La poesia come salvezza. Anche dal covid

Arte dell’incontro

Piero Bigongiari
07 maggio 2021

La poesia è l’arte dell’incontro. Come la vita. Per parafrasare un grande artista, Vinicius De Moraes, e il suo album del 1969 che lo fece collaborare con i nostri Giuseppe Ungaretti e Sergio Endrigo. Nomi da capogiro ed esperienze d’avanguardia se paragonate al nostro presente.

Eppure, nessuna mancanza è così tremendamente contemporanea come la poesia. Proprio perché educa a incontrare con tutto quel che ne consegue, quella magnifica liturgia di gesti, piccoli e grandi, che ci introducono nella vita degli altri. Gesti oggi censurati. Pericolosi. Per colpa di questa pandemia che ha ristabilito di colpo buona e cattiva educazione, capovolgendo etichette e regole. Un abbraccio, stringersi la mano, parlarsi occhi negli occhi quando i discorsi diventano impegnativi e viene naturale avvicinarsi al proprio confidente del momento. Tutto vietato. E cattivo. Oggi tentare un abbraccio è cosa malsana.

Per gli adulti, tutti noi, tutti quelli che hanno alle spalle anni e anni di vita in assenza di pandemia, tornare alla normalità sarà abbastanza semplice, ci vorrà del tempo, questo sì, ma vivere in assenza di carnalità è semplicemente disumano, innaturale. Ma per un bambino invece? Per un essere umano che ha formato o sta formando proprio in questo tempo di virus il suo legame con il prossimo quanto sarà impegnativo? Per lui, tutti loro, non si tratterà semplicemente di una rieducazione a vivere come sempre, per loro sarà una rivoluzione vera e propria. Dovranno imparare da zero. Per farlo, per alfabetizzare piccoli e meno piccoli all’arte della vita, dunque della poesia, non possiamo fare a meno proprio dei poeti e della loro lingua. E i poeti, e gli editori di poesia, ci sono e investono in passione e sostanza. In opere che rimarranno.

Come lo storico marchio Vallecchi tornato a nuova vita. Sotto la guida di Isabella Leardini ha inaugurato una collana di poesia che riproporrà autori fuori catalogo, giganti che rischiano l’oblio. Come Piero Bigongiari. L’enigma innamorato. antologia 1933-1997 a cura di Paolo Fabrizio Iacuzzi (Firenze, pagine 224, euro 18), che permette a chi non ha conosciuto, o vuole riscoprire l’opera di questo grande maestro, come riconosce con parole perfette Milo De Angelis nella prefazione.

Da un maestro indiscusso, centrale, a poeti contemporanei e ai loro editori che scommettono e vivono la poesia. Come nel caso del libro di Laura Corraducci, Il passo dell’obbedienza (Bergamo, Moretti & Vitali, 2021, pagine 112, euro 12). La collana — curata da Paolo Lagazzi, Stefano Lecchini e Giancarlo Pontiggia — non è certo sconosciuta a chi si occupa di poesia in Italia, semmai esattamente il contrario. Da Franco Loi a Gabriella Sica, a Luigi Fontanella, Gian Ruggero Manzoni. Sono molti i poeti che nel corso degli anni hanno animato questa splendida collana. Non ultima proprio la Corraducci. Per impasto linguistico, per quella speranza che fa della cristianità un orizzonte naturale per tutti noi, alcune delle poesie contenute in questo libro rimandano a figure indimenticate della nostra poesia. Prima fra tutti la Sicari, totem personale immancabile. «Rinascerò anch’io sotto forma di vela / accesa e fertile nei giorni di vento / in attesa di mani nelle sere d’inverno».

Altro poeta ed altro editore. Stefano Maldini, classe 1972, è un compagno di vita e poesia. In una sola parola d’amicizia. Anche questo dovremo reimparare. A non avere paura di dichiarare, gridare, le nostre amicizie e vicinanze, dentro questa epoca che ci vorrebbe tutti educatamente distanti gli uni dagli altri. Invece no. Maldini è un poeta di confine. La sua parola arriva sempre dopo una perlustrazione lunghissima, dopo tempi di silenzio in cui il lavoro poetico è sinonimo di veglia. Pubblica Deserto bianco con un altro editore di cui si parla sempre troppo poco. Il riminese Raffaelli Editore. La copertina di Deserto bianco (2020, pagine 68, euro 12) non ha nulla da invidiare ai libri pubblicati dai grandi colossi, anzi. La perlustrazione umana, poi linguistica, di Maldini lavora in perenne sottrazione. In questo senso, per chi conosce la sua produzione, Deserto bianco è paradigmatico, a partire dal titolo, perché raggiunge una vetta difficilmente replicabile rispetto alla capacità di ridurre all’essenza, all’osso, la versificazione, sempre più sospesa e rarefatta. Il risultato è una poesia affilatissima, e indimenticabile. «Tuo padre un battito / limpido di vento / nel golfo / d’aria della vita».

Ci salverà la vaccinazione di massa, questo è certo, ma per tornare veramente a vivere non potremo fare a meno della parola che sa dire questo e tutti gli altri mondi.

di Daniele Mencarelli