A cento anni dalla nascita di Sophie Scholl (9 maggio 1921) pubblichiamo un articolo a lei dedicato tratto dal numero appena uscito di «donne chiesa mondo».
In occasione dell’8 marzo 2021 l’Europarlamento ha deciso di dedicare a due donne due dei suoi edifici: a Clara Campoamor, avvocata e politica spagnola e a Sophie Scholl, la giovane studentessa tedesca che pagò con la vita la sua opposizione al nazismo. Della resistenza dei giovani della Rosa Bianca molto si è scritto e anche il cinema ne ha efficacemente narrata la storia. Le tracce della vita dell’unica ragazza del gruppo sono, però, da scoprire nelle pagine dei suoi diari, nella sua copiosa corrispondenza, nel verbale degli interrogatori della Gestapo, negli atti del suo processo lampo, nelle testimonianze di familiari e delle persone sopravvissute della Weisse Rose.
Seguendo i suoi passi s’incontra una fonte di acqua cristallina e ci s’immerge nel pozzo profondo e luminoso di una coscienza retta e libera, un tesoro prezioso racchiuso tra due battesimi. Il primo regala due nomi alla piccola Sofia Magdalena, il segreto della sua esistenza: la sapienza della “Sofia” e l’amore sconfinato della Magdalena, uniti nel motto in lei incarnato, di Jacques Maritain «bisogna avere un cuore tenero e uno spirito duro». Il secondo è quello del suo sogno finale la notte prima dell’esecuzione. Sophie sta portando un bambino a battesimo, si sente sprofondare, ma lo mette in salvo, mentre lei cade nel baratro: «Il bambino simboleggia le nostre idee… trionferanno dopo la nostra morte».
Solo guardando al suo spirito e al suo cuore si comprende… la scelta di Sophie. Nasce in Germania il 9 maggio 1921 a Forchtenberg, cent’anni orsono, muore ghigliottinata a Monaco di Baviera il 22 febbraio 1943, a 22 anni. È la quarta di sei figli, il loro legame forte segnò profondamente la vita di Sophie e anche la sua sorte. Il padre Robert, cristiano liberale, sindaco della cittadina, fu sempre avverso al nazismo, particolarmente alla sua propaganda verso le giovani generazioni, tanto da osteggiare apertamente l’iniziale adesione dei figli Hans e Sophie alle organizzazioni della gioventù nazista.
La madre Magdalena Muller, cristiana luterana devota, il Vangelo al centro della sua vita, trasmesso alle figlie e ai figli, come messaggio di liberazione da ogni forma di potere e di male. La famiglia Scholl vive in una casa aperta all’ospitalità delle persone e delle idee, un luogo ricco di affetto e di allegria, di rispetto delle differenze, di uguaglianza tra maschi e femmine, uno spazio ampio di letture, anche di libri proibiti dal regime, di scambi intellettuali, di appassionata ricerca. È il terreno fertile in cui fiorirono i primi petali di quella che sarà poi la Rosa Bianca, tanto che i biografi definiscono questo laboratorio familiare un vero Scholl-Bund, la Lega Scholl. Dolce e ironica, timida e sfrontata, piccola e bruna, d’aspetto italiano più che ariano, senza trecce bionde, con frangia scomposta e impenitente, così è descritta Sophie, mentre lei chiarisce ben presto le sue aspirazioni di bambina: «La più brava non sono, la più bella non voglio essere, ma la più intelligente sì!».
L’adesione della giovanissima Sophie alla Lega delle ragazze tedesche, oltre che per le escursioni nella natura e per lo sport, rappresenta un’occasione per attrezzarsi alla lotta e rifiutare un modello edulcorato e sentimentale dell’essere donna. Subisce il fascino della Fuhrerin “Charlo” che aveva modificato per le sue ragazze il saluto dell’Heil Hitler in un gesto affettuoso che consisteva nello sfiorare la fronte della compagna e scompigliarle i capelli! La libertà femminile e la sua autonomia di pensiero la spingono presto a uscire da tutte le organizzazioni della gioventù hitleriana, a contestarne la pedagogia sperimentata anche nel lavoro obbligatorio, «trovavo il servizio noioso e sbagliato, quindi brutto e ingiusto perché mortificava l’individualità personale dei bambini e delle bambine», a ipotizzare un ruolo speciale per le donne come nella sua tesina di maturità: «La mano che muove la culla, muove il mondo». È poi negli affetti e nelle sue relazioni amicali che lo spirito indomito appare slegato da forme e condizionamenti. Non temeva di dire alle amiche: «Non voglio mettermi dalla parte di tutto ciò che è banale» o al fidanzato: «Io posso pensare tranquillamente a te. E sono contenta di poter fare così come voglio, senza alcun obbligo».
Il suo amore per la natura, la bellezza e la musica, traboccante nei suoi diari non solo ne manifesta lo slancio vitale, fino all’ultimo respiro, ma diventa una vera forma di contemplazione spirituale, rivelando una fede schietta e forte, anche dentro il buio dell’oppressione, della guerra, della prigione, una fede viva che alimenta la sua coerenza. Il cuore tenero di Sophie si esprime con l’esultanza della giovinezza: «Come posso non vedere un torrente limpido senza bagnarvi i piedi, così non posso passare davanti a un prato a maggio senza fermarmi». La musica «ammorbidisce il cuore, mette in ordine la sua confusione, scioglie la sua rigidità.. Sì, silenziosamente e senza violenza, la musica apre le porte dell’anima».
«Non è anche questo un mistero, che tutto sia così bello? Nonostante l’orrore, continua a essere così. (…) Per questo soltanto l’uomo è capace di essere veramente crudele, coprendo questo canto col rumore di cannoni, di maledizioni e di bestemmie. Ma il canto di lode ha il sopravvento… ed io voglio fare tutto quello che è possibile per associarmi alla sua vittoria».
Anche in cella in attesa dell’esecuzione ormai certa sussurrava: «Una giornata di sole così bella ed io me ne devo andare», ma subito con forza aggiungeva: «Non importa di morire se le nostre azioni saranno servite a scuotere e risvegliare le coscienze». La coscienza di Sophie è quella dei giovani della Rosa Bianca, è la stessa cui si appellano nei volantini rivolti a risvegliare il popolo tedesco soggiogato dal Male. Lo spirito duro li conduce al martirio. La stessa durezza di Sophie davanti ai suoi accusatori, stupiti dalla determinazione di questa piccola ragazza: «Non rinnego nulla. Sono convinta di aver agito nell’interesse del mio popolo. Non mi pento e ne accetterò tutte le conseguenze (…) non io, ma lei ha una falsa visione del mondo». Nelle ultime pagine di diario scriveva: «La vita è sempre sul bordo della morte, una piccola candela brucia esattamente come una torcia ardente… Scelgo da me il modo di bruciare». Lo stesso fuoco d’amore che la portò alla ghigliottina per proclamare fino alla fine la sua Libertà: Freiheit, l’ultima parola gridata dal fratello Hans davanti ai suoi carnefici e da loro regalata a noi per sempre.
di Grazia Villa
Avvocata per i diritti delle persone