Wendell Berry il poeta contadino

Dall’osservatorio di un bosco

Un dettaglio del murale dell’ateneo del Kentucky che Wendell Berry ha contribuito  a salvare
28 aprile 2021

Wendell Berry non è ancora noto al grande pubblico italiano. Ma nella sua opera ci sono delle consonanze così profonde con lo spirito dell’Italia che è probabile che Berry diventi non solo noto, ma anche celebre, come lo è diventato in ambito nord-americano nell’ultimo decennio.

L’Italia è il Paese per eccellenza delle particolarità locali. È famosa per i vini che esprimono territori di pochi ettari e per i microclimi che permettono la produzione dei salumi più svariati, famosa per stili di pittura e di architettura, dialetti e cibi che variano nel raggio di pochi chilometri. Perché l’Italia ha sviluppato così tante varietà, con una così profonda valorizzazione delle possibilità nascoste in ogni territorio? La lettura di Berry può aiutare a riscoprire gli atteggiamenti che stanno all’origine della grandezza dell’Italia, e forse anche a scorgere una strada buona per il futuro.

Berry nasce il 5 agosto 1934 in Kentucky da una famiglia che aveva lavorato quella terra da cinque generazioni. Dopo la laurea, ha conseguito un master alla Stanford University sotto la direzione del grande scrittore dell’Ovest, Wallace Stegner, assieme a studenti di alto calibro, inclusi Larry McMurtry e Ken Kesey. Nei primi anni Sessanta la vincita di varie borse di studio letterarie, incluso un Guggenheim Fellowship, gli permisero di viaggiare in Europa e poi di lavorare a New York come professore. Ma nel 1965 Berry è salito in macchina con sua moglie Tanya e i suoi due figli e ha lasciato la città per vivere a Lane’s Landing, Kentucky, e lavorare la terra di una piccola fattoria. Da allora ha sempre vissuto, lavorato e scritto in quel luogo. Non solo ha coltivato la terra come principale fonte di sostegno per la vita familiare, ma ha svolto il proprio lavoro evitando persino di usare trattori. Preferiva invece far trainare gli attrezzi di lavoro con i cavalli, per motivi seri che ha documentato in diversi saggi (e non solo per il fatto di essere un bastian contrario inveterato).

Dall’inizio della sua attività di agricoltore ad oggi, Berry ha svolto il mestiere parallelo di scrittore, saggista su temi ambientali e poeta lirico con uno sguardo attento agli elementi della quotidianità. Anche se alcuni dei suoi contemporanei in città hanno disprezzato la sua scelta di ritirarsi in campagna, dicendo che si sarebbe inaridito intellettualmente, lontano dalle conversazioni letterarie, dopo mezzo secolo bisogna ammettere che invece ha saputo scorgere della profondità abissali, forse infinite, dentro alla trama di rapporti di una comunità composta di poche decine di persone.

L’attenzione che ha prestato a questi rapporti diventa il materiale per una serie di romanzi, a cominciare da Nathan Coulter nel 1960. La serie prosegue poi con sette altri volumi (di cui quattro, I primi viaggi di Andy Catlett, La memoria di Old Jack, Hannah Coulter, e Jayber Crow, sono editi in Italia da Lindau per merito della lungimiranza e il coraggio dell’editore Quarantelli). I romanzi e una cinquantina di racconti brevi si incentrano sulla vita di Port William, paesino immaginario che assomiglia molto al luogo reale dove vive Berry, Port Royal.

Oltre a essere un agricoltore, Berry è stato a lungo anche un attivista. Decine di volte ha partecipato a proteste non-violente contro attività che riteneva dannose alla vita e alle persone, ad esempio la guerra in Vietnam, la costruzione di centrali nucleari, la pena di morte. Nel 2011 ha protestato per le controverse attività delle miniere del Kentucky che continuano a togliere carbone dalle montagne, fino a decapitarle e spianarle. Con altri attivisti, Berry ha occupato l’ufficio del governatore dello Stato del Kentucky per diversi giorni. Aveva già 74 anni.

