La settimana di Papa Francesco

Il magistero

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15 aprile 2021

Domenica 11


Misericordiosi perché misericordiati

Gesù risorto appare ai discepoli più volte. Con pazienza consola i loro cuori sfiduciati.
Dopo la sua risurrezione, opera così la “risurrezione dei discepoli”. Ed essi, risollevati da Gesù, cambiano vita.
Prima, tante parole e tanti esempi non erano riusciti a trasformarli. A Pasqua, succede qualcosa di nuovo. E avviene nel segno della misericordia.
Gesù li rialza con la misericordia e loro, misericordiati, diventano misericordiosi.
È molto difficile essere misericordioso se uno non si accorge di essere misericordiato.
Vengono misericordiati, attraverso tre doni: Gesù offre loro la pace, lo Spirito, le piaghe.

La pace

Quei discepoli erano angosciati. Si erano chiusi in casa per timore, per paura di essere arrestati e di fare la stessa fine del Maestro. Ma non erano chiusi solo in casa, erano chiusi anche nei loro rimorsi. Lo avevano abbandonato e rinnegato. Si sentivano incapaci, buoni a nulla, sbagliati. Gesù ripete due volte: «Pace a voi!». Non porta una pace che toglie i problemi fuori, ma che infonde fiducia dentro. Non una pace esteriore, ma la pace del cuore. Quei discepoli sfiduciati vengono rappacificati. La pace di Gesù li fa passare dal rimorso alla missione. La pace di Gesù suscita la missione. Non è tranquillità, non è comodità, è uscire da sé. Libera dalle chiusure che paralizzano, spezza le catene che tengono prigioniero il cuore. I discepoli si sentono misericordiati: sentono che Dio non li condanna, non li umilia, ma crede in loro. Crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi.  Per Dio nessuno è sbagliato, nessuno è inutile, nessuno è escluso. Gesù oggi ripete ancora: “Pace a te, che hai una missione. Nessuno può svolgerla al tuo posto. Sei insostituibile. E Io credo in te”.

Lo Spirito Santo

I discepoli erano colpevoli, erano scappati abbandonando il Maestro.
Il peccato tormenta, il male ha il suo prezzo.
Da soli non possiamo cancellarlo. Solo Dio lo elimina, solo la sua misericordia ci fa uscire dalle nostre miserie.
Come quei discepoli, abbiamo bisogno di lasciarci perdonare, dire dal cuore: “Perdono Signore”.
Il perdono nello Spirito Santo è il dono pasquale per risorgere dentro.
Chiediamo la grazia di accoglierlo, di abbracciare il Sacramento del perdono.
Di capire che al centro della Confessione non ci siamo noi con i nostri peccati, ma Dio con la sua misericordia.
Non ci confessiamo per abbatterci, ma per farci risollevare. Ne abbiamo bisogno come i bimbi piccoli, tutte le volte che cadono, hanno bisogno di essere rialzati dal papà.
Anche noi cadiamo spesso. E la mano del Padre è pronta a rimetterci in piedi e farci andare avanti. Questa mano sicura e affidabile è la Confessione.
È il Sacramento che ci rialza, che non ci lascia a terra a piangere sui pavimenti duri delle nostre cadute.
È il Sacramento della risurrezione, è misericordia pura.
E chi riceve le Confessioni deve far sentire la dolcezza della misericordia.
Questa è la via di coloro che ricevono le confessioni della gente: far sentire la dolcezza della misericordia di Gesù che perdona tutto.

Le piaghe

Dopo la pace che riabilita e il perdono che risolleva, ecco il terzo dono.
Ma come può una ferita guarirci? Con la misericordia.
In quelle piaghe, come Tommaso, tocchiamo con mano che Dio ci ama fino in fondo, che ha fatto sue le nostre ferite, che ha portato nel suo corpo le nostre fragilità.
Le piaghe sono canali aperti tra Lui e noi, che riversano misericordia sulle nostre miserie.
Sono le vie che Dio ci ha spalancato perché non dubitiamo più della sua misericordia.
Adorando, baciando le sue piaghe scopriamo che ogni nostra debolezza è accolta nella sua tenerezza.
Questo succede in ogni Messa, dove Gesù offre il suo Corpo piagato e risorto.
Lo tocchiamo e Lui tocca le nostre vite. E fa scendere il Cielo in noi.
Le sue piaghe luminose squarciano il buio che noi ci portiamo dentro. E noi, come Tommaso, troviamo Dio, lo scopriamo intimo e vicino.
Tutto nasce dalla grazia di essere misericordiati. Da qui comincia il cammino cristiano.
Se invece ci basiamo sulle nostre capacità, sull’efficienza, non andremo lontano.
I discepoli misericordiati, sono diventati misericordiosi.

