Concluso il simposio internazionale sugli abusi sessuali

L’obbligo morale e legale
di proteggere e assistere

Depech_10_x.jpg
10 aprile 2021

«Abbiamo tutti l’obbligo morale e legale di offrire nel miglior modo possibile protezione e assistenza alle persone che serviamo, in particolare minori, giovani, adulti vulnerabili, in tutti i gruppi religiosi, civili e sociali, perché giustamente queste persone aspettano la nostra protezione»: l’autore di questo appello è il cardinale Seán Patrick O’Malley, presidente della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, che si è espresso in apertura del Simposio internazionale virtuale organizzato (dall’8 al 10 aprile) dal dicastero insieme all’Università di Harvard, alla Catholic University of America e alla Pontificia Università Gregoriana, in collaborazione con l’Interfaith Alliance, il World Council of Churches e altre venti organizzazioni. Intitolato «Prevenire e guarire l’abuso sessuale sul minore», ha visto per tre giorni leader religiosi, studiosi ed esperti interrogarsi sul ruolo che le diverse comunità di fede possono avere nella prevenzione e nell’accompagnamento delle vittime, condividendo ricerche ed esperienze pastorali.

In alcuni casi — ha sottolineato il porporato statunitense nel suo intervento video — la fiducia delle vittime «è stata tradita da coloro che detengono un’autorità sacra per la cura delle anime. In tutte le circostanze, il tradimento nell’abuso sessuale è stata una terribile e devastante violazione della dignità umana. All’interno delle nostre famiglie e dei nostri gruppi sociali, i peccati e i crimini degli abusi sessuali non possono essere tenuti segreti e nella vergogna», ha proseguito l’arcivescovo di Boston, «dobbiamo essere vigili e sostenere i sopravvissuti e i loro cari nel cammino verso la guarigione». O’Malley ha concluso il suo discorso ringraziando tutte le vittime che continuano a condividere le loro storie: «È grazie al loro coraggio che la protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili sta diventando una componente centrale in tutte le fasi della nostra vita ma c’è ancora molto lavoro da fare».

È quindi intervenuto il pastore protestante Denis Mukwege, Premio Nobel per la pace nel 2018, che ha parlato della sua esperienza di medico ostetrico in un ospedale di Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo. L’ospedale era pieno di vittime di stupro usato come arma di guerra: ragazze, giovani, ma anche donne anziane e molti bambini. Gli orrori erano tali che ogni giorno le infermiere pregavano per poter continuare a lavorare. «Sono stato testimone dell’importanza della fede — ha detto Mukwege — della spiritualità e della speranza nel contesto della violenza più devastante del mondo. Ci siamo resi conto che la guarigione fisica non era sufficiente per aiutare a guarire dalle ferite». Dall’Africa si è espresso anche lo sceicco Ibrahim Lethome Asmani, della moschea Jamia di Nairobi, per evocare con tristezza le tante bambine vittime di mutilazioni genitali o di matrimoni forzati in Kenya, nonché il drammatico aumento della prostituzione e della pornografia infantile. «In quanto comunità di fede, abbiamo il dovere di lottare contro ogni forma di male e garantire una giustizia per tutti, come ci viene chiesto dai nostri testi sacri», ha ribadito il leader musulmano, sottolineando inoltre che «la religione è uno strumento potente che può completare l’azione amministrativa, legale e politica nel prevenire questi crimini ignobili contro la dignità dei nostri figli».

Dal canto suo padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la tutela dei minori nonché presidente del Centre for Child Protection della Pontificia Università Gregoriana a Roma, ha invitato le comunità di fede in tutto il mondo a «valutare insieme il modo migliore per collaborare con insegnanti, psicologi e personale medico». Inoltre, «sappiamo che in alcuni Paesi la questione degli abusi sessuali è stata affrontata solo recentemente, mentre in altri è un tema discusso da decenni», ha detto il religioso, secondo il quale «queste culture che hanno appena iniziato o che ancora devono cominciare ad affrontare il problema della pedofilia possono certamente apprendere tanto da altre culture, religioni, governi sul come agire, impedire e curare, usando materiale e strumenti elaborati nel mondo da diverse comunità di fede e istituzioni».

Fra le principali organizzatrici del simposio, la professoressa Jennifer Wortham, dell’Università di Harvard, la cui famiglia è stata profondamente ferita dal dolore degli abusi sessuali compiuti da esponenti del clero: due dei suoi fratelli sono stati violentati dal loro parroco per lungo tempo, da quando avevano l’età di 10 anni. Dopo aver incontrato Papa Francesco durante un’udienza generale del mercoledì, nel 2016, la studiosa, direttore esecutivo per l’Iniziativa sulla salute, la religione e la spiritualità a Harvard, si è sentita chiamata a condividere con i sopravvissuti vittime degli abusi sessuali e con le loro famiglie la sua esperienza, cioè che «la Chiesa si preoccupa davvero e sta lavorando duramente per affrontare questo problema». Ha anche incontrato il cardinale O’Malley, che ha manifestato il suo desiderio di istituire una Giornata mondiale per la prevenzione, la guarigione e la giustizia degli abusi sessuali sui bambini.

Durante il simposio è stato inoltre letto da una vittima di abusi, Michael Hoffman, il messaggio di Papa Francesco — a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin — nel quale il Pontefice ha auspicato che l’incontro possa contribuire «a una maggiore consapevolezza della gravità e della portata degli abusi sessuali sui minori» e promuovere una «cooperazione più efficace a tutti i livelli della società per sradicare questo profondo male».

di Charles de Pechpeyrou