Circa ventinove milioni di persone a rischio

Inferno nel Sahel

 Inferno nel Sahel  QUO-099
04 maggio 2021

Nel Sahel le condizioni di vita della popolazione sono peggiorate. Lo rendono noto le Nazioni Unite e le ong Norwegian Refugee Council e Plan International.

Al momento, nella regione che si estende tra l’Oceano Atlantico e il Sudan ventinove milioni di persone sono alle prese con una situazione all’orlo della crisi sanitaria, esacerbata negli ultimi anni a causa del peggioramento del clima e dallo scoppio della violenza di matrice islamica.

Secondo le stime presentate delle Nazioni Unite, il numero di persone a rischio nella regione è aumentato di cinque milioni rispetto all’anno scorso. «I dati relativi alla malnutrizione sono aumentati di un terzo nell’Africa occidentale», ha dichiarato Chris Nikoi, il direttore regionale del World Food Programme, riporta Africanews. Julie Belanger, direttrice regionale dell’Ufficio per il Coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite ha fatto appello per l’aumento delle risorse necessarie per affrontare gli aspetti relativi alle crisi sociali e politiche.

Le crisi di cui ha parlato la Belanger sono quelle che causano i problemi più gravi nel breve termine, soprattutto per donne e bambini: l’aumento della instabilità rende ancora più difficile il già debole percorso di scolarizzazione per i bimbi nella regione, mentre le donne sono vittime di abusi e violenze da parte dei gruppi armati che affliggono la regione.

Tutto ciò in una cornice in cui cinque milioni e trecentomila persone sono state costrette a lasciare la regione per emigrare o in Europa o in altre parti dell’Africa. È notizia delle ultime ore il rapimento di alcune donne da parte del gruppo terroristico Boko Haram nel nord della Nigeria. Le vittime sono state sequestrate tra le tremila persone che stavano fuggendo dopo che il gruppo ha rafforzato le sue posizioni a circa due ore dalla capitale Abuja, scrive Africanews.

Il Sahel è una delle regioni più martoriate di tutta l’Africa. È una zona cruciale per le rotte migratorie verso l’Europa, dove sono attive milizie armate di matrice islamica. L’instabilità degli Stati della regione rende il tutto estremamente complicato.

Nei giorni scorsi, in Ciad è stato ucciso il presidente Idriss Déby Itno, al potere da trent’anni, e il Consiglio militare di transizione ha nominato presidente il figlio Mahamat Idriss Déby. Nel Paese sono scoppiate manifestazioni violente e il Consiglio ha accusato i manifestanti di aver bruciato quindici veicoli della polizia.

Anche in Burkina Faso la situazione è instabile: nei giorni scorsi è giunta la notizia dell’uccisione di due giornalisti spagnoli e un attivista ambientale irlandese. L’uccisione è stata rivendicata dal un gruppo terroristico locale.

di Cosimo Graziani