Non è comunismo è cristianesimo allo stato puro

Nella prima Lettura, gli Atti degli Apostoli raccontano che «nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune». Non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro.
Ed è tanto più sorprendente se pensiamo che quegli stessi discepoli poco prima avevano litigato su premi e onori, su chi fosse il più grande.
Ora condividono tutto. Come hanno fatto a cambiare così? Hanno visto nell’altro la stessa misericordia che ha trasformato la loro vita.
Hanno scoperto di avere in comune la missione, di avere in comune il perdono e il Corpo di Gesù: condividere i beni terreni è sembrato conseguenza naturale.
I loro timori si erano dissolti toccando le piaghe del Signore, adesso non hanno paura di curare le piaghe dei bisognosi. Perché lì c’è Gesù.
Sorella, fratello, vuoi una prova che Dio ha toccato la tua vita? Verifica se ti chini sulle piaghe degli altri.
Non restiamo indifferenti.
Non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono.
Siamo stati misericordiati, diventiamo misericordiosi.
Se l’amore finisce con noi stessi, la fede si prosciuga in un intimismo sterile. Senza gli altri diventa disincarnata. Senza le opere di misericordia muore.
Lasciamoci risuscitare dalla pace, dal perdono e dalle piaghe di Gesù misericordioso.
Chiediamo la grazia di diventare testimoni di misericordia. Così la fede sarà viva.

Regina Caeli

Vorrei ringraziare quanti hanno collaborato per prepararla e per trasmetterla in diretta. E saluto tutti coloro che sono collegati tramite i media.
Saluto voi presenti qui nella chiesa santuario della Divina Misericordia: fedeli abituali, personale infermieristico, carcerati, persone con disabilità, rifugiati e migranti, Suore Ospedaliere della Divina Misericordia, volontari della Protezione Civile [che] rappresentate alcune realtà nelle quali la misericordia si fa concreta, si fa vicinanza, servizio, attenzione alle persone in difficoltà.
Vi auguro di sentirvi sempre misericordiati per essere a vostra volta misericordiosi.

(Messa nella chiesa romana di Santo Spirito in Sassia per
la festa della Divina Misericordia)


Mercoledì 14


La Chiesa è casa e scuola di preghiera

La Chiesa è una grande scuola di preghiera. Molti hanno imparato a sillabare le prime orazioni sulle ginocchia dei genitori o dei nonni.
Custodiamo il ricordo della mamma e del papà che ci insegnavano a recitare le preghiere prima di andare a dormire.
Quei momenti di raccoglimento sono spesso quelli in cui i genitori ascoltano dai figli qualche confidenza intima e possono dare il loro consiglio ispirato dal Vangelo.
Poi, nel cammino della crescita, si fanno altri incontri, con altri testimoni e maestri di preghiera. Fa bene ricordarli.
La vita di una parrocchia e di ogni comunità cristiana è scandita dai tempi della liturgia e della preghiera comunitaria.
Quel dono che nell’infanzia abbiamo ricevuto con semplicità, ci accorgiamo che è un patrimonio grande, un patrimonio e ricchissimo, e che l’esperienza della preghiera merita di essere approfondita di più.
L’abito della fede non è inamidato, si sviluppa con noi; non è rigido, cresce, anche attraverso momenti di crisi e risurrezioni; anzi, non si può crescere senza momenti di crisi, perché la crisi fa crescere: è un modo necessario per crescere entrare in crisi.
Il respiro della fede è la preghiera: cresciamo nella fede tanto quanto impariamo a pregare.
Dopo certi passaggi della vita, ci accorgiamo che senza la fede non avremmo potuto farcela e che la preghiera è stata la nostra forza.
Non solo la preghiera personale, ma anche quella dei fratelli e delle sorelle, e della comunità che ci ha accompagnato e sostenuto, della gente che ci conosce, della gente alla quale chiediamo di pregare per noi.

