Sandu Tudor e la preghiera del cuore nella Romania di metà Novecento

Tutto, ma non tiepidi

 Tutto, ma non  tiepidi  QUO-096
29 aprile 2021

L’epoca moderna è segnata da una spaccatura da ricomporre, dalla lacerazione di due forze centrifughe difficili da smascherare, nel quotidiano svolgersi della vita, chiamate soggettivismo e sentimentalismo, scriveva qualche anno fa, nell’ultimo decennio del Novecento, padre Elia Citterio nel suo (bellissimo) libro L’intelligenza spirituale del sentimento (Roma, Lipa, 1994) spiegando nel dettaglio i termini di un apparente paradosso.

«L’epoca della razionalità e della scientificità empirica e storico-critica — continua padre Elia nel suo saggio — è sfociata in tante espressioni di soggettivismo e sentimentalismo. Stiamo assistendo nel nostro tempo ad una grande rinascita del religioso o del semi-religioso, segnato da una forte sottolineatura dell’affettività, del benessere sentimentale, di un esperienzialismo unilaterale. Da queste tendenze non sono immuni gli stessi movimenti ecclesiali, dove talvolta una specie di psicologismo sostituisce la spiritualità». Non a caso, il giovane Salomone, spaventato dalla responsabilità di guidare un popolo, chiede a Dio il dono di un cuore intelligente, il regalo celeste di una perspicacia affettiva capace di diventare saggezza, senza farsi ridurre da schemi o ideologie.

«Forse — continua padre Elia — è giunto il tempo in cui riscoprire i sentieri che portano dall’affetto al sentimento e dal sentimento al cuore. Forse è venuto il tempo in cui si può riscoprire il cuore come luogo dell’integrazione, come luogo in cui l’uomo è già intero, non frantumato, smembrato, dove si esprime la maturità dell’uomo della Bibbia, dove l’intelletto ha il suo sentimento e dove il sentimento “intellige”».

Un appello a “tornare interi” oggi, se possibile, ancora più urgente e necessario. Ma diamo uno sguardo al cursus honorum spirituale dell’autore, per capire meglio a quali fonti attinge la sua ricerca. Padre Elia è nato a Inverigo, in provincia di Como nel 1950, e a 22 anni è stato ordinato sacerdote. Ha studiato filosofia a Genova e teologia all’Angelicum a Roma, con una tesi su Nicodemo Aghiorita; attualmente vive nella Comunità dei Fratelli Contemplativi di Gesù, a Capriata d’Orba, in provincia di Alessandria. Seguendo il carisma ecumenico della sua comunità, studia i fondamenti patristici della tradizione delle Chiese d’Oriente e il rinnovamento basato sulla Filocalia che ha caratterizzato in epoca moderna e contemporanea il mondo ortodosso, soprattutto quello romeno.

A questo tema è dedicato il suo ultimo libro, Un fuoco che brucia ma non consuma. La preghiera del cuore nella singolare esperienza romena del Roveto ardente (Rimini, Il Cerchio, 2021, pagine 264, euro 32) in cui si ripercorre la vita di Sandu Tudor e del cenacolo del monastero di Antim, a Bucarest, tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento. La biografia di Tudor (alias padre Agathon) è seguita da due capitoli sulla storia dell’esicasmo romeno «come un preludio a gustare, nella seconda parte, l’Inno acatisto al Roveto Ardente della Madre di Dio, la composizione singolare di Sandu Tudor sulla preghiera del cuore, nella sua ricchezza e profondità» scrive l’autore. La dolcezza delle composizioni poetiche di Tudor non deve però farci dimenticare la durezza del contesto storico in cui si è trovato a vivere.

«I manoscritti — scrive Roman Braga, un discepolo del gruppo di Antim — venivano subito ciclostilati in segreto e diffusi in centinaia di copie. Noi, che siamo stati i testimoni di quei giorni, non possiamo dimenticare che durante il comunismo i libri di mistica e di ascesi, di preghiera e delle vite dei santi erano diffusi in segreto, erano cercati dalla Securitate per essere distrutti e chi li possedeva correva il pericolo di essere gettato in prigione».

di Silvia Guidi