Una riflessione storica e sociale

Il vero senso del populismo

 Il vero senso  del populismo  QUO-087
17 aprile 2021

L’intenso videomessaggio che il Santo Padre ha inviato ai partecipanti alla Conferenza internazionale “A Politics Rooted in the People” ci consente di fare un po’ di chiarezza intorno alla pretese di inclusività del populismo e alle necessità di declinare questo concetto per antonomasia vischioso in maniera differente, a seconda del contesto storico-spaziale di riferimento. Secondo lo studioso argentino Ernesto Laclau, alla base del populismo ci sarebbero delle domande popolari insoddisfatte. Quanti sperimentano l’assenza di una risposta alle proprie domande, e si percepiscono dunque come esclusi dal campo sociale, si costruiscono e si costituiscono come popolo attraverso un “processo di soggettivazione”, imputando ai responsabili di queste mancate risposte di aver rotto il legame sociale che dovrebbe tener unita la comunità. Da qui nasce la delegittimazione delle istituzioni, della classe politica, delle élites, ecc.

Certo, proprio perché prende in considerazione antagonistica tutti questi elementi, questo processo è strettamente dipendente dal contesto locale in cui viene avviato e dal modo in cui, in quest’ultimo, essi si trovano declinati e combinati, a seconda della tradizione costituzionale e culturale di un popolo, non meno che della situazione politica ed economica contingente.

Perciò, un luogo comune da sfatare a proposito del populismo riguarda la possibile comparazione fra i casi europei e quelli dell’America latina. Qui il populismo, in quanto offerta politica, deve rispondere alle domande di chi non ha mai avuto nulla — e ora pretende, dal momento che il suo salario medio è in ascesa; in Europa, il populismo deve invece rispondere a quanti hanno avuto in passato (col welfare) e ora non hanno più. Nel Sud America, parlando genericamente, il populismo deve dunque fare i conti con delle aspirazioni di status da parte di nuovi segmenti della società; nel contesto europeo, il populismo servirebbe a fronteggiare una perdita di status. Per questo è più facile che nel primo caso sia radicalmente e socialmente aggressivo nelle sue rivendicazioni e aperto al cambiamento. Nel secondo caso invece sarà più facilmente conservatore ed ostile a riforme che possano aumentare il tasso di competitività interno. Il primo è un populismo inclusivo, mira cioè a rendere popolo la maggior parte dei cittadini. Il secondo è un populismo esclusivo, perché si arrocca attorno ad alcuni ceti “perdenti” rispetto alla globalizzazione e ne discrimina altri (politici, intellettuali).

Con ciò intendo dire, che la linea di inclusione/esclusione non passa, ad esempio, da una discriminante ideologica come nel caso del populismo di sinistra che si ritiene, a torto, più inclusivo di quello di destra: nei fatti la sinistra radicale esclude chi non si riconosce nel suo modello di integrazione sociale, allo stesso modo della destra sovranista. Piuttosto, pare più corretto affermare che la linea inclusione/esclusione passa dalle modalità di soggettivazione del popolo.

Questo ci aiuta a capire meglio cosa sia dunque il populismo: un dispositivo politico “neutro”, che cioè può incarnarsi in diverse posizioni politiche, tipico delle fasi di modernizzazione, e che controlla e governa il processo di soggettivazione del popolo.

È questa dunque un’interpretazione ben distinta da quella operata da quanti si soffermano solo sul dato fenomenologico o tipologico del populismo, come da chi lo studia solo come “stile politico” o come strategia dei partiti o dei leaders. Ciò condurrebbe piuttosto a soffermarsi solo al livello dell'offerta politica, sottostimando la rilevanza della “domanda” di populismo presente nella società. Essa pone un grosso problema, sia alle democrazie mature e avanzate che a quelle più recenti o instabili. In realtà neanche Laclau definisce bene cosa sia la domanda sociale, né ne approfondisce i contenuti, ovvero gli elementi simbolici e materiali.

Occorre dunque un passo ulteriore per approdare ad una più compiuta analisi dei processi di formazione della domanda populista, iniziando dalle condizioni materiali di partenza che la stimolano, al fine di poter organizzare un’adeguata risposta istituzionale. Solo così si potrà evitare di cadere nella trappola del popolo sovrano etero-diretto dal paternalismo politico, individuando piuttosto, anche nelle società occidentali, attori credibili di un popolarismo sempre più necessario.

di Maurizio Serio