Fioriscono di continuo gruppi di orazione

Anche per questo nella Chiesa fioriscono in continuazione comunità e gruppi dediti alla preghiera.
Qualche cristiano sente perfino la chiamata a fare della preghiera l’azione principale delle sue giornate.
Ci sono monasteri, conventi, eremi, dove vivono persone consacrate a Dio e che spesso diventano centri di irradiazione spirituale.
Sono comunità di preghiera che irradiano spiritualità... piccole oasi in cui si condivide una preghiera intensa e si costruisce giorno per giorno la comunione fraterna.
Sono cellule vitali, non solo per il tessuto ecclesiale ma per la società stessa.
Pensiamo, per esempio, al ruolo che ha avuto il monachesimo per la nascita e la crescita della civiltà europea, e anche in altre culture.
Pregare e lavorare in comunità manda avanti il mondo. È un motore.
Tutto nella Chiesa nasce nella preghiera, e tutto cresce grazie alla preghiera.
Quando il Nemico, il Maligno, vuole combattere la Chiesa, lo fa prima di tutto cercando di prosciugare le sue fonti, impedendole di pregare.
Lo vediamo in certi gruppi che si mettono d’accordo per portare avanti riforme ecclesiali, cambiamenti nella vita della Chiesa.
Ci sono tutte le organizzazioni, ci sono i media che informano tutti... Ma la preghiera non si vede, non si prega.
“Dobbiamo cambiare questo, dobbiamo prendere questa decisione che è un po’ forte...”. Ma dov’è la preghiera?
La preghiera apre la porta allo Spirito Santo, che ispira per andare avanti.
I cambiamenti nella Chiesa senza preghiera non sono cambiamenti di Chiesa, sono cambiamenti di gruppo.
E quando il Nemico vuole combattere la Chiesa, lo fa prima di tutto cercando di prosciugare le sue fonti, impedendole di pregare, e [inducendola a] fare altre proposte.

Involucro vuoto

Se cessa la preghiera, per un po’ sembra che tutto possa andare avanti come sempre — per inerzia —, ma dopo poco tempo la Chiesa si accorge di essere diventata un involucro vuoto, di non possedere più la sorgente dell’amore.
Le donne e gli uomini santi non hanno una vita più facile, anzi, hanno anch’essi i loro problemi e, in più, sono spesso oggetto di opposizioni.
Ma la loro forza è la preghiera, che attingono sempre dal “pozzo” inesauribile della madre Chiesa.

I santi sostengono il mondo

Con la preghiera alimentano la fiamma della fede, come si faceva con l’olio delle lampade. E vanno avanti camminando nella fede e nella speranza.
I santi, che spesso agli occhi del mondo contano poco, sono quelli che lo sostengono, non con le armi del denaro e del potere, dei media, ma con le armi della preghiera.
Nel Vangelo di Luca, Gesù pone una domanda drammatica che fa riflettere: «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?», o troverà soltanto organizzazioni, come un gruppo di “imprenditori della fede”, organizzati bene, che fanno  beneficenza?
La domanda sta alla fine di una parabola che mostra la necessità di pregare con perseveranza, senza stancarsi. Dunque, la lampada della vera fede della Chiesa sarà sempre accesa sulla terra finché ci sarà l’olio della preghiera.
È quello che porta avanti la fede e porta avanti la nostra povera vita, debole, peccatrice, ma la preghiera la porta avanti con sicurezza.
Come prego? Come dei pappagalli o con il cuore?
Prego sicuro che sono nella Chiesa e prego con la Chiesa, o prego un po’ secondo le mie idee e faccio che diventino preghiera? Questa è una preghiera pagana, non cristiana.
Questo è un compito essenziale della Chiesa: pregare ed educare a pregare. Trasmettere di generazione in generazione la lampada della fede con l’olio della preghiera.
La lampada della fede che illumina, che sistema le cose davvero come sono, ma che può andare avanti solo con l’olio della preghiera.

Luce per la lampada della fede

Altrimenti si spegne. Senza la luce di questa lampada, non potremmo vedere la strada per evangelizzare, anzi, non potremmo vedere la strada per credere bene; non potremmo vedere i volti dei fratelli da avvicinare e da servire; non potremmo illuminare la stanza dove incontrarci in comunità.Senza la fede, tutto crolla; e senza la preghiera, la fede si spegne. Fede e preghiera, insieme. Non c’è un’altra via. Per questo la Chiesa, che è casa e scuola di comunione, è casa e scuola di fede e di preghiera.

(Catechesi all’udienza generale nella Biblioteca del Palazzo apostolico)