Una riflessione sul sublime in letteratura

I romanzieri
migliori del mondo

Keira Knightley mentre interpreta Anna Karenina nell’omonimo film di Joe Wright (2012)
20 aprile 2021

Pubblichiamo uno stralcio da «Tolstoj o Dostoevskij» (Garzanti, 2005).

Tolstoj e Dostoevskij rappresentano in assoluto i due romanzieri più grandi (tutta la critica, nei suoi momenti cruciali, è dogmatica, ma la vecchia critica si riserva il diritto di esserlo apertamente e di usare i superlativi). «Nessun romanziere inglese» scrive E.M. Forster, è grande come Tolstoj, vale a dire nessun romanziere inglese ha offerto un quadro altrettanto completo della vita dell’uomo, sia dal versante domestico che da quello eroico. Nessun romanziere inglese ha esplorato l’animo umano profondamente come Dostoevskij».

Il giudizio di Forster non deve essere letto esclusivamente in connessione con la letteratura inglese. Esso definisce la posizione di Tolstoj e Dostoevskij rispetto all’arte del romanzo nel suo complesso. Per sua stessa natura, tuttavia, questa proposizione non può essere dimostrata. È, paradossalmente, ma esattamente, una questione di orecchio. Il tono che usiamo parlando di Omero o di Shakespeare suona giusto anche applicato a Tolstoj e a Dostoevskij. Possiamo nominare nella stessa frase l’Iliade e Guerra e pace, Re Lear e I fratelli Karamazov. Sono tutte opere ugualmente semplici e complesse. Ma voglio ripetere che questa è un’affermazione che non può essere suffragata da una prova razionale. Non c’è modo di dimostrare che chi pone Madame Bovary al di sopra di Anna Karenina o considera Gli Ambasciatori altrettanto grande e importante de I Demoni, è in errore, che non ha il minimo orecchio per certe tonalità essenziali. Questo tipo di “sordità” non può assolutamente essere smentita da una qualche argomentazione logica (chi mai avrebbe potuto convincere Nietzsche, una delle menti più fini nel giudicare la musica, che era un grave errore considerare Bizet superiore a Wagner?).

Non c’è del resto nessun motivo di lamentare la «non-dimostrabilità» dei giudizi del critico. Forse perché hanno reso la vita difficile agli artisti, i critici sono destinati a condividere in parte il destino di Cassandra. Anche quando vedono le cose con la massima chiarezza, non hanno modo di dimostrare di avere ragione, e possono non venire creduti. Ma Cassandra aveva ragione.

Lasciatemi dunque affermare la mia incrollabile convinzione della supremazia di Tolstoj e Dostoevskij tra tutti i romanzieri. Essi eccellono per ampiezza di visione e forza di espressione. Longino avrebbe parlato, assai a proposito, di «sublime». Tolstoj e Dostoevskij ebbero la capacità di costruire, attraverso il linguaggio, delle «realtà» concrete e sensibili, e tuttavia pervase dalla vita e dal mistero dello spirito. È questa capacità che distingue, secondo Matthew Arnold, i «supremi poeti del mondo». Eppure, nonostante questa loro assoluta supremazia — pensate alla quantità di vita contenuta in Guerra e pace, Anna Karenina, Resurrezione, Delitto e castigo, L’idiota, I demoni e I fratelli Karamazov — Tolstoj e Dostoevskij furono parte integrante della fioritura del romanzo russo del diciannovesimo secolo. Una fioritura le cui circostanze prenderò in esame in questo primo capitolo e che sembra rappresentare uno dei tre momenti trionfali della storia della letteratura occidentale, insieme all’epoca di Platone e dei drammaturghi ateniesi e all’età di Shakespeare.

In tutti e tre questi periodi l’intelletto dell’uomo occidentale si slanciò in avanti, attraverso le tenebre, con le forze dell’intuizione poetica, e fu proprio in questi periodi che riuscì a conquistare molte delle conoscenze sulla natura dell’uomo che attualmente possediamo.

Molti altri libri sono stati scritti e saranno scritti sulle vite drammatiche e significative di Tolstoj e Dostoevskij, sul posto che ad essi compete nella storia della letteratura e sul ruolo dei loro sistemi politici e teologici nella storia delle idee. Con l’affacciarsi della Russia e del marxismo sulla soglia dell’impero, il carattere profetico del pensiero di Tolstoj e Dostoevskij e la sua importanza per il nostro stesso destino ci si sono imposti con assoluta evidenza.

Ma avvertiamo il bisogno di un’analisi al tempo stesso più minuziosa e più unitaria. Il tempo che ci divide da Tolstoj e Dostoevskij ci permette ormai di percepirne la grandezza nel solco della grande tradizione cui appartengono. Tolstoj chiedeva che le sue opere fossero paragonate a quelle di Omero. In modo molto più preciso dell’Ulisse di Joyce, Guerra e pace e Anna Karenina incarnano la rinascita del genere epico, il ritorno nella letteratura di tonalità, tecnici narrative e forme di articolazione che erano scomparse dalla poetica occidentale dai tempi di Milton. Ma per capire perché le cose stanno così, per giustificare criticamente questo riconoscimento immediato e indiscriminato di elementi omerici in Guerra e pace, c’è bisogno di una lettura particolarmente attenta e sensibile. E lo stesso vale anche nel caso di Dostoevskij. Egli è ormai universalmente riconosciuto come un genio di tempra drammatica, come il temperamento drammatico per molti aspetti più vasto e naturale dopo quello di Shakespeare (un paragone a cui accennò lui stesso). Ma solo con la pubblicazione e la traduzione di un buon numero di abbozzi e di taccuini dostoevskiani — materiale di cui io stesso mi avvarrò ampiamente — è divenuto possibile individuare le molteplici affinità tra la sua concezione del romanzo e le tecniche del dramma. L’idea del teatro, secondo la definizione di Francis Fergusson, ha subìto un brusco declino, per quanto riguarda la tragedia, dopo il Faust di Goethe. La catena che, attraverso una serie di parentele ben riconoscibili, risaliva fino a Eschilo, Sofocle e Euripide, sembrava spezzata. Ma I fratelli Karamazov è ben radicato nel mondo di Re Lear; nei romanzi di Dostoevskij il senso tragico della vita, inteso nel vecchio modo, è completamente rinnovato. Dostoevskij è uno dei grandi poeti tragici.

Troppo spesso le escursioni di Tolstoj e Dostoevskij nei territori della teoria politica e della teologia e il loro studio della storia sono state liquidate come eccentricità di geni, o come esempi di quelle curiose forme di cecità da cui sono afflitte le grandi menti. Quando anche sono state prese in seria considerazione, si è sempre distinto tra filosofo e romanziere.

Ma nell’arte più matura tecnica e metafisica sono aspetti diversi di una stessa unità. In Tolstoj e Dostoevskij, come in Dante, la poesia e la metafisica, l’impulso creativo e quello teso alla conoscenza sistematica, furono reazioni alternate e tuttavia inseparabili alla pressione dell’esperienza. Così la teologia tolstoiana e la visione del mondo che permeano i suoi romanzi e i suoi racconti sono passati allo stesso vaglio critico. Guerra e pace è un poema storico, ma la storia è vista attraverso la luce particolare, o, se preferiamo, l’oscurità particolare, del determinismo tolstoiano.

di George Steiner