla del carisma di Mercedes Sosa, un punto di riferimento per il suo Paese, l’Argentina, e la descrive come «una donna piena di coraggio che ha cantato gli ultimi, i temi civili e sociali che ha rappresentato gli argentini. Oltre alla sua grande voce che viene dalla terra, una vocalità lineare e profonda e dritta, abbiamo voluto omaggiare il suo grande coraggio nello stare su un palco parlando al popolo, le cose che ha cantato, senza tralasciare le grandissime canzoni che ha interpretato e scritte per lei dai più grandi compositori sudamericani».

La voce di Mercedes Sosa affascinò subito Ginevra, sin dal primo ascolto: «Cantava Gracias a la vida e mi commossi fino al pianto: una voce profonda e unica, sembrava arrivare dalle viscere della terra; senza mielismi e inutili abbellimenti era la voce madre di tutte le sofferenze del mondo. Da quel momento me ne innamorai e nel percorso sulla musica popolare che ho fatto tanti anni dopo, ho deciso di rendere omaggio a questa donna meravigliosa che ha portato avanti con coerenza i suoi ideali di giustizia e uguaglianza pagando a duro prezzo le sue scelte. E che ha cantato canzoni memorabili, che devono continuare a essere, anche oggi, patrimonio di tutti».

Con i P.G.R. e insieme a Giovanni Lindo Ferretti, Ginevra ha interpretato inni liturgici come Libera me, Domine, Veni Creator Spiritus e Madre (inclusa nel disco del 1989 Canzoni Preghiere Danze del secondo millennio - Sezione Europa dei CCCP) scritta come invocazione alla Vergine Maria, con dei versi molto intensi: «Madre di Dio e dei suoi figli / Madre dei padri e delle madri / oh Madre mia / L’anima mia si volge a te». Chiedendo se cambia qualcosa quando si canta il divino, Francesco con una certa modestia fa riferimento al silenzio come atteggiamento necessario per interpretarlo: «Cantare il divino, o una canzone come Montesole ha a che fare con la profondità del sentire. Rispetto ad altre canzoni che cantiamo cerchiamo il silenzio, parallelamente alla ricerca della giusta interpretazione. Allo stesso modo sento la stessa profondità anche quando suono Amara terra mia o Razon de vivir oppure Todo cambia, Storia del 107 o Te recuerdo Amanda, canzoni che non sono a carattere sacro ma che contengono tanta spiritualità. Cantando gli ultimi, la scelta che abbiamo fatto è quella di raggiungere la massima autenticità possibile, che si suoni e canti Malarazza o La leggera. L’approccio è lo stesso, quello della verità, non si possono cantare queste canzoni se non ci si spoglia del mestiere. E si cantano sentendole ogni volta come fosse la prima». Ginevra accoglie il divino nel canto con grande rispetto: «Il canto è un dono immenso: oltre ai significati di ciò che si dice cantando, è linguaggio dei sentimenti, dell’anima e le sue passioni. Ho sempre pensato che in quanto dono, ho il dovere di maneggiare questa Fortuna con cura e responsabilità».

Chiedo ad entrambi se hanno fede in Dio e Francesco sorprende, chiarendo che il discorso è più complesso e non esprimibile in poche battute. Sente il bisogno di guardare negli occhi l’interlocutore per parlarne con calma. «Nella mia ricerca artistica sono molto attratto anche dalla spiritualità. Non riesco a stare su un palco solo per intrattenere il pubblico, ho bisogno di passare dei concetti che mi appartengono sia che stia suonando musica da ballo che musica intimista. Spesso funziona il contrasto, la leggerezza della musica con testi profondi, a volte invece c’è bisogno di mescolare tutto ma sempre nella ricerca di un messaggio profondo, spirituale e che possa avere una positività molto forte. Adoro quando le persone escono da un concerto sorridenti e che si sentono bene e appagate, se in quelle due ore siamo riusciti a passare concetti profondi con leggerezza ma con la forza del nostro sentire».

Ginevra si aggrappa alla spiritualità perché «l’esperienza in questa vita non mi ha dato il dono della fede. Ma la spiritualità in quanto tale è un faro nella mia esistenza. Tendo ad essa in quello che faccio, nei valori che mi porto dentro come individuo e come artista, la ricerco e il cantare mi regala un livello di comunicazione che ha a che fare con i piani più alti e sensibili del nostro sentire».

L’ultimo Festival di Sanremo li ha omaggiati con due cover dei CCCP e dei C.S.I. Per i cultori della musica italiana sono creature mitologiche, ma non dormono sugli allori. Esplorano nuovi mondi musicali, confrontandosi con autori musicali e protagonisti della cultura internazionale. Il recente progetto discografico riguarda il repertorio di Luigi Tenco. Quello che conta è un lavoro finanziato in crowdfunding, dunque mai autocelebrativi e liberi, come Tenco. Chi si somiglia si piglia. Entrambi rispondono quasi all’unisono: «Qui possiamo solo ringraziarti per queste belle parole, speriamo sia come dici tu. Sull’essere liberi artisticamente è una ricerca costante, sull’autocelebrazione anche, non mi sono mai piaciute. Questa è la nostra storia, il nostro viaggio, la nostra vita. Proveniamo da una cultura che affonda le sue radici nel concetto che musica e cultura vanno volentieri a braccetto. E nel nostro cammino ogni scelta che abbiamo preso è stata in questo senso».

Dario Brunori ha duettato in E se ci diranno insieme a Massimo Zamboni e Giorgio Canali. Il cantante calabrese ha confessato d’essere rimasto impressionato dal disco perché rivela un Tenco cantore dei nostri giorni, attualissimo. «Dario Brunori dice bene quando afferma che Tenco scrisse canzoni attualissime», dichiara Ginevra. «È quello sguardo sul mondo, sulla società, critico, provocatorio e che sa vedere lontano. Quello sguardo intellettuale che sappia essere un faro anche per le nuove generazioni e che invece stento a intravedere nella nebbia di questo nostro tempo». Magnelli conferma che la scelta è figlia di una passione vera: «Non scegliamo mai di cantare o di affrontare un autore se non sentiamo un rapporto stretto con quel che ha scritto. Per quel che riguarda Tenco principalmente è stato fare un passo indietro e tornare agli ascolti e amori musicali profusi a Ginevra dalla sua famiglia. Nel nostro percorso artistico è stata una piccola deviazione rispetto alle musiche del mondo, al cantare in più lingue, al folk e alla world music, ma nello stesso tempo ci sentiamo artisti completamente liberi e fuori dalle mode». Francesco crede che la libertà artistica sia la più bella conquista alla quale si possa aspirare, un punto di arrivo e che quando si interpreta il repertorio altrui bisogna riscriverlo secondo una propria visione e farlo rivivere degnamente. Ginevra racconta della sua vita personale e del ricordo a casa di quando ascoltava da bambina le canzoni di Tenco: «Sì, Tenco fa parte da sempre della mia vita, si ascoltava in casa quando ero piccola e sono tante le canzoni che conosco a memoria senza mai averle volute imparare. Stanno lì, in quell’imprinting musicale al quale ho voluto rendere omaggio al compimento dei miei cinquant’anni. Ho unito in questa scelta la celebrazione di un artista straordinario, fuori dagli stereotipi del suo tempo, e la mia storia, il mio passato, la mia famiglia verso la quale oggi guardo con animo più pacificato».

di Massimo Granieri