Quattro pagine - Approfondimenti di cultura, società, scienze e arte
Di rifiuti, e di immondizia

Tutto è collegato

Alejandro Marmo, «Cristo Operaio» (foto @Alejandro Marmo)
27 aprile 2021

«La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. (…) Tanto i rifiuti industriali quanto i prodotti chimici utilizzati nelle città e nei campi, possono produrre un effetto di bio-accumulazione negli organismi degli abitanti delle zone limitrofe, che si verifica anche quando il livello di presenza di un elemento tossico in un luogo è basso. (…) Questi problemi sono intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura. Rendiamoci conto, per esempio, che la maggior parte della carta che si produce viene gettata e non riciclata. Stentiamo a riconoscere che il funzionamento degli ecosistemi naturali è esemplare: le piante sintetizzano sostanze nutritive che alimentano gli erbivori; questi a loro volta alimentano i carnivori, che forniscono importanti quantità di rifiuti organici, i quali danno luogo a una nuova generazione di vegetali. Al contrario, il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie».

Così scrive Papa Francesco nella Laudato si’, l’enciclica sulla cura della casa comune. «Tutto è in relazione», «tutto è collegato», «tutto è connesso» in un’ecologia integrale che è, insieme, paradigma concettuale, percorso spirituale e motore concreto. È preoccupazione per la natura, bisogno di equità verso i poveri, impegno sociale individuale e comunitario. È il cuore di questo Pontificato come risposta a una cultura che “getta” anziani, malati, donne e uomini con disabilità, poveri, detenuti, senza fissa dimora, migranti, inchiodandoli all’emarginazione e all’invisibilità. Persone alle quali Papa Francesco non solo vuole restituire dignità, ma delle quali intende rivelare la forza, la bellezza, la grazia. Il valore profondo.

Di rifiuti parla questo numero di «Quattro Pagine». E lo fa partendo da un’immagine: il messaggio cristiano espresso attraverso ferraglia, catene addentate dalla ruggine, pezzi di vecchi cancelli, scarti abbandonati. È il Cristo Operaio di Alejandro Marmo, l’artista argentino delle periferie che crea con i rifiuti, i materiali poveri e di risulta. E crea aiutato da coloro che sono considerati rifiuti del mondo: come la Virgen de Luján, un’altra scultura di Marmo presente in Vaticano, il Cristo Operaio è stato infatti realizzato in collaborazione con un gruppo di ragazzi con problemi di integrazione. Scarti e scartati.

Perché se «immondizia è sempre traccia del passaggio urbano, per cui Dio (…) si presenta in ciò che rimane dopo i nostri eccessi, (…) investe su ciò che giudicavamo non servire più», come scrive Sergio Massironi; se il minuscolo sassolino che innesta la valanga può essere messo in moto dall’invenzione di un detenuto, Fernando Gomes da Silva, che — lo racconta Enrica Riera — non trovandosi nel mondo «per il mondo ha tanto voluto creare qualcosa», ecco che davvero il nuovo può avviarsi. Il primo passo, però, sta a noi farlo. Come l’ha fatto il termovalorizzatore di Copenaghen progettato da Bjarke Ingels, «una costruzione ingombrante, difficilmente mimetizzabile all’interno del tessuto urbano» — come ci ricorda Mario Panizza — che è stata trasformata in un parco. Diventando così «un luogo accogliente e non una presenza dalla quale tenersi lontani, quasi da temere».

È il grido che lancia l’ergastolano protagonista di Cattivi (Einaudi 2015) di Maurizio Torchio. «Io fra cinque anni, se sarò ancora vivo, avrò passato più tempo dentro che fuori. Dal fuori ormai ho raschiato il raschiabile. Sono andato nell’immondizia a frugare. Pezzi di vita che all’inizio mi erano sembrati inutili, o schifosi, li ho ripescati con gioia. Li ho puliti, come ho potuto, e tenuti con me».

È l’intreccio capace di ribaltare ogni cosa: solo così la pietra scartata, libera; e la separazione, unisce.

di Giulia Galeotti