Tra esegesi linguistica e filosofia

Il testo e la cultura
della «caritas»

  Il testo e la cultura della «caritas»  QUO-100
05 maggio 2021

Testo — textus, “tessuto, trama”. Che cos’è un testo? Che cosa significa interpretazione? Domande che oggi difficilmente ci si pone. Nell’epoca di internet, degli ebook, degli istant-book, dei post e del self-publishing, parlare di testi può risultare banale. Ovunque ci sono testi, tanto che la loro esistenza appare evidente, non problematica. Viviamo in un oceano di linguaggi diversi, fluidi, in mezzo a una scrittura frenetica, dilagante e che sostituisce il confronto faccia a faccia.

Eppure il testo — come risulta dalla sua etimologia — è qualcosa di molto diverso dalla scrittura. Richiama infatti l’atto della tessitura, la creazione di una stoffa, un lavoro paziente, intriso di tradizione, complesso e lungo. La tessitura non è soltanto un network, ma un’operazione artigianale che passa da padre in figlio. In petrografia la tessitura di una roccia è la disposizione spaziale che i singoli componenti mineralogici mostrano in essa. La tessitura racconta allo stesso tempo la storia e la struttura di quella roccia, ovvero non semplicemente il suo passato, ma un intreccio di passato e futuro, di origini e possibilità. In una parola, la sua identità.

L’età dei populismi e della cancel culture esalta drammaticamente il rifiuto della storia. La scrittura diventa strumento di rimozione, violenza, discriminazione o esclusione. Possiamo trovare un antidoto nel testo e nel racconto? Nel De utilitate credendi Agostino afferma che la condizione di qualsiasi comprensione — non solo di un testo scritto — è la benevolentia. La sua fonte di ispirazione era Cicerone, che infatti parlava della benevolentia come «una volontà benefica che mira al bene» e che rappresenta uno degli elementi cruciali dell’amicizia. La benevolentia rende vulnerabili: se vogliamo il bene dei nostri amici non possiamo non temere che qualche male li colpisca, o che vengano fraintesi o manipolati. Per Agostino, il testo e l’interpretazione sono le espressioni privilegiate della benevolentia.

«Esegesi non è solo l’espressione di un metodo scientifico che vuole trovare risposte a partire dall’analisi di un testo, ma è piuttosto l’arte di riuscire a porre a un testo antico le giuste domande» come ricorda Simone Paganini, professore di teologia all’università di Aquisgrana, nel prezioso libretto Cappuccetto rosso e la creazione del mondo (Edb, 2018). Incrociando linguistica, esegesi biblica ed ermeneutica filosofica, Paganini riesce a veicolare un messaggio fondamentale: comprendere e interpretare un testo significa anzitutto mettersi a disposizione di esso come fa un amico, cercandone il significato, ossia le possibilità di senso che il testo proietta di fronte a sé.

La benevolentia non significa però accettazione passiva. «Leggere e interpretare un testo sono processi creativi, come creativo è il processo di composizione di un testo» scrive ancora Paganini. «Nel caso di un testo verbale è necessario concentrarsi su quella che è l’attività interpretativa» perché «senza questo processo il testo, per quanto artistico e interessante possa essere, resta lettera morta».

Non bisogna dimenticare che in Agostino la benevolentia è a metà strada tra consensio e caritas, cioè tra la condivisione e l’amore. L’amore per il testo è amore per l’altro, cioè capacità di accettare e rispondere alle provocazioni dell’altro. Lo dimostra anche l’intreccio scandito da Paganini nel parallelismo tra il racconto di Cappuccetto Rosso dei Grimm e la Genesi. In questi testi il significato è inscindibile da una pragmatica, da un invito a seguire una strada condivisa. A riscoprire una storia che apre verso il futuro.

di Luca M. Possati