Quattro pagine - Approfondimenti di cultura, società, scienze e arte
Avere sete

Due volti e l’orizzonte

Zakaria Wakrim, «Senza titolo» (2021; da Ekow Eshun, «L’Africa del XXI secolo. Fotografie da un continente», Giulio Einaudi editore, 2020)
13 aprile 2021

Dandoci le spalle, una persona cammina in una terra arida. Sembra appena entrata nel nostro campo di osservazione mentre procede a passo sicuro verso la linea dell’orizzonte, verso la montagna innevata, lontanissima, i cui toni tra il celeste e il bianco sfumano nel cielo. Questa immagine di Zakaria Wakrim, fotografo originario del Marocco, è a nostro avviso una raffigurazione potente della sete, o quanto meno dei suoi due principali volti.

Da un lato la sete fisica che prova l’organismo quando gli viene a mancare un elemento indispensabile alla sopravvivenza, per motivi contingenti o strutturali, a causa di conflitti, calamità naturali o disastri indotti. Una sete che molti popoli ben conoscono, e che sempre più spesso è frutto di un’umanità che depreda. Dall’altro, invece, la sete come impulso che spinge l’umanità verso la conoscenza, l’ignoto, il soprannaturale.

Delle due facce della sete è piena l’arte, le cui espressioni (pittura, poesia, prosa, fotografia…) hanno tutte provato a raccontarla — forse perché, come scrive Sergio Massironi, «le immagini contano più dei concetti, la narrazione più delle definizioni». Anche la Scrittura è pervasa dalle due facce della sete («un’esperienza positiva che deve aprire a Dio; ma la condizione di assetato è un male che Dio non vuole e bisogna cercare di sopprimere», nelle parole di Xavier Léon-Dufour). Penso alle lacrime di Agar nel deserto, disperata per la fine che sente vicina per suo figlio e per sé; penso al «Chi ha sete, venga» che quasi chiude il libro dell’Apocalisse. È la sete dell’umanità per i suoi simili, per tutto ciò che è terreno e per tutto ciò che terreno non lo è. Ma è anche — Papa Francesco l’ha ricordato giusto qualche giorno fa — la sete di Dio per noi.

Alla sete, e ad alcune delle sue possibili declinazioni, è dedicato questo numero di Quattro Pagine. Alla sete come bisogno vitale, fisico o spirituale che sia, nella certezza che ovunque un pozzo sia lasciato lavorare nella pace e nella giustizia, ovunque lo sguardo di Ulisse e quello della Samaritana trovino risposta, essa sarà finalmente placata. Perché la terra è arida, ma nell’orizzonte vi può essere ristoro.

di Giulia Galeotti