Sono le classiche forme di protesta di un certo modo di intendere l’impegno politico, ma Berry non porta alcun tesserino. Cerca di agire seguendo la sua coscienza e la sua ragione, non le mode di un momento. Nel luglio 2020, un periodo segnato da forti tensioni sociali negli Stati Uniti, tante statue e opere d’arte pubblica con soggetti ritenuti razzisti sono state rimosse. Anche un murale del 1934 all’università di Kentucky era finito nel mirino delle proteste, e l’università aveva deciso di rimuoverlo. Berry non solo non ha prestato la sua voce agli attivisti in quell’occasione, ma addirittura ha fatto causa legale all’università per impedire che il murale fosse tolto. Il risultato: l’università ha deciso di commissionare un nuovo lavoro artistico nella cupola che si eleva sopra il murale, aggiungendo elementi che rievocano l’esperienza degli schiavi, piuttosto che distruggere la visione parziale — eppure parzialmente vera — di un opera d’arte che appartiene alla storia del luogo da parecchi decenni. È stata una vittoria, una decisione che rende onore a tutte le persone coinvolte in una storia complessa.

La sua opposizione all’aborto, assieme all’opposizione alla pena di morte, rende Berry una figura scomoda per la sinistra (nel 2009 scrisse che «prendere una vita umana prima della nascita mi mette profondamente a disagio, e allo stesso modo prendere una vita umana dopo la nascita mi mette profondamente a disagio»). D’altro canto, la sua critica alle istituzioni religiose lo rende scomodo alla destra.

«Vado in chiesa quando piove», rende icasticamente la sua posizione sulla religione. Per Berry il vangelo è una cosa seria, ma il tempio di Dio che è il mondo creato ha la precedenza sul tempio che è una chiesa. A volte è importante partecipare alla presenza del divino attraverso la parola, il canto, la comunità — quando piove, però.

Questa tensione emerge in uno dei suoi primi Sabbath Poems, le meditazioni poetiche che scrive dal 1979 quasi ogni domenica.

Sabato


La campana chiama nella città
in cui gli antenati hanno disboscato la terra che era in ombra
e portato giù l’alta luce del giorno
perché splendesse sul campo e la strada battuta.
Io sento, ma capisco
il contrario, e vado verso i boschi.
Lascio il lavoro e il carico,
prendo su di me una storia diversa.
Tengo un inventario
di meraviglie e generi non commerciali.

Il mondo naturale, con le sue interconnessioni molteplici e polivalenti, è un simbolo inesauribile delle realtà nascoste. Ad esempio, il ciclo dell’acqua che cade dalle nuvole, scende nei ruscelli e poi nei fiumi fino al mare, e poi ritorna nell’aria per evaporazione, è un simbolo vicino al cuore di Berry, che ha scritto i suoi romanzi e decine di volumi di saggi e poesie in una capanna senza elettricità, proprio sulle rive del fiume Kentucky. In una poesia quasi teologica intitolata Il dono della gravità, il poeta scrive

Il dono della gravità


Tutto ciò che passa discende
e ascende ancora, non visto
nella luce: il fiume
scende dal cielo
alle colline, da queste al mare,
e scava muovendosi,
per sorgere invisibile,
raccolto alla luce, per ritornare
di nuovo. “La ferita del fiume
è la sua forma”. Non so altro.
Siamo ciò che ci viene dato
e ciò che ci viene tolto:
sia benedetto il nome
di chi dà e di chi toglie.
Perché tutto ciò che arriva
è un dono, il cui senso è sempre
portato fuori di vista
per rinnovare i nostri dintorni,
sempre un punto di partenza.
E ogni dono è perfetto
nel suo principio, poiché
“Viene dall’alto, e discende
dal Padre delle luci”.
La gravità è grazia.
Tutto ciò che è giunto a noi
è giunto come giunge il fiume,
dato mentre passa e va.
E se la nostra malvagità
distrugge lo spartiacque,
dissolve la bellezza del campo,
allora devo affliggermi e imparare
che possiedo per perdita
la terra in cui vivo
e mi muovo ed esisto. Il buio
e poi la luce l’avranno.
Sono neonato al dolore
per amare la riva appena formata
dove giovani pioppi
prosperano radicati nella ferita,
martin pescatori fanno già il nido
in una buca nella riva tranciata.
“Ciò che rimane è ciò che è” —
non so altro. La riva
diventa verde alle canzoni
dei fuochi della fine del mondo,
e cosa ci si può fare?
Immaginare ciò che esiste
così che possa risplendere
nella luce del pensiero e in quella
del giorno
innalzato nella mente.
Il buio ritorna alla luce
nel bianco e blu del martin pescatore
riccamente accostati.
Si tuffa in volo,
dalla terra rotta,
con grida stridule raccoglie
l’aria sotto le ali.
In un atto d’amore, il corpo
dimentica il suo peso. E ancora
una volta, con la mente colma
di amore e di canto, giungo a ciò
che deve giungere a me, portato
come un danzatore da una musica.
Questa grazia è gravità.

