Il 26 aprile 1911 nasceva Enrico Medi

Lo scienziato di Dio

 Lo scienziato di Dio  QUO-092
24 aprile 2021

«Insomma, sta avvenendo esattamente quello che vogliono il professor Medi e Keplero». La battuta è dell’inviato Ruggero Orlando che, dal Centro Nasa di Houston, si rivolge ad Andrea Barbato, Tito Stagno e Piero Forcella, conduttori della prima maratona televisiva della Rai riguardante la storica passeggiata sulla luna di Neil Armstrong e Buzz Aldrin. Quella notte tra il 20 e il 21 luglio 1969, a commentare la missione Apollo 11 dallo studio 3 di via Teulada insieme ai giornalisti, c’è pure lo scienziato Enrico Medi, il quale, davanti a milioni di telespettatori, prevede e spiega, con chiarezza e semplicità disarmanti, ogni fase dell’impresa lunare.

Proprio di Medi — uomo di scienza e apostolo di fede, accademico e politico, padre e marito amorevole — il 26 aprile ricorrono i 110 anni dalla nascita. Per l’occasione il Centro Missionario Francescano e la casa editrice Leardini hanno riproposto la biografia scritta da padre Antonino Gliozzo nel 1988. Il testo aggiornato, a cura di Roberto Brunelli, s’intitola Enrico Medi. Lo scienziato di Dio (Macerata, 2021, pagine 288, euro 18) e ripercorre la vita del «ragazzo di via Panisperna». Perché sì, Enrico Medi, d’origine marchigiana, lontano parente di Leopardi e cresciuto a Roma, dopo gli studi dai Padri Marianisti e dai Gesuiti del Collegio Massimo (fonda la Lega Missionaria degli Studenti), s’iscrive alla facoltà di fisica, entrando in contatto con il noto gruppo di giovani studiosi guidato da Enrico Fermi.

Dall’università (docente prima a Palermo e poi a Roma) alla politica (eletto all’Assemblea Costituente per la Dc, confermato deputato nel 1948 e più tardi nominato a Bruxelles vicepresidente dell’Euratom»), Medi non dimentica mai di cercare «l’amore per la verità e per il Creato». Non è un caso che tutta la sua esistenza sia esempio di «alleanza» e non di conflitto, soprattutto tra fede e scienza.

Emblematiche, a tal proposito, le parole usate dal vescovo di Senigallia Francesco Manenti, che del volume firma la prefazione. «Lo scienziato Medi, non solo non ha trovato nella fede, che lo ha accompagnato nella sua vicenda umana, un ostacolo, un freno alla ricerca nel campo della fisica terrestre, di cui era un riconosciuto autorevole esperto, ma ha ricevuto da questa la sollecitazione a procedere nella propria ricerca. Il credente Medi non solo non ha considerato la scienza antagonista della propria fede, ma ha ricevuto da essa ulteriori motivi per riconoscere con stupore l’azione del Creato».

Figlio spirituale di Padre Pio, autore di diversi articoli su «L’Osservatore Romano», collaboratore di «Radio Vaticana» e membro della Consulta dei laici per lo Stato della Città del Vaticano, lo «scienziato credente» viene inoltre ricordato per aver «approfondito gli studi di Chadwick sul neutrone, per aver intuito prima del Nobel Van Allen l’esistenza di fasci ionizzati nell’alta atmosfera e per aver collaborato con Lo Surdo agli esperimenti che in seguito diedero origine all’invenzione dei radar».

Apprezzato e popolare divulgatore scientifico, presta «la sua figura a sketch umoristici in una trasmissione di Tognazzi» («Lui ne rideva con gioia sincera, conscio che anche questa traduzione inattesa poteva contribuire ad avvicinare tante persone al mondo meraviglioso e ignoto della scienza»), mentre, nel 1955, designato da Pio xii capo della delegazione pontificia, partecipa alla Conferenza internazionale sugli usi pacifici dell’energia atomica di Ginevra; nel 1985 Giovanni Paolo ii lo cita nel corso dell’udienza generale in piazza San Pietro su «Gli uomini di scienza e Dio».

Tra le altre cose, c’è da dire che Medi ricopre l’incarico di direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica («si propose di realizzare una rete di Osservatori geofisici»), poi nel 1971 il suo ritorno alla politica attiva: risulta il primo degli eletti al Consiglio comunale di Roma e un anno dopo è nuovamente a Montecitorio, dove rimane fino alla morte, nel 1974. Sempre e per sempre, «interprete dei bisogni degli umili, dei principi cristiani che rappresentava, dei problemi che il Paese aveva e che [ne] chiamavano in causa la competenza».

Nella sua biografia (vi si trova anche l’invito alla lettura di una delle sue sei figlie, Maria Beatrice), oltre a tutto il cammino di Medi, si rintracciano fotografie e stralci dei suoi discorsi: l’Europa, i giovani, la famiglia, la difesa dell’educazione, la scienza, la spiritualità e appunto la fede sono temi in cui costantemente emerge il «sincero desiderio di comunicare ciò che aveva dentro, quel fuoco che lo spingeva, contro ogni fatica e imprevisto, a proclamare la verità dell’uomo e tracciare strade nuove per un futuro migliore e un progresso secondo i disegni del Creatore».

In uno degli appassionati discorsi di Medi — per il quale la Chiesa di Senigallia ha avviato il processo di beatificazione — si legge: «Voi misteriose Galassie (…) Da voi io prendo la luce e ne faccio scienza; prendo lo sfavillio dei colori e ne fò poesia. Io prendo voi, o stelle, nelle mie mani e vi alzo al di sopra di voi stesse e, in preghiera, vi porgo a quel Creatore che, solo per mio mezzo potete adorare: l’uomo è più grande delle stelle!». Parola, dunque, di Enrico Medi, secondo cui «la scienza è strumento di riconciliazione dell’uomo con la natura, e dell’uomo con se stesso».

di Enrica Riera