La lunga carriera di Fernando Germani, nato 115 anni fa

L’organista rivoluzionario

L’organista Fernando Germani con il compositore Paul Hindemith in una foto degli anni Cinquanta
21 aprile 2021

Il 5 aprile scorso ricorreva il 115° anniversario della nascita di Fernando Germani, verosimilmente il più importante organista di fama mondiale che l’Italia abbia conosciuto nel secolo scorso. Una figura di musicista e di “divulgatore” dell’organo che merita di essere ricordato.

Romano “de Roma”, già a 8 anni iniziò lo studio della composizione con Ottorino Respighi e del pianoforte con Francesco Bajardi al Conservatorio di Musica Santa Cecilia. Proprio dietro consiglio di Respighi, il giovane Germani cominciò a studiare organo con Raffaele Manari, uno dei principali esponenti del cosiddetto Movimento Ceciliano, nonché uno dei fondatori del Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma.

A 15 anni divenne già organista della sala dell’Augusteo” la sede allora dei concerti dell’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia. Un’esperienza fondamentale per la formazione musicale del giovane Germani, esperienza che egli stesso amava ricordare, perché gli permise di suonare con i più grandi direttori d’orchestra dell’epoca.

A soli 21 anni, nel 1927 debuttò negli Stati Uniti d’America con una tournée organizzata dalla Ambasciata americana a Roma, esibendosi in varie città e ottenendo sempre successi strepitosi, davanti a platee affollatissime. Degno di memoria è il concerto nella Wanamaker Stores di Philadelphia dove erano presenti 10mila spettatori. La fama dei concerti americani gli procurò l’incarico di direttore del dipartimento di organo presso il Curtis Institute di Philadelphia, carica che ricoprirà dal 1931 al 1933.

Negli anni Trenta la sua fama dilagò e venne invitato ad esibirsi in ogni Paese d’Europa. Nel 1934 divenne professore di organo presso il Conservatorio Santa Cecilia, dove vi rimase fino al 1976. In quegli anni, venne chiamato dal conte Chigi Saracini, fondatore a Siena dell’Accademia Musicale Chigiana, a dare inizio ad un corso di perfezionamento d’organo. Per ben 42 anni — Santa Cecilia fino al 1976 e alla Chigiana fino al 1971 — il magistero del Maestro Germani attirò centinaia di organisti che da ogni parte del mondo vennero in Italia per studiare e perfezionarsi con lui.

A Roma, nel 1936, commemorò il ventesimo anniversario della morte — avvenuta nel 1916 — di Max Reger con uno dei lavori più tipici del compositore tedesco: le Variationen und Fuge über ein Originalthema op. 73. Questo concerto fu replicato nella Thomaskirche di Lipsia, alla presenza di Karl Straube, undicesimo successore di Bach come Thomaskantor, e amico di Reger. Straube rimase stupefatto dall’esecuzione di Germani che suonò a memoria e senza aiuto di registranti.

Nel 1945, subito dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, per la prima volta nella storia organistica italiana, Germani presentò nella chiesa di Sant’Ignazio in Roma, e successivamente, per altre otto volte consecutive sia a Sant’Ignazio che a Santa Maria in Aracœli, l’opera completa per organo di Johann Sebastian Bach. Possiamo dire che gli italiani scoprirono il fascino della musica per organo e accorsero sempre più numerosi ai concerti del Maestro. Germani era già talmente apprezzato come interprete bachiano che per il primo ciclo dell’integrale, l’elettricità necessaria per il funzionamento del grande organo Tamburini — costruito 10 anni prima — della chiesa di Sant’Ignazio gli venne fornita dalla Marina militare americana. Ai concerti del ciclo del 1945 assistettero anche i prigionieri tedeschi della guerra. All’esecuzione delle opere complete di Bach — delle quali Germani scrisse anche le guide illustrative — fecero seguito anche quelle dedicate all’opera omnia di César Franck e alle più grandi e difficili composizioni di Max Reger, mai eseguite prima in Italia e all’estero e anche oggi rarissimamente eseguite. Questi grandi cicli organistici che Germani eseguirà poi in tutto il mondo — nel Regno Unito, negli Usa, in Messico, in Canada — divennero una grande porta che si aprì verso la musica organistica, eventi a cui soprattutto i giovani assistettero a centinaia, scoprendo le meraviglie di una musica fino ad allora sconosciuta. Quella di Germani fu un’autentica “rivoluzione” nel campo organistico: prima di lui i concerti di questo strumento “da chiesa” sconosciuto ai più, erano rari e con poca partecipazione di pubblico. Con il maestro romano l’organo divenne uno strumento popolare che incuriosiva anche i non esperti di musica. La popolarità di Germani e dell’organo crebbe ancora di più, in Italia, con la diffusione della televisione: tra gli anni Sessanta e Settanta in alcune trasmissioni della neonata Rai egli si esibì sugli organi degli Auditorium di Napoli e di Torino.

In una intervista del 1978, in occasione della consegna di un riconoscimento presso l’Accademia Nazionale dei Lincei, il maestro dichiarò che la più grande ricompensa, la sua più grande soddisfazione era vedere ai suoi concerti persone di tutte le razze, di tutte le religioni, di tutte le ideologie politiche stare insieme, una vicina all’altra, immerse nella stessa gioia data dall’ascolto della musica. E vedere sopratutto che tanti erano giovani, uniti e raccolti, nonostante il fanatismo e l’intolleranza. Germani diceva di suonare soprattutto per i giovani, nella speranza che attraverso la musica si potesse capire l’importanza di vivere nella comprensione reciproca. Infine occorre ricordare che il maestro Germani fu, dal 1948 al 1959 anche organista titolare presso la basilica di San Pietro in Vaticano. Nella stessa già citata intervista, ricordava l’ammirazione per i Papi che aveva servito, Pio xii e Giovanni xxiii . Inutile nascondere che, nonostante il suo indiscusso prestigio, l’opera di Germani fu anche criticata dall’avvento delle nuove concezioni filologico-musicali. Lo stile interpretativo di Germani derivava da una sua concezione della musica, riportata al suo vero compito e significato: quello di essere un linguaggio capace di trasmettere sentimenti, emozioni, idee…

E forse per questo motivo in molti accorrevano per sentire il maestro Germani all’organo: perché le note di Bach o di Reger o di Franck insegnavano la bellezza del dialogo tra voci diverse che, declinato in maniera armonica diventava germe di creatività. Oggi l’eredità del maestro Germani può aiutarci a sostituire il “vociare” disordinato e assordante dei nostri giorni con l’affascinante bellezza della musica quale forma dinamica di emozioni e veicolo di sentimenti.

di Agostino Greco