Il ciclo dell’acqua crea le rive del fiume per sottrazione. L’acqua taglia il terreno come una lama, fa una ferita, che è anche una forma. L’acqua è la materia che crea la ferita nel suolo, ma la sua azione e la sua potenza sono donati dalla gravità invisibile, che è “grazia” per Berry. Così la vita della persona umana è ciò che gli viene donato, ed è ciò che gli viene tolto.

Difficile inquadrare questa visione in una sola tradizione religiosa, ma proprio in ciò sta parte dell’attrattiva della poesia di Berry. Si sentono gli echi di saggezze senza tempo né luogo, proprio dentro ai dettagli di un tempo e un luogo molto precisi. Non importa assegnare un partito di appartenenza a questa verità. Importa invece che questa verità nasca dalla terra, dai rapporti umani vissuti fino in fondo, dall’amore per gli oggetti del lavoro, per gli animali e le piante. Se dalla terra nasce la verità, si può sperare che la misericordia si affaccerà dal cielo.

Berry non si preoccupa particolarmente del peccato, nei termini astratti di una condizione primordiale da cui occorre essere redenti. Si preoccupa vigorosamente invece del peccato inteso come l’ingiustizia nei rapporti tra persone, e tra umani e mondo naturale. Si preoccupa, e ha più di mezzo secolo di interventi scritti per dimostrarlo, dell’individualismo che frammenta il mondo e strappa il cuore delle persone dalle radici che soltanto possono dare un senso al lavoro e all’attività del singolo. Si preoccupa delle idee efficientiste e capitaliste che promuovono una visione della vita che sfrutta la terra e le persone, e che si presenta come il “progresso”, il risultato inevitabile di forze evoluzionistiche.

Per Berry, queste sono delle mitologie sciatte e disumane, che misconoscono i valori reali di ogni vita umana e che inducono a prometeismi distruttivi. L’uomo non è un dio. Vive meglio sotto la luce filtrata del bosco che sotto i riflettori e gli sgargianti tubi dei neon.

Nella penombra del bosco, l’uomo può imparare a vedere. La verità si nasconde e si rivela fra le zolle di terra, fra le righe dei discorsi di circostanza col commesso all’ufficio postale, e fra i rami di un melo.

Il melo


Nella prosa essenziale
delle cose, il melo
si erge, enfatico
fra gli accidenti
del pomeriggio, solvente,
innegabile.
L’erba è stata tagliata
a fondo, con cura
per lasciare i papaveri
arancioni ancora in fiore;
l’albero si erge
tra l’odore dell’erba
che si secca. Il tronco
con le ramificazioni sono
anch’essi una sorta di necessaria
prosa — embricata di foglie,
pigmenti e canti
imposti sui crudi
legamenti dei fatti, un fogliame
di piccoli uccelli tra loro.
L’albero si innalza
nel giardino,
l’ammasso disordinato delle foglie
verdi dimezza la luce,
afferma l’inalterabile
congruità e forma
della sua crescita casuale;
i fringuelli cremisi appaiono
e scompaiono, cantando
in mezzo al disegno.

L’albero che è stato visto così, seppure per un attimo, acquisisce un’eternità nel pensiero umano e nella scrittura poetica. È stato innalzato nella “luce del pensiero”, assieme al suo contesto lavorato dall’uomo con una cura tipicamente rurale e americana, che taglia l’erba ma lascia che i gruppi di fiori selvatici abbelliscano l’ambiente prima di essere falciati. Il melo coesiste con gli uccelli, in uno stretto rapporto poetico: gli uccelli trovano casa e nutrimento fra i rami, e sono essi stessi parte dello scintillìo delle foglie nella luce, un rosso contrastato con il verde, e un canto che completa il silenzio umile ed espansivo della pianta.

Le vere vette della poetica di Berry si raggiungono quando parla dei rapporti umani. Sia nei suoi romanzi, sia nelle sue poesie, l’ecologia umana e la fitta trama di rapporti fra persone è il punto focale dell’attenzione. Le passeggiate domenicali tra gli alberi e l’osservazione del mondo naturale sono come atti di respiro, che permettono il ritorno al mondo degli umani con tempi più pazienti e occhi più onesti, meno chiusi e costretti dentro a categorie inadeguate.

Dagli anni di lunga e profonda contemplazione è uscito, ad esempio, Jayber Crow, protagonista dell’omonimo romanzo. È un ex-seminarista, un decaduto della carriera ecclesiastica, che torna in paese e diventa il barbiere. Quando serve, si presta anche a fare il becchino. Un fallito, sembrerebbe. Eppure Berry ne fa un uomo completo, pieno di parole dette e non dette mentre taglia i capelli, pieno della cura che ha per gli altri membri della piccola comunità. È pieno anche delle emozioni forti che prova per una donna sposata e per il suo marito violento e fedifrago.

Fuori di metafora, Berry scrive alcune delle sue poesie più toccanti proprio su sua moglie Tanya. Lei appare come un centro, un’àncora; a momenti un’avversaria, un lenimento una moglie. Appena trentenne scrive:

Il matrimonio (per Tanya)


Com’è duro per me, che vivo
nell’eccitazione per le donne
e ho desiderio di loro
nella bocca come sale. Eppure
tu mi hai preso e acquietato.
Sei stata per me una luce tale
che le altre donne sono state
tue ombre. Tu vieni vicina a me
con la vicinanza del sonno.
Eppure non sono quieto.
Si tratta di essere spezzato. Si tratta
Di essere squarciato. Non si tratta
di essere raggiunto e trovare riposo
Mai. Mi rivolto contro te,
mi stacco da te, mi volgo a te.
Feriamo, e siamo feriti,
e abbiamo l’un l’altra per curarci.
Si tratta di guarire. Non è mai compiuto.

Molti anni più tardi, la sua donna è oramai una nonna. Il tempo vissuto bene con lei ha dato a Berry occhi capaci di vedere la storia della sua vita con gratitudine e gioia:

La vestaglia blu


Che gioia essere insieme, soli
come quando siamo stati uniti la prima volta
nella nostra piccola casa presso il fiume
tanto tempo fa, solo che ora ci
conosciamo, come allora non era;
e ora, invece di due storie che cercano goffe
di incontrarsi, apparteniamo a una storia
che le due, unendosi, hanno creato. E ora
ci tocchiamo con la tenerezza
dei mortali, che si conoscono:
che gioia sentire il cuore che trema
alla vista di una nonna,
vecchia amica nella luce del mattino,
stupenda nella sua vestaglia blu!

La celebrità di Berry ha avuto una lenta crescita. È sempre stato un burbero della campagna, difficile da contattare, che rifiuta interviste e si scaglia con tutta la sua forza contro svariati elementi della società contemporanea. Eppure ha acquisito sempre più credibilità, e sempre più lettori, fino a giungere a riconoscimenti altissimi negli ultimi anni, come essere incluso nel Library of America, e come ricevere dalle mani del presidente Obama il National Humanities Medal nel 2010.

Come un albero sano, le sue radici sono penetrate nel terreno continuamente, profondamente, e nel tempo i suoi rami sono cresciuti fino a riempire un ampio spazio nel cielo. Danno ombra a chi è stanco e sfiduciato nel mondo della tecnica ultraefficiente e disumana, e producono frutti gustosi per chi è in viaggio, pieni di nutrimento per il pensiero e per affinare la capacità di sentire il mondo.

«Vivi una vita di tre dimensioni», consiglia a se stesso. Il consiglio vale per ognuno di noi, come riscoperta dell’attenzione al dettaglio che ha reso grande l’Italia, e anche come congedo:

Come essere poeta
(per ricordarmelo)

I.
Prepara un posto per sederti.
Siediti. Resta in silenzio.
Devi dipendere da
affetto, lettura, conoscenza,
abilità — più di quanto
tu non ne abbia — ispirazione,
lavoro, invecchiare, pazienza,
perché la pazienza congiunge il tempo
all’eternità. Se hai lettori a cui
piacciono le tue poesie,
diffida del loro giudizio.

II.
Respira con respiro incondizionato
l’aria non condizionata.
Evita il filo elettrico.
Comunica lentamente. Vivi
una vita a tre dimensioni;
stai lontano dagli schermi.
Stai lontano da tutto ciò
che oscura il posto in cui si trova.
Non esistono posti non sacri;
esistono solo posti sacri
e posti dissacrati.

III.
Accetta ciò che viene dal silenzio.
Fanne il meglio che puoi.
Delle parole piccole che vengono
dal silenzio, come preghiere
pregate in risposta a chi prega,
fa’ una poesia che non disturbi
il silenzio da cui è venuta.

(poesie tradotte da Mariadonata Villa)

di Jonah Lynch