Ciad nel caos, ucciso
il presidente Deby
Prosegue l’avanzata
dei ribelli

Militari ciadiani nel corso di un’operazione anti- terrorismo
20 aprile 2021

È morto in uno scontro con i ribelli il presidente del Ciad Idriss Deby che — dopo 30 anni di potere ininterrotto — si apprestava di nuovo a governare. Aveva ottenuto alle elezioni dello scorso 11 aprile il 79,32% dei voti. Il generale Azem Bermandoa Agouna è apparso sulla tv nazionale ed ha annunciato «con profonda tristezza» la morte del capo dello Stato e delle forze armate. Non c’è stato modo di apprendere, al momento, di più. Il portavoce dell’esercito ha riferito che «il maresciallo del Ciad è morto difendendo l’integrità territoriale».

In due giorni di sanguinosi scontri — iniziati il 17 aprile — sono stati uccisi oltre 300 ribelli, responsabili di un’incursione armata nello stesso giorno delle presidenziali. Il raid del Fronte per l’alternanza e la concordia del Ciad (Fact) — coalizione di gruppi armati, che aveva dato il via nelle ultime ore all’avanzata verso la capitale proprio con l’obiettivo dichiarato di rovesciare Deby — è stato sferrato dalla loro base nella confinante Libia. Lo riferiscono fonti dell’esercito, dichiarando di aver lasciato sul campo cinque soldati.

«Oltre 300 terroristi sono stati uccisi e 150 sono stati fatti prigionieri, tra cui tre esponenti di alto livello» nei combattimenti di sabato nella provincia di Kanem, ha detto il portavoce dell’esercito, aggiungendo che 36 soldati sono rimasti feriti.

Nonostante il governo avesse dichiarato che l’offensiva dei ribelli nelle regioni di Tibesti e Kanem si fosse conclusa, nel timore di nuovi attacchi a N’Djamena Gran Bretagna e Stati Uniti avevano già chiesto, ieri, ai loro connazionali di lasciare il Paese. «Gruppi armati non governativi nel Ciad settentrionale si sono spostati a sud e sembrano dirigersi verso N’Djamena», ha detto il dipartimento di Stato degli Usa, ordinando ai diplomatici non essenziali e alle loro famiglie di far rientro in patria. Secondo i media internazionali, quattro carri armati e diversi soldati sono stati schierati, sabato sera, all’ingresso nord della capitale

Resta forte la preoccupazione per un’escalation di violenze. L’offensiva lanciata dalle forze del Fact, che procedono nella regione settentrionale, sembra rafforzarsi. Nelle ultime ore hanno ottenuto nuove adesioni dell’etnia saheliana gorane e di altre provenienti dal sud della Libia. Ieri si è aggiunta anche l’Unione delle forze della resistenza (Ufr), nota per aver tentato due golpe, nel 2008 e 2019. L’adesione del gruppo, che riunisce principalmente combattenti di etnia zaghawas, potrebbe motivare altre forze a aggregarsi all’offensiva.