L’oratorio San Francesco Saverio del Caravita

Quando una persona
ha bisogno di mangiare...

 Quando una persona ha bisogno di mangiare...  QUO-103
08 maggio 2021

Nel cuore di Roma, a due passi dai principali monumenti e dalle vie del passeggio cittadino, già da qualche anno, è attivo un presidio di umanità che tutti i sabati, a pranzo, garantisce un pasto e momenti di condivisione fraterna a chi ne ha bisogno. Una chiesa che fra una celebrazione e l’altra, grazie al servizio generoso dei volontari, si trasforma in una mensa pronta ad accogliere tante persone. È l’oratorio di San Francesco Saverio del Caravita, retto da Padre Massimo Nevola, superiore della comunità dei gesuiti di Sant’Ignazio.

«Noi pensiamo che la carità debba andare avanti su due binari. Da un lato, bisogna provvedere immediatamente alle esigenze primarie: quando una persona ha fame non può attendere le grandi riforme degli Stati, dell’Europa e del mondo. Quando una persona ha fame, ha bisogno di mangiare; ed in questo senso, madre Teresa di Calcutta è stata realmente una profetessa della nostra epoca. Dall’altro, non bisogna trascurare il discorso politico, affinché si creino le condizioni per cui una persona povera non sia costretta a ricorrere tutti i giorni alla scodella umanitaria».

È con queste parole che padre Massimo Nevola introduce il progetto «mensa popolare», nato nel marzo 2017 dalla volontà dei membri della Comunità di Vita Cristiana e Lega Missionaria Studenti, per rispondere concretamente alla crescente povertà della Capitale, che ha travolto migliaia di persone fra italiani e stranieri.

Grazie alla perseveranza di queste persone e al desiderio di voler vivere in maniera nuova gli spazi della chiesa, oggi è attivo un servizio di prossimità sociale, che ha continuato ad esserlo anche durante la pandemia di covid, poiché è proprio in questo periodo di particolare fragilità che si è riscoperta la necessità dell’incontro e del calore umano per ritrovare la forza ed il coraggio di andare avanti. È proprio dalla consapevolezza di questo bisogno che accomuna tutte le persone che prende forma la risposta ferma dei volontari, di voler organizzare la mensa in turni, per riuscire, sempre nel pieno rispetto delle regole di sicurezza sanitaria, ad offrire un pasto e momenti di spensieratezza a chi ne ha bisogno. Ed a comprendere meglio lo spirito che ha ispirato e anima questo progetto di inclusione sociale, che vuole non soltanto assicurare le necessità primarie, ma anche proporre nuovi spazi dove coltivare l’amicizia, ci aiutano proprio i volontari, che hanno ben chiaro il sentimento che li muove.

«I nostri ospiti ormai sanno che ci sono volontari giovani e adulti che si organizzano nel loro tempo libero per raccogliere alimenti, cuocerli e servirli in tavola il sabato. Per questo, quando arrivano, ci salutano con grande gioia e affetto. Abbiamo imparato a conoscerci, anche se purtroppo a causa della pandemia e del distanziamento, non abbiamo abbastanza posti a tavola per condividere il pasto tutti insieme. Ma malgrado ciò, facendo molta attenzione, anche in zona rossa siamo riusciti a proseguire con le nostre attività e questo ci rende molto felici». Con questo pensiero, Paola Tomasini, volontaria della mensa, testimonia che l’amore per il prossimo può superare ogni ostacolo e riesce ad affermarsi in tutte le situazioni, specialmente in quelle particolarmente difficili. Un amore che, come racconta un altro volontario, Giacomo Mennuni, attraverso il servizio all’altro, dona la possibilità concreta di incontrare Dio: «È risaputo che la gratuità si presenta come l’unica dinamica in grado di sconfiggere logiche prive di giustizia, che arricchiscono solo i ricchi e impoveriscono sempre più i poveri. L’esperienza della mensa è perfetta testimonianza di questa realtà. Avete mai ricevuto nella vostra casa un amico che portasse con sé tutti gli averi che ha sulla terra? È un momento magico per tutti i volontari: l’oratorio del Caravita si riempie di luce, il crocifisso prende vita nei nostri cuori e intorno a quei luoghi imbanditi si parla di vita».

Le parole di chi ha vissuto e continua a vivere il dono di questi incontri, raccontano la storia di una comunità viva, in cammino, che riconoscendosi fortunata, desidera restituire in gratuità tutto il bene ricevuto. Ad oggi il progetto prosegue grazie alla provvidenza che, oltre ad assumere forma nell’impegno dei volontari, si rivela nella generosità di tante persone che hanno effettuato delle offerte in favore del progetto, riconoscendo in questo servizio un’occasione autentica per camminare uniti verso un mondo più equo.

di Marco Russo