Il significato dell’accoglienza ne «Il primo bambino del mondo» di Paola Capriolo

Caino e la sindrome dell’Altro

Alberico_26_x.jpg
26 aprile 2021

È Caino il primo bambino del mondo, nato per portare luce e gioia ai genitori, Adamo ed Eva. Questi, da che hanno perso la felice condizione di abitanti nell’Eden, vivono smarriti e tristi, preda di una struggente nostalgia per il luogo felice da cui sono stati allontanati per loro colpa, una colpa commessa per leggerezza, per incoscienza, perché caduti preda della blandizie di un essere maligno. Eva piange in continuazione e la nascita del figlio primogenito, Caino, pare foriera di una terrestre felicità.

Caino si racconta, nelle pagine di Paola Capriolo Il primo bambino del mondo (Milano, Bompiani 2021, pagine 128, euro 11), iniziando proprio dalla sua nascita e da ciò che l’ha preceduta, quindi il suo è anche il racconto di un racconto, di ciò che Eva e Adamo gli dicono della sventura avuta, del luogo da cui sono stati cacciati, del presente di fatica e dolore che non li risparmierà.

Caino è bellissimo e molto amato, i suoi primi anni di vita scorrono sereni, il mondo pare una promessa di serenità. Ma ecco che nasce un fratello, Abele. Eva glielo mostra felice. «È tuo fratello, non sei più solo». Quella nuova condizione che ai genitori pare un dono, per Caino è un evento doloroso e sgradito. Confessa «dovetti abituarmi all’esistenza di un altro, dell’Altro». Era figlio unico e avrebbe ereditato tutta la terra, sarebbe stato solo lui nel cuore del padre e della madre e ora si sente spodestato, sminuito. Deve prendere atto che c’è un fratello, che l’Altro esiste. I bambini crescono, Abele sarà pastore, a Caino coltiverà la terra, diventano giovani uomini ma Caino non riesce ad amare Abele. Ci prova ma dentro di lui gonfia sorda invidia, guarda con occhi pieni di risentimento l’altro, l’intruso. Abele è la personificazione della bontà e della mitezza ma proprio questo rinfocola in Caino sentimenti amari. Anche Dio pare non accogliere l’offerta di Caino mentre è aperto e generoso col miele e la lana offerti da Abele.

E allora, pieno di rabbia troppo a lungo covata, il fratello ucciderà il fratello. Da questo momento inizierà per Caino una lunghissima vita errabonda fatta di alti e bassi, di avventure d’amore e di potere, di fughe e di tormenti.

Capriolo riscrive i passi della Genesi con parole e immagini di forte impatto emotivo, racconta una storia che per tutte e tre le religioni abramitiche sta alle origini della vita dell’uomo sulla terra e si rivolge a un lettore bambino. Non era facile parlare ai piccoli di morte, di dolore, di sete del potere e senso di colpa.

Ma l’autrice lo fa scegliendo una narrazione pacata, che a tratti ha la levità della poesia più che della prosa, non c’è mai accento di condanna verso Caino, piuttosto una sorta di comprensione misericordiosa, la stessa che Dio ha avuto verso l’omicida facendo sì che un marchio sulla fronte lo proteggesse da inutili violenze. Nessuno tocchi Caino! Non si può rispondere alla violenza con la violenza.

Uno dei meriti del libro e di offrire ai lettori bambini una occasione e una chiave per interrogarsi sul modo di stare al mondo, su cosa significhi accogliere l’altro da sé, sul quanto sia sterile e dannoso covare in silenzio risentimenti e invidie. Spesso nascono dalla paura: di non essere sufficientemente amati, considerati, accettati.

I bambini attraversano spesso l’età della crescita, della scoperta di sé, del mondo dei grandi, dei coetanei, in una solitudine che non li aiuta a decodificare quel che provano, spesso non hanno le parole per nominare i pensieri, per porre domande. Altrettanto spesso i grandi sono distratti e non colgono il silenzio gravido di interrogativi dei piccoli i quali finiscono per rispondersi da soli, alimentando fantasmi e piccole voragini.

Il primo bambino del mondo può essere, dunque, una occasione per addentrarsi nella lettura della Bibbia ma anche per scoprire quanto del racconto biblico ci riguardi da vicino.

di Giulia